Occhetto posso abbandonare la politica

Occhefto; posso abbandonare la politica Occhefto; posso abbandonare la politica «Addolorato e raggelato»per l'accoglienza dopo le dimissioni «Lascio tutto se questo mio intervento sarà percepito come un nuovo strappo da parte di un rompicoglioni» rompicoglioni che ci ha già fatto tanto soffrire. In fondo - aggiunge con la politica ad un certo punto si può anche smettere». Questioni politiche e personali si intrecciano: quell'accoglienza gelida da parie della platea del consiglio nazionale a Roma, Occhetto proprio non se la può dimenticare. «Mi ha addolorato e raggelato», confessa e aggiunge di attraversare uno «dei momenti più difficili» della sua vita. «Ora, a 58 anni, passare da una fase così infuocata di elione, ad una fase di inattivila e di riflessione davvero non è semplice. Né politicamente, né umanamente». Poi spiega perchè ha deciso di lasciare il partito prima del congresso. Rimanendo in carica, dice, «avrei danneggiato non solo la mia immagine, ma il partito. Non volevo riprodurre una vicenda come quella vissuta dai popolari con Martinazzoli». Occhetto dice di voler essere «molto franco» riguardo ai rapporti con il nuovo segretario. «Mi sembra che D'Alema abbia insistito eccessivamente nell'affrontare criticamente, sia sul piano della gestione del partito, sia su quello dell'im¬ postazione della svolta il segretario dimissionario». La svolta che trasformò il pei in pds, aggiunge, è stato un «fatto di portata tale da meritarsi analisi meno nervose e giudizi meno affrettati». D'Alema - continua Occhetto analizzando il comportamento del suo ex delfino - «ha rietto: "ora si passa dall'era dell'io a quella del noi". La considero quasi una spiritosaggine»; ormai il pds non è più «un partito retto dal centralismo democratico». Occhetto respinge anche le accuse di una gestione centralistica del partito e la scarsa democraticità dei processi decisionali. La gestione della svolta, ad esempio, «è stato uno dei momenti più alti della vita di questo partito e, direi, della politica italiana». Tuttavia, l'ex leader della Quercia non sottovaluta le manchevolezze: «I difetti di democrazia interna ci sono stati dopo Rimini. Molti, sicuramente, saranno dipesi da me. Altri li addebito a come è stato gestito il sistema delle componenti». «Mi assumo la responsabilità di non aver reagito - riflette Occhetto -. Di non aver operato sin dalle prime avvisaglie perchè le divergenze uscissero allo scoperto». «La mia collocazione futura nel partito - torna a dire - e nella politica dipenderà anche dal fatto che venga confermata o corretta quella interpretazione riduttiva della svolta e la critica che ne è derivata nei miei confronti e in quelli degli altri che hanno vissuto e combattuto la battaglia per la formazione del nuovo partito». Anche se nell'intervista c'è il netto rifiuto di dare vita «ad una componente fatta da "guardiani della svolta" rispetto a chi all'inizio ad essa si era opposto», per Occhetto il punto dirimente è proprio l'atteggiamento rispetto alla «svolta». «Penso - spiega - a una ricerca aperta che consenta di individuare e precisare i contenuti politici e programmatici per fondare un sistema di alleanze senza furbizie tattiche o travestimenti»- [r. i.J

Persone citate: D'alema, Martinazzoli, Occhetto

Luoghi citati: Rimini, Roma