Greene il Regno ti odia

il caso. Così i biografi distruggono il mito del grande scrittore il caso. Così i biografi distruggono il mito del grande scrittore Greene, il Regno ti odia «Adultero, spia e traditore» Travolto dai sensi, sleale perfino con gli amici «rossi» ALONDRA RRIVANO corno siluri nella notte, silenziosi e letali». Cosa sono? Le biografie. E' luna descrizione tutt'altro che fantasiosa e il giornalista americano che l'ha ideata conclude: «E' un'arma crudele. Troppo spesso affonda il prezioso vascello della reputazione». Non si salva più nessuno, ormai, il fiotto delle biografie - belle, brutte, autorevoli, scandalose, ponderate, insolenti - è una marea impetuosa, travolgente. Churchill? Un razzista. Einstein? Picchiava la moglie. Il poeta inglese Philip Larkin? Un pornofilo. Non sono che esempi. Adesso due siluri possenti avanzano verso Graham Greene. La pubblicazione sulla stampa di copiosi estratti dei due volumi già ci permette di valutare i probabili danni. Certo, si può osservare che molti dei peccati attribuiti a Greene erano soltanto il rovescio della medaglia, uno dei mille aspetti della sua ricca personalità: ma altri giudicano con parole amare, severe questo Greene «adultero, spia e traditore». Sono accuso fondate? Sembra di si, anche se forse i biografi hanno calcato la mano, inducendo l'editore Max Reinhardt a protestare, a sospirare: «Graham fu un grande scrittore. Ora che è morto, possono dire ciò che vogliono. Che tristezza!». Per ora almeno, pochi però condividono la mestizia di Max Reinhardt. Anzitutto i biografi, ambedue americani. Michael Shelden, che insegna letteratura negli Stati Uniti, ha scritto Graham Greene: the man within, che sarà cato da Heinemann. Dei due libri questo è il più «rivelatore», quello con minori inibizioni. L'altro è opera del professor Norman Sherry, dell'Università di Sant'An¬ nsenegli crit o è n ¬ I bulli? Mandiamoli in Ruanda Trovo più che giusta la recente proposta del ministro Previti, riguardante la riduzione del servizio militare obbligatorio e l'introduzione del servizio militare volontario. Migliaia di giovani il più delle volte non ancora diciottenni sono nati per vivere pericolosamente e non potendo dare sfogo alla loro esuberanza in gran numero vanno a ingrossare le bande dei teppisti che purtroppo proliferano in ogni angolo d'Italia. Chi di dovere faccia per amore verso i cittadini «doc» che questa proposta venga attuata, creando dei reparti armati da inviare vedi nell'ex Jugoslavia, nel Ruanda ove gli abitanti usano farsi giustizia da sé; solo così coloro che amano vivere pericolosamente proprio da veri bulli avranno occasione di sfogare la loro aggressività che purtroppo fino a questi momenti scaricano in vari modi sugli incolpevoli cittadini «doc». Peppino Ledda, Cagliari L'Iran: anche noi vittime del terrorismo In seguito al recente drammatico evento in Algeria, ancora una volta assistiamo a una congiura e a ostili e parziali prese di posizione dei nemici dell'Islam che, al fine di screditare questa religione, e minare la convivenza pacifica tra i seguaci di varie religioni monoteistiche, e creare ostilità tra di loro, cercano in tutti i modi di approfittare di ogni occasione illecita per istigare l'opinione pubblica mondiale contro il popolo musulmano dell'Iran. Questa rappresentanza dichiara che la Repubblica Islamica dell'Iran, essendo essa stessa una delle maggiori vittime del terrorismo, di cui ultimo esempio è stato lo scoppio della bomba avvenuto recentemente nel mausoleo di Imam Reza a Mashhad per mano dei Manafeghin, tonio nel Texas. E' questa la biografia «autorizzata» da Greene, Sherry vi lavora da 16 anni c tale è la sua diligenza che ha ripercorso tutti gli esotici itinerari dello scrittore, prendendosi epatite e dissenteria. Il primo volume, di 800 pagine, è uscito ncll'89, due anni prima della morte di Greene. Questo, il secondo, intitolato semplicemente The life of Graham Greene, 1939-1955. Un terzo tomo concluderà, chissà quando, lo studio. Editore: Jonathan Cape. Una vicenda domina il libro di Sherry e in buona misura quello di Shelden, la