«Pietro sono stufa di star sola»

Firenze, la donna porta in aula due rose al marito: «Ti voglio bene, anche se sei stato cattivo con me» Firenze, la donna porta in aula due rose al marito: «Ti voglio bene, anche se sei stato cattivo con me» «Pietro, sono stufa di star sola» Dopo 18 mesi l'agricoltore rivede la moglie soli, perché il carabiniere della scorta riesce a mimetizzarsi con l'arredamento e suor Elisabetta è sempre così discreta che nessuno si accorge di lei, nemmeno in una cella. Nessuno può vedere, spiare: un po' di riservatezza, perbacco, ha raccomandato il presidente Enrico Ognibene, lo stesso che volle l'udienza a porte aperte quando furono illustrati con tanto di foto raccapriccianti i misfatti del «mostro» e quando vennero ascoltate le figlie dell'imputato. Così è il difensore, Pietro Firavanti, a raccontare come Pacciani sia commosso, abbia gettato via la sigaretta e l'Angiolina abbia rivolto al marito un rimprovero dolente: «Sei stato tan\.o cattivo con me». «L'ho fatto per il tuo bene», ha risposto il Pietro. Fuori dalla porta, fotografi, giornalisti, il resto della scorta, c'è la sensazione che si tratti di un incontro programmato ad uso pubblicitario. Già una volta l'Angiolina era arrivata in aula, come teste a carico, ma aveva rifiutato di deporre. Stavolta l'ha fatta chiamare la difesa. «Io non so di nulla», dice subito, e sembra spaurita. Poi accetta di deporre e presto le domande del pubblico ministero Paolo Canossa la irritano. No, dice, non ricorda quando sposò Pacciani, ed era il giugno del '65, ignorava che lui avesse ammazzato qualcuno, e non ha mai fatto all'amore con il guardiacaccia, quel Bruni che si prese un sacco di botte da suo marito: «No, mai fatto l'amore con altri uomini, io. Mio marito sogna. Gli uomini mi fanno tutti schifo». Ma poi sbotta, si alza e impreca, forse contro il mondo: «Ora basta, maiale sudicio. Ora bisogna farla finita, io boia. Io so' bell'e stufa». Vuole andarsene, la calmano. Pacciani la guarda assorto: «E' malata, che volete che vi dica?», bisbiglia ai difensori. Angiolina riprende a rispondere e la sensazione è che lo faccia con onestà. Racconta di quando il marito sradicò un'acacia dall'orto e questo è importante perché l'accusa sosteneva che Pacciani avesse scavato per nasconder qualcosa. Non vorrebbe andare avanti: «Io ci ho una testa... 'un ricordo più nulla, so' svagata». Poi aggiunge che mai dopo cena il Pietro usciva da casa. Ma dice anche altro: che da quando il marito è finito in galera lei e le figlie hanno sempre sbarrato tutto, anche l'ingresso dell'orto e nega di aver visto il Pietro portar cose raccolte fuori: e anche questo è perché Pacciani ha sempre sostenuto di aver raccolto in una discarica il famoso blocco da dise- A sinistra, Pietro Pacciani, accusato di essere il «mostro» di Firenze. Sopra, uno dei suoi scritti «Se ho fattho pagato «Credo in L'awocato Bevacqua Pochi giorni dopo l'ottavo e ultimo duplice delitto, quello dei ragazzi francesi, nel settembre 1985, presso Poggio a Caiano vennero trovate 32 cartucce Winchester calibro 22 serie H Lr, identiche a quelle usate dal mostro. Il maresciallo dei carabinieri Antonio Amore ha raccontato di quel ritrovamento e delle indagini «senza esito». Per la difesa quelle cartucce potrebbero essere state «un segnale» del vero assassino. [ ] gno Skizzen Brunnen, forse proprio quello di Horst Meyer, l'undicesima vittima del «mostro». «Brava signora, bravissima», commenta con ironia l'avvocato Rosario Bevacqua, l'altro difensore. Ora Angiolina è stufa. Si rialza e ancora si scaglia contro questo mondacelo: «Maiale birichino e rospo. Ho parlato abbastanza». [v. tess.] «Ricevo letterine di bambini che capiscono la mia innocenza» portano via delle cose: o per divertimento o a scopo di lucro, insomma per rivenderle. Ma poi tacciono su tutto ciò che forse hanno visto, tacciono ciò che sarebbe magari utile per arrivare all'identificazione del vero mostro. Lei, per questa gente, prova risentimento o trova il loro comportamento comprensibile perché tenuto per paura o magari per una forma di omertà? «Non si puole impedire a coloro che sono in compagnia di belle donne alla spiaggia o a un lago, in costume, di osservare le loro fattezze e commentare la loro bellezza tra amici: se non si guarda le donne, chi si dovrebbe guardare? Se si parla di guardoni solitari, o sono dei malati o sono dei pazzi: uno sano non lo fa, non ha bisogno di eccitarsi, come dice qualcuno. Chi lo ha scritto e pensato è successo a lui stesso per saperlo? Per mio conto lo trovo uno schifo e non ci credo ma non posso giudicare una persona che non conosco: m'intendo solo di piante e di lavoro campestre. Poi, per l'omertà e la paura esiste solo nelle persone deboli di sesso femminile, o quelli come le donne, con le fattezze, il modo di camminare, la voce a gallina, le mani affusolate ecc. ecc. Fanno schifo. In carcere ne ho visti molti: sono questi che vanno a vedere, poi hanno paura che gli rompino il volto e le ossa a forza di pugni. Sono malati, fuori ne combinano di tutti i colori, vanno eliminati, altro che omertà. E non sono buoni neppure a lavorare». Conclusione delT«interrogatorio» da parte del cronista: insomma, perché pensa che il mondo ce l'abbia con lei e ne voglia fare un capro espiatorio? «Perché a qualcuno serve questo per gli onori e le medaglie e i gradi, per avere un merito di bravura e si gira la verità in tante menzogne inventate». o sbagli in gioventù il debito a caro prezzo» Dio, lui mi giudicherà»

Luoghi citati: Firenze, Poggio A Caiano