«Join the band» gospel e 3 Grammy

r B PiSCHB «Join the band» gospel e 3 Grammy sta di Milwaukee, c'è abbastanza da ridire sulle atmosfere e le scansioni firnky appiccicate alla strafamosa «Summcrtime». Resta però una prova convincente, affascinante. Con il momento più romantico alla fine, rappresentato da «Go away little girl», canzone di Gery Goffin e Carole King che ebbe buon successo nel '62 nella versione di Steve Lawrence. Le estati si ripetono, accompagnando amori nuovi. L'impatto del jazz è attenuato, più accessibile ma ugualmente ricco di atmosfere, nel nuovo album del duo inglese degli Everything but the girl, «Amplified heart» (Bianco y Negro, 1 Cd). Una conferma della solita classe compositiva e interpretativa di Tracey Thorn e Ben Watt. Dieci le canzoni inedite presentate in questo loro ottavo album. Piccoli ritratti e schizzi di scenette che sono piccoli film da colonne sonore che ti cullano e rapiscono. Ma l'ascoltatore non se ne accorge, e segue questi due incantatori pop che arrivano da Londra. Per chi cerca spazi per isolarsi ci sono atmosfere invece tutte irlandesi regalate da Luka Bloom con «Turf» (Reprisc, 1 Cd). Un disco tutto in solitaria, per voce e chitarra, esclusa una limitata partecipazione della deliziosa, eterea voce femminile e gaelica di Mairéad Ni Mhaonaigh. C'è solo la chitarra. Suonata in un modo straordinario, acustico, con effetti scintillanti che ricordano i piatti della batteria. Composizioni delicate che sono il ritratto musicale di una terra dura da vivere ma ricca di fonti oniriche come il Connemara. Una terra solitaria fatta di torba e acqua, nuvole e leggende. Una terra difficile da viverci, ma Bloom riesce a descrivercela come un moderno bardo, senza cadere in retoriche. Con «Turf» questo angolo d'Irlanda affacciato sull'Atlantico diventa così un emblema della nostra esistenza. La straordinaria comunicativa di Luka Bloom sa farci desiderare e sognare questi paesaggi. Una bella impresa questa di un uomo e la sua chitarra, ridipingere un immaginario antico con i colori dell'uomo moderno. Un disco d'eccezione, dalla bellezza misteriosa. Alessandro Rosa STATE, stagione del disimpegno, del sole, delle musiche da spiaggia. E' più facile in questo periodo è quasi d'obbligo rilassarsi, ma non per questo ci si deve abbandonare ai comportamenti di massa nel cercare lo svago. L'industria discografica ci permette di trovare anche sotto il solleone ascolti diversi e curiosi, pur restando nel divertimento. Di grande eleganza ò «Join the band» (Rcprise, 1 Cd) dei Tate 6. Un sestetto che rappresenta una delle più sorprendenti saghe nella storia dell musica popolare: un gruppo di gospel (a capella) proveniente da un college di Huntsville, Alabama, conquista il mondo musicale al primo album, ottenendo ammirati consensi e ben tre Grammy. «Join the band» è ora il loro quarto disco, ed il primo in cui interpretano successi pop accanto ai brani da loro composti. Quattordici canzoni in tutto. E questa volta hanno ospiti illustri: Ray Charles si esibisce tra i tenori, il baritono e il basso dei Take 6 nella canzone «My friend», Stevie Wonder in «Why i feel this way», il gruppo dei Queen Latifah in «Harmony». E poi sesionmen del calibro di Herbie Handcock, Greg Phillinganes, Gerald Albright, Kirk Whalum, Paulinho Da Costa. Una successione di ritmi ora dolci come una carezza ora vivaci come un quadro di Van Gogh. Le voci, nere e strepitose, dei Take 6 sono incantevoli come una passeggiata nel più bel bosco della Terra. Sanno regalare felicità e dolcezza. Non è poco. Altra ammirevole abilità vocale è sfoggiata da Al Jarreau in «Tendemess» IWea, 1 Cd). Lo fa andando a rileggere alcune pagine famose della canzone americana e del pop di ieri. Le registrazioni sono state effettuate dal vivo. O se è in studio di registrazione, come in «My favorite things» (in cui gli è accanto anche la nota mezzosoprano Kathleen Battio), è come se fosse in concerto. Jarreau si avvale anche di un bel gruppo di abili musicisti che sanno ben seguirlo nel gusto di voler miscelare rock, jazz, pop e soul: fra gli altri David Sanborn, Marcus Miller, Eric Gale, Neil Larsen, Joe Sample. «Tendemess» si rivolge più alle maniere del jazz. Nella scelta del repertorio Jarreau cerca di andare sul sicuro senza prendersi eccessivi rischi, riproponendo canzoni famose comprese tra il jazz e lo stile Tin Pan Alley, dalla musica brasiliana al pop-rock di Elton John («Your song» e dei Beatles («She's leaving home»). Se «Save your love for me» - un classico negli Anni 50 dell'orchestra di Buddy Johnson - ò perfetta nello stile del musici¬

Luoghi citati: Alabama, Irlanda, Londra, Milwaukee