Scrittore critico infame

il caso. In Germania romanzieri e poeti sotto accusa: non sanno recensire il caso. In Germania romanzieri e poeti sotto accusa: non sanno recensire Scrittore, critico infame La vanità di Mann e l'ira di Goethe. CBONN OETHE, Lessing, Heine, Theodor Fontano o Thomas Mann, Kurt Tu Jcholsky o Walter Benjamin, Golo Mann e Martin Walser, grandi nomi della letteratura tedesca. Ma un genio è in grado di riconoscere un altro genio? Un grande scrittore può essere anche un buon critico? Marcel Reich-Ranicki, il più famoso critico tedesco contemporaneo, ha dedicato alla sua professione un'appassionata raccolta di ritratti: critici famosi, ma soprattutto scrittori nella cui opera la critica letteraria ha avuto un ruolo primario. Sono Avvocati della letteratura (editore Dva, Stoccarda), che hanno scritto pagine mdimenticabili di poesia o prosa, ma si sono anche lanciati nella critica, con amore, con disprezzo o per dovere. E proprio nelle loro pagine di critica, nei loro saggi sugli altri autori, questi grandi scrittori svelano il loro carattere: tolleranza o intolleranza, passionalità, obbiettività o senso dell'amicizia, rivelati involontariamente nel modo in cui affrontano questo compito così difficile: giudicare l'opera di un altro autore. «Picchialo a morte, quel cane! E' un recensore», scrive il giovane Goethe. E' il verso più citato nelle pagine della cultura dei giornali tedeschi, dice Reich-Ranicki. Goethe è Fanti-critico, il «diprezzatore della critica» che ammette di avere scritto il Werther «piuttosto inconsapevolmente, quasi come un nottambulo». Goethe che si lascia rapire dall'ebbrezza creativa e in una lettera a Schiller sostiene che «tutto quello che fa un genio, in quanto genio, avviene meonsapevolmente». E quindi la riflessione non contribuisce in nulla al miglioramento di una poesia. Ha bisogno di un «pubblico che accetta e recepisce la sua opera senza fare domande, senza mettere nulla in causa». I critici per Goethe «macinano» e «spezzettano» l'opera e sono solo un ostacolo al godimento della letteratura. Eppure questo grande della letteratura tedesca per il quale Shakespeare «appare solo casualmente nella storia del teatro», conosce bene l'importanza della critica. S'infuria talmente per un giudizio negativo alla sua regia dello lon di Schlegel, che lo sfortunato recensore verrà bandito per sempre. Da quel momento è lui, Goethe, direttore del Weimar Theater e allo stesso tempo recensore. E fa stampare a proprie spese la lode di una sua opera e la spedisce ad un gran numero di persone. Ma se Goethe ha decretato: «Nessuno dovrebbe giudicare qualcosa, se non è in grado di dimostrare di saper fare altrettanto», Lessing, il «padre della critica tedesca», insegna: «La mia minestra è salata: non mi è lecito dire che è salata fino a quando non ho imparato io stesso a cucinare?». Lessing, il critico, non ha riconosciuto il valore di un Racine o di un Corneille: a causa sua ancora oggi sono estranei al pubblico tedesco. Ma è stato un grande critico della letteratura tedesca. Nei duecento anni dalla sua morte, dice Reich-Ranicki, in Germania la critica è stata insultata e combattuta, a volte proibita dallo Stato. Ma nessuno ha potuto annullare quello che è stato raggiunto da Lessing. Heinrich Heine è il poeta che canta la Germania, l'ebreo che non vuole «essere tedesco», ma vuole essere «un poeta della lingua tedesca». E come critico? «E' un artista anche lì», risponde Reich-Ranicki. I critici, dice Heine, sono come i lacchè alle porte di una sala da ballo: «Possono mandare via chi non ha diritto di entrare, ma loro stessi non possono ballare». Invece Heine è il buttafuori e il miglior ballerino allo stesso tempo, ma non di rado cede alla tentazione di «negare l'ingresso a chi non vuole incontrare nella sala da ballo». A differenza della maggior parte delle persone che riescono più facilmente a distruggere un'opera che a tesserne le lodi, Heine raggiunge le vette letterarie nell'entusiasmo. La «canzone dei Nibelunghi», spiega ai francesi, è «una lingua di pietre, i versi sono come rettangoli in rima. Qui e là dalle fenditure zampillano fiori rossi, come gocce di sangue o pende l'edera, come lacrime verdi». Come è diverso il critico Thomas Mann. Ha scritto su tutti i contemporanei, eppure nessuno lo appassiona, a volte scrive per fare piacere, come le lodi a un libro di Heinrich Mann (nelle lettere invece parla di «odio» e «nausea» per l'opera del fratello). Ma Thomas Mann anche nella critica rimane il narratore per eccellenza, con alcuni tra i più bei saggi letterari della lingua tedesca. Soprattutto eccelle quando racconta gli autori che lo hanno formato in gioventù, Goethe, Schiller, Tolstoi, Kleist. Ma alla fine finisce per parlare di se stesso e della propria opera. In una prefazione al Castello di Kafka, ricorda che Kafka apprezzava il suo Tonio Kroeger, in un elogio funebre a Bernard Shaw dice: «Non sono mai andato a trovarlo, per umanità. Sono convinto che non avesse mai letto una mia riga e non volevo imbarazzarlo». Un quarto di secolo ha impiegato Marcel Reich-Ranicki per comporre questo libro, che «appariva sempre incompleto». Ci sono ritratti vivissimi, a tinte forti, scritti con un tocco di ironia. In Germania Reich-Ranicki è un personaggio pubblico. Ebreo, di madre tedesca e padre polacco, è sfuggito ai nazisti dal ghetto di Varsavia. Con venti marchi in tasca e il visto sul passaporto, nel 1958 è arrivato a Francoforte volendo vivere in Germania e scrivere di Heinrich Boll o di Martin Walser. Lo Spiegel l'anno scorso, gli ha dedicato la copertina. Ha detto a Gùnter Grass: «Quello che irrita Grass così tanto, è in parte vero: per alcuni critici oggi vi è un maggiore interesse che per alcuni scrittori che negli Anni Sessanta e Settanta ci avevano così affascinato». Francesca Predazzi Passionalità segrete intolleranze e amicizie ttore, critico infame di Mann e l'ira di Goethe. Passionintolleraatro», conosce bene l'importanza ella critica. S'infuria talmente er un giudizio negativo alla sua gia dello lon di Schlegel, che lo ortunato recensore verrà bandi per sempre Da quel momento è In alto Thomas Mann e Walter Benjamin JLA stessi non possono ballare». Invece Heine è il buttafuori e il miglior In alto Thomas Mann e Walter Benjamin

Luoghi citati: Francoforte, Germania, Gùnter Grass, Stoccarda, Varsavia, Weimar Theater