«Giornalista? Lei è una agit-prop» di Pierluigi Battista

«Giornalista? Lei è una agit-prop» «Giornalista? Lei è una agit-prop» 7/ Manifesto domanda, il premier perde la calma provviso quando Berlusconi, terminato il discorso, si avvia verso l'uscita con andatura frettolosa. La bagarre comincia quando Giovanna Pajetta, figlia del «ragazzo rosso», tenta di bloccare Berlusconi con la potenza di una voce acutissima che sovrasta il brusio generale: «Presidente, ma lei l'ha letto il testo del decreto? Ci dica, l'ha letto o no il testo del decreto?». E' una domanda volutamente aggressiva, accompagnata da un tono tutt'altro che amichevole o indulgente. Una delizia per le telecamere che repentinamente girano l'obiettivo verso la giornalista del manifesto. Una scena preparata, ammetterà Giovanna Pajetta: «Sapevamo che Berlusconi sarebbe andato via senza rispondere alle nostre domande. Ho voluto fare una cosa "all'americana": partire a bruciapelo con la domanda». E quel timbro di voce perforante? Quell'indice puntato contro Berlusconi? «Dovevo farmi sentire e l'unica arma di cui disponevo era la mia voce. E poi ero francamente ii ritata dalla filippica di Berlusco¬ ni sul comune cittadino che avrebbe beneficiato del decreto». L'effetto è immediato. Berlusconi si blocca, col volto livido: «Lei non mi sembra una giornalista, ma un'agit-prop». Confusione, taccuini che si riaprono. Uno spettro si è aggiralo per la sala-stainpa: lo spettro del comunismo. 11 fantasma dell'agit-prop, del militante dedito alla Causa che vive e concepisce la sua attività di «agitazione» «Ho voluto fare una cosa a bruciapelo. All'americana» La giornalista Giovanna Pajetta e di «propaganda» come missione. Molti non capiscono che diavolo sia quell'«agit-prop», tradendo così la scomparsa totale di quella formuletta dalla memoria politica corrente. Ma è come se improvvisamente quell'«agit-prop» avesse rimesso in circolo un'atmosfera da «lessico famigliare» comunista. La giornalista del «quotidiano comunista» che porta nel suo Dna le tracce di uno dei più sanguigni di¬ rigenti comunisti, vorrebbe replicare. Ma non può perché un giornalista dell'ex quotidiano del pei, Giorgio Frasca Polara, strappa il ruolo di protagonista dell'incidente e comincia a tuonare come se fosse stato colpito da un'offesa sanguinosa. «Qui si insultano i giornalisti». E poi si rivolge ai colleghi: «Andiamocene». Non se ne va nessuno, tranne Frasca Polara e la Pajetta («avrei voluto restare, ma oramai ero nella parte», confessa lei con un pizzico di apprezzabile autoironia). Resta un altro protagonista: il portavoce del governo Giuliano Ferrara. Anche lui figlio di comunisti. Anche lui con quella formula, «agit-prop», ricca di risonanze esistenziali nella sua biografia politica. Cerca di chiudere l'incidente: «Sono certissimo che, se il presidente del Consiglio fosse qui, chiederebbe scusa per la sua risposta». Errore. Da Bruxelles Silvio Berlusconi fa sapere: «Dissento dal portavoce del governo». L'incidente non è chiuso. Pierluigi Battista

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