lunghissima relazione, tredici anni, di Greene con Catherine Walston, la moglie americana, bella, vivace, sensuale, dell'inglese Harry Walston, ricco proprietario terriero innalzato alla Camera dei Lord tra i pari laboristi. Quello di Greene per Catherine fu più che un amore, fu una rivelazione, che lo portò allo zenith della felicità e al nadir della disperazione. I sensi lo travolsero, e leggiamo, in Sherry, lettere AL GIORN che, durante il love affair, finito verso il '57, la coppia «aveva fatto del suo meglio per commettere adulterio dietro ogni altare delle chiese in Italia». (Maliziosamente, i critici ricordano che gli amanti erano entrambi cattolici). Per Catherine, Greene lasciò, nel '47, la moglie Vivian (da cui mai però divorziò) e i due bambini; e abbandonò Dorothy Glover, amante devotissima. I tormenti di questo «triangolo dell'amore» ispirarono due opere di Greene, The heart of the matter (1948) e The end of the affair George Orwell. In alto Winston Churchill. Sotto: Graham Greene (1951). (Altre indiscrezioni affioreranno forse da un'asta che si terrà a Sotheby's entro luglio. Saranno messe all'incanto le lettere scritte da Greene e lady Walston alla di lei sorella Bronte Duran, confidente della coppia). Ma neppure a Catherine l'irrequieto Greene riuscì ad essere fedele. Nel libro di Sherry si legge che, a Vienna, mentre si girava Il terzo uomo, Greene visitava, a tarda notte, i ritrovi più loschi dove si adunavano «le prostitute più sparute», vere e proprie «streghe». Quando Elizabeth Montague, figlia di lord Montague, che lo scortava a Vienna, gli domandò: «Come può frequentare questi locali e restare un cattolico?», Greene: «Mi arrangio». Tutte le nuove informazioni che emergono da queste biografie «non fanno che illustrare quella che era la caratteristica principale di Greene, la sua incurabile frivolezza». E' il giudizio di Geoffrey Wheatcroft, giornalista, scrittore, ex literary editor della rivista Spectator. E' un articolo interessante, perché descrive i motivi dell'intensa diffidenza che gli inglesi hanno sempre nutrito verso Greene. Ne ammiravano la maestria sfoggiata in certi libri, ma erano scettici sulla sua ALE sincerità, si domandavano che uomo fosse mai questo predicatore che, dal pulpito di bestseller, esortava i lettori a meditare sul bene e sul male. Geoffrey Wheatcroft sostiene: «L'amore, la letteratura, la vita stessa, tutto era per lui un gioco... Aveva la classica irrequietezza dell'uomo che trova insopportabile la serietà». Critiche ingiuste? Non sembra, e la prova più grave è quella sfoderata da Michael Shelden. Già si sapeva che lo scrittore aveva lavorato per il Secret Service fino al '44, ma Shelden ha scoperto che continuò a fare la spia per altri quarantanni, fin verso l'82 e l'83. E dove spiava? Nelle nazioni «rosse», nell'universo comunista, dov'era accolto con tutti gli onori, grazie alla sua immagine di «socialista internazionale» e di censore sprezzante dell'America. Non era certo un professionista dello spionaggio, bensì un abile dilettante; non riceveva stipendio, ma il Secret Service gli pagava tutte le spese. Dal Secret Service di Londra, le informazioni di Greene venivano distribuite a tutti gli Intelligence Services della Nato. Così, l'implacabile nemico di Washington ragguagliava anche la Cia. Perché stupirsi? Greene aveva scritto un saggio dal titolo The virtue of disloyalty, e la sua vita confermò - secondo Shelden - che non aveva «nessuna loyalty, nessuna fedeltà, nessuna devozione», verso nessuno. Greene si era convertito al cattolicesimo ma Orwell ebbe sempre dubbi sulla sua sincerità. Negh' anni del tramonto si definiva un «cattolico agnostico», una frase quanto mai ambigua. Torniamo a Wheatcroft, che così conclude la sua analisi: «Greene non faceva che giocare. Giocava, quando da ragazzo provò i brividi della roulette russa. Giocava quando dichiarò, con pessimo gusto: "Preferirei finire i miei giorni in un gulag piuttosto che in California". Giocava quando faceva la spia. E giocava quando si trastullava con lady Walston dietro, e dinanzi, agli altari». Mano Ciriello