La mafia si vendica due volte

Catania, l'agguato ieri mattina in centro: i sicari hanno atteso le due donne all'uscita dal supermercato Catania, l'agguato ieri mattina in centro: i sicari hanno atteso le due donne all'uscita dal supermercato La mafia si vendica due volte Uccise moglie e suocera del killer pentito CATANIA. Due donne innocenti uccise per mettere a tacere un pentito. Non conoscono regole i killer della nuova mafia. Spietati e strafottenti degli «obblighi» che l'organizzazione una volta imponeva, non guardano in faccia nessuno pur di bloccare le rivelazioni di chi li porterà in galera. Ieri mattina due squadre di killer professionisti hanno ucciso Liliana Caruso, 28 anni e Agata Zucchero, 61 anni, rispettivamente moglie e suocera di Riccardo Messina, 34 anni, un nuovo collaboratore di giustizia il cui nome era segreto a tutti tranne che a Cosa nostra. Qualcuno adesso dovrà spiegare perché i familiari di un «collaborante» vivessero senza alcuna protezione. E' bastato che «radio-carcere» diffondesse la notizia del trasferimento in una sezione speciale del detenuto neopentito Riccardo Messina perché la mafia mettesse a punto la sua vendetta trasversale. Un omicidio tanto semplice quanto spietato, commesso davanti a decine di persone. L'agguato è avvenuto in via Garibaldi, nel quartiere dove insieme abitavano le due donne. Un domicilio conosciuto da tutti. Ai sicari è bastato aspettare che Liliana Caruso e la madre uscissero per andare a fare la spesa in un negozio di alimentari che dista pochi metri dalla loro abitazione. L'unica precauzione presa da entrambi, dopo aver saputo della decisione del loro congiunto, era quella di limitare gli spostamenti. Uno dei due gruppi di killer ha seguito la moglie del pentito per alcuni metri. L'agguato è scattato pochi secondi dopo che la donna è entrata nel negozio. Contro di lei sono stati esplosi tre colpi di pistola, uno l'ha colpita all'occhio sinistro. In perfetta sincronia, a pochi metri dalla zona dove è avvenuto il primo omicidio, sono entrati in azione gli altri assassini che hanno mirato in direzione di Agata Zucchero. Colpi sparati da mano sicura, a conferma della fama sinistra che in questi anni si è guadagnata il clan «Savasta», la cosca cui apparteneva il pentito Messina e dalla quale è partito l'ordine di uccidere le due donne. Solo dopo il duplice delitto, per motivare l'obiettivo scelto dai killer, gli investigatori hanno spiegato che si trattava di parenti di un pentito. Una ferocie esecuzione che ricorda molto da vicino il triplice delitto avvenuto a Bagheria il 23 novembre del 1989. Anche in quel caso le vittime dell'agguato erano donne, tutte e tre imparentate con il pentito Francesco Marino Mannoia, il chimico della mafia. In carcere dal febbraio scorso con la pesante accusa di essere il sicario del clan, Riccardo Messina collabora con la giustizia solo da tre settimane. Il suo racconto fatto ai magistrati sta svelando anni di imprese criminali che portano il marchio del clan «Savasta», un'organizzazione dal grilletto facile Palermo, per il capo della polizia l'ex numero tre del Sisde è vittima di una macchinazione specializzata nelle estorsioni e nella gestione della vendita del pesce. L'inquietante messaggio lanciato dalla mafia in direzione dei pentiti pone nuovi interrogativi sul sistema di protezione che le istituzioni devono adottare nei loro confronti e, come in questo caso, in quelle dei loro parenti. «So di segnali ben precisi - avverte il deputato regionale della Rete Enzo Guarnera, avvocato difensore di numerosi pentiti - secondo i quali la mafia vuole colpire i familiari dei collaboratori di giustizia in modo che i vecchi pentiti recedano dalle loro decisioni e non ve ne siano di nuovi». ;.::.:: : Da sinistra: la bara di Liliana Caruso e il pentito Riccardo Messina. A destra: il corpo della giovane moglie E' polemica: i parenti del collaboratore non erano protetti Nicola Savoca ROMA. L'individuazione della matrice mafiosa degli attentati a San Giovanni in Laterano e a San Giorgio al Velabro, come quello di via Fauro, «costituisce una conferma del grande ruolo svolto da molto tempo dalla chiesa nella lotta alla mafia ed ogni forma di delinquenza organizzata». Lo ha dichiarato il cardinale Camillo Ruini, presidente della Conferenza episcopale italiana, all'indomani degli otto ordini di custodia cautelare per terrorismo mafioso che hanno colpito i boss, annunciando, inoltre, che l'impegno ecclesiale contro la criminalità organizzata verrà rafforzato. «Le parole del santo padre nella valle dei templi - ha spiegato il cardinale Ruini- sono state l'espressione più alta di questo impegno. Nel giorno in cui comincia a farsi luce sulle responsabilità di azioni delittuose che hanno vanamente cercato di intimidirla, la chiesa di Roma conferma la propria volontà di procedere sulla via del franco annuncio del vangelo, senza lasciarsi fermare da alcuna minaccia od ostilità umana». [Adnkronos]

Luoghi citati: Bagheria, Catania, Messina, Palermo, Roma