La Houston perde il bambino

La Houston perde il bambino La Houston perde il bambino La cantante e attrice americana Whitney Houston, che era in attesa del suo secondo figlio, ha perso il bambino a causa di un aborto spontaneo, mentre si trovava a Houston (nel Texas) per un concerto. Lo ha detto ieri il suo portavoce. La Houston, che ha 30 anni, ha annullato tutti i suoi impegni e passerà il fine settimana insieme con il marito Bobby Brown in Colorado: per riprendersi. Il portavoce ha precisato che la Nessuno come lui comunicava in scena la felicità. Sapeva come arrivare agli spettatori, era contento di piacere ROMA. E' morto ieri alle 12,15 nella sua casa di Fregene l'attore Alberto Lionello. Dall'inizio dell'anno era malato di cancro. Tre giorni fa aveva compiuto 64 anni, essendo nato a Milano il 12 luglio 1930. Accanto a lui si trovavano la sua compagna di sempre, Erika Blanc, e i figli Gea (anche lei attrice) e Luca. Da questo pomeriggio la salma di Lionello sarà esposta al Teatro Eliseo di Roma. I funerali si svolgeranno domani alle 11 nella Chiesa degli Artisti in piazza del Popolo. Il 1990 fu un anno fondamentale nella vita e nella carriera di Alberto Lionello. Un anno-cerniera. Prima di allora, c'era l'attore brillantissimo, il beniamino del pubblico e delle donne, il campione d'incassi che poteva alternare Sardou a Sartre a Svevo con inarrivabile naturalezza, con quel tono leggero che sapeva venare di malinconia o di sarcasmo canagliesco. Dopo di allora, ci fu l'uomo provato dalla malattia, così condizionato dalla dialisi renale da modificare perfino il carattere, che infatti era divenuto ispido e quasi rancoroso. Lo ammise lui stesso: «Il dializzato è sempre un uomo vagamente isterico, le persone sane, in genere, gli danno un po' fastidio». Poi, quando sembrava che il trapianto potesse restituirlo a una vita normale e all'attività piena, ecco l'altro male, il più crudele e purtroppo definitivo. Sono stati pochi gli attori che, come Lionello, hanno saputo comunicare dalla scena un senso di felicità. Merito degli esordi accanto ad Antonio Gandusio? Chissà. Di sicuro, recitando con quell'acclamato signore della commedia grottesca e leggera, apprese l'arte di arrivare al pubblico e il principio che il teatro si fa con gli incassi. Diceva: «Si potrebbe pensare che gli incassi sono un po' una mia idea fissa. E' vero... Mi pare sacrosanto preoccuparmi di far rientrare i denari investiti». Era un punto d'onore, un segno inoppugnabile di successo. Se non avesse fatto l'attore, forse avrebbe obbedito al padre sarto, che lo avrebbe voluto laureato. Confessò una volta: «Se avessi dovuto occuparmi di tessuti, sarei diventato un altro Ermenegildo Zegna». Come dire: o Cesare o nessuno. Era un milanese di origini venete. Aveva diciannove anni quando uscì dall'Accademia dei Filodrammatici e arrivò al palcoscenico. Dopo l'apprendistato con Gandusio, fu in compagnia con Buazzelli e la Volonghi, con la Pagnani e la Masiero. Nel '60, al Teatro di Genova, affrontò l'esperienza forse più importante della sua carriera, siglando con Luigi Squarzina interpretazioni memorabili ne «Il diavolo e il buon Dio» di Sartre, «La coscienza di Zeno» di Kezich (portato poi in tv), «I due gemelli veneziani» di Goldoni (una prova a tutt'oggi insuperata, molto lodata perfino da Laurence Olivier). Chiusa dopo sette anni l'esperienza di Genova, Lionello tornò a dedicarsi al repertorio che considerava più congeniale alla sua natura d'attore, cioè alla commedia di boulevard, con quelle deviazioni verso il repertorio ottocentesco che, per lui, era alla base del lavoro d'attore. Diceva: «Sono un cultore del vaudeville, di quel delizioso teatro brillante francese, considerato a torto, da certi parrucconi nostrani, di serie B e che, in realtà, è il teatro più sofisticato e difficile da inter- AlberpGchcarr pretare». E ricordava che, per trovare i due camerieri di «Divorziamo!» di Sardou, fece più di trenta provini. Spiegò: «Anche le particine, quelle su cui di solito si tira via, qui sono importanti, richiedono mestiere», quel mestiere che gli sembrava sempre più raro. Per questa ragione avrebbe voluto fondare una scuola di recitazione specializzata nella commedia, aperta anche ai professionisti. Voleva che non scomparisse la tecnica ottocentesca, la perfezione del «prodotto fatto a mano». «Amo l'Ottocento per quanto di ottocentesco ha saputo trasmettermi ad esempio Vittorio De Sica, che aveva una strana rassomiglianza fisica con mio padre». La scuola non era l'unico sogno di Lionello. Fra le cose non realizzate c'erano un progetto su «La cognizione del dolore» di Gadda, lo ROMA. Il regista Luigi Squarzina ricorda Lionello come l'attore dei grandi successi allo Stabile di Genova nei primi Anni Sessanta, subito dopo la celebrità di «Canzonissima». «Senza esitare mise questa sua enorme capacità comunicativa al seivizio di un teatro d'arte. Era la riprova di un'antica legge del palcoscenico: che un grande attore comico può essere anche un grande attore tragico; mentre il contrario è assai più raro. Era anche il più veneziano degli attori non veneziani: recitava benissimo la lingua settecentesca di Goldoni e quella novecentesca del veronese Renato Simoni». Sandro Bolchi aveva diretto Lionello in una commedia tratta da Feydeau con la Volonghi e Buazzelli, ma soprattutto avevano lavorato insieme nel 1973 nello sceneggiato «Puccini». Bolchi ricorda la grande passione con cui Lionello preparò il suo personaggio. «Gemellaggio» tra tv e cinema nel nome del pubblico dei ragazzi: si comincia con trasmissioni quotidiane durante la manifestazione cantante (qui accanto nella fotografia) ha comunque confermato che si esibirà in occasione della finale della Coppa del Mondo di calcio americana, domenica prossima a Pasadena (in California), dove sarà la squadra azzurra a giocare contro il Brasile. L'annuncio della nuova gravidanza era stato dato dalla coppia Houston-Brown - che ha già una bambina di un anno - soltanto la scorsa settimana.