Donna incubo e altri miracoli
Grande collezionismo a Martigny Grande collezionismo a Martigny Donna incubo e altri miracoli ~wj MARTIGNY Il primo incontro d'obI bligo alla mostra «Da 8 Matisse a Picasso» della I *J collezione Gelman di New York alla Fondation Gianadda (fino al 1° novembre) mi porta di fronte al Giovane marinaio dipinto da Matisse a Collioure nell'estate 1906. E' uno dei «classici» alle origini dell'arte del secolo, con lo stesso respiro di grandezza delle Demoiselles d'Avignon, il cui fantasma era già presente nello spirito di Picasso in quell'estate a Gosol; per entrambi, la grandezza di chi era conscio di rivoluzionare, ciascuno nei suoi modi peculiari, le basi stesse del vedere pittorico. Attraverso le forme, i colori, il fascino strano e violento di quei quadri dirompenti (il rosa lilla del fondo di Matisse ritorna in parti delle Demoiselles) generazioni hanno conosciuto la voce della contemporaneità. Dopo quaranta e più anni ricordo il primo impatto, da studente, con il Marinaio su una parete del Palazzo Reale di Milano. Ma ancor più ricordo, nello stesso 1950, l'allora stupefacente opulenza televisiva del «tutto colore» nell'azzardata ma fortunata intrapresa editoriale dell'ex surrealista Skira, esordiente con l'«Histoire de l'Art Moderne». Nel volume dedicato a Fauvisme, Expressio nisme trionfava in piena pagina proprio questa tela di Matisse, allora nella collezione Seligmann di Basilea. Vi era rimasta per più di vent'anni, approdandovi dalla collezione di Zborowski, il mecenate di Modigliani; vedi caso, anche il bellissimo Modigliani della collezione Gelman era pubblicato su un altro volume dello Skira. Entrambe le opere, dopo l'approdo a metà secolo in quel museo immaginario della visualità di massa (Skira era un Franco Maria Ricci d'oggi), ripresero la loro circolazione mercantile, per approdare infine sulle pareti della coppia europeo-messicana. Subito, nel 1952, il Modigliani, ed erano gli anni dei primi acquisti, Bonnard, Vuillard, Derain, Rouault, Braque, il primo Picasso in tutti i sensi, la Ragazza con il fiore rosso del 1901; nel 1969 il Matisse, assieme ad altri capolavori, la Vedu la di Collioure del 1907-1908 nel momento raro di densità costruttiva vicina a Derain e Braque, la Lauretta su fondo nero, l'Odalisca, armonia rossa, e as- sieme all'unico Klee e ad un gruppo vasto di Mirò, dal precoce Nudo con fiore, cuboespressionista del 1917 alle tre stupende fantasie surreali intorno al 1940. Questa è in effetti l'impressione di fondo di fronte alla sfilata di capolavori raccolta lungo quarant'anni, ultimi acquisti la Morte del toro del 1934, lungo la strada verso Guernica, e Uomo e donna nuda del 1967 di Picasso, e poi Ernst, Dalì, Dubuffet, Balthus, Bacon con Tre sludi per autoritratto («Il mio viso mi fa orrore»): una sorta di approdo commemorativo ad altissimo livello, a fine secolo, di una concezione collezionistica americana, centrata su Parigi come fuoco mondiale della cultura contemporanea, nata un secolo fa con gli impressionisti e i post-impressionisti. Anche le presenze singole, Klee, un Kandinsky del 1911, un Mondrian del 1921, lo stesso Modigliani, sono qualificatissime, ma legate al gusto di un'immagine complessiva, mentre il cuore batte altrove, dai Nabis fino al Surrealismo, e realizza il quasi miracolo, considerando che è avvenuto nella seconda metà del secolo - ed è il miracolo della più alta passione e intelligenza collezionistica -, di una serie di vere piccole antologie con cui ben pochi grandi musei possono rivaleggiare: Bonnard, Braque, Giacometti, Léger e a livelli assoluti Picasso, Matisse e Mirò. L'incontro complessivo più impressionante è forse proprio quello con Mirò. Nel Paesaggio fra cubofuturista e folcloristico di Montroig del 1919 si insinuano i primi filamenti del sogno surreale, che trionfano a Parigi nel Paesaggio animato del 1927, dai toni notturni ancora memori di Goya. Un anno dopo il gigantesco incubo femminile Patata è uno dei massimi raggiungimenti del maestro e nella mostra un filo magico ed oscuro, inquietante, lo collega alla fantomatica immagine di Jean Puulhan dipinta nell'immediata dopoguerra da Dubuffet. Gli acquisti iniziali, che risalgono al 1945, rivelavano d'altri ade una robusta vocazione museale: bronzi di Degas, di Renoir e quel perfetto simbolo della nascita di un secolo inquieto costituito dal busto di Mahler modellato da Rodin su istanza di Alma e di Clémenceau. Marco Rosei presenta lo splendido marinaio» dipinto da Matisse nel 1906 (sopra) e un altro classico alle origini dell'arte del secolo: «Ragazzo in maglione a strisce» dipinto da Modi nel 1918
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