Berlusconi nessun vertice sulla Rai di Alberto RapisardaIrene Pivetti

«Questo ministero non sa governare» Scalfaro: la legge è chiara, spetta ai presidenti di Camera e Senato decidere le nomine Berlusconi; nessun vertice sulla Rai Tatarella: «La Pivetti non è infallibile» ROMA. Secondo tempo della battaglia per la conquista della Rai: Berlusconi e Tatarella, il presidente e il vicepresidente del Consiglio, attaccano la presidente della Camera, Irene Pivetti. Che ne pensa Berlusconi delle prestazioni di Roberto Baggio e della intervista della presidente della Camera, Pivetti, che accusa il presidente de! Consiglio di volere il c.d.a. della Rai alle dipendenze del governo? «Credo che Baggio dopo questi "exploit" potrebbe far benissimo la carriera politica, e viceversa». Come dire, è meglio che la Pivetti si dedichi al pallone. E Tatarella che ne pensa? «La Pivetti è una istituzione autonoma ma non infallibile. Il mio augurio è che sia autonoma da tutti, sottolineo da tutti». Sono furiosi con la Pivetti gli uomini di Fini e scalpitano dentro il governo. Son convinti di essere stati bidonati con la scelta di quei cinque consiglieri della Rai che avevano fatto i presidenti delle Camere, autonomamente, come prescrive la legge: Presutti, Moratti, Marchini, Mugherli, Cardini. I missini, invece, vogliono il prof. Francesco Gentile al posto del prof. Cardini. Le pressioni si riversano su Berlusconi, si dice addirittura che ne va della sorte del governo. Il presidente del Senato, Scognamiglio, tentenna e accetta la richiesta di Berlusconi di «non affrettare la decisione per consentire la consultazione delle parti in causa». Irene Pivetti, presidente della Camera, risponde a Berlusconi e Fini, sicura del suo buon diritto: «Io certo non mollo». E la situazione diventa imbarazzante per la nuova magggioranza. Perché chi è scontento delle scelte che avevano fatto i presidenti delle Camere non vuole, però, farci la figura infamante del nostalgico della vituperata lottizzazzione. Berlusconi, Fini, Bossi come Forlani, Craxi, Cariglia ad accapigliarsi per spartirsi i dirigenti della Rai nel rito antico del «vertice» di maggioranza? No, il vertice no, rispondono quasi con orrore nelle dichiarazioni domenicali. «Non c'è nessun vertice» garantisce il presidente del Consiglio Berlusconi da Napoli. «Non si può smentire una cosa che non esiste. Il vertice di maggioranza va contro il buon senso comune» concorda il suo vicepresidente, il ministro delle Poste Tatarella, di Alleanza nazionale. E allora, niente vertice, anche se sabato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, diceva: «Non abbiamo ancora avuto il tempo di accordarci e di fissare la data. Tatarella mi ha comunque detto che si passerà dal G7 al G5, riferendosi ai consiglieri di amministrazione della Rai». Insomma, stando a Letta, Alleanza nazionale sembrava aver messo in programma quel vertice che ora ripudia, forse perché si è accorta che era una palude in cui gli eredi del Movimento sociale rischiavano di inzaccherarsi col fango della lottizzazione. E così Tatarella non si stanca di mettere in guardia i cronisti che lo inseguono a Napoli: «Attenti ai provocatori». Ma allora la notizia del vertice è un equivoco? «Non lo so. Io credo di più alla provocazione». E assicura che lui vuol restare «neutrale» nella vicenda dei vertici Rai. Mentre si fa avanti il segretario di An, Fini: «Mai come in questo momento la fretta è cattiva consigliera. Si tratta di riflettere sulla scelta dei nomi perché non si tratta solo di introdurre valide professionalità, ma soprattutto di avviare un grande rilancio». In pratica, è l'annunzio che vertice o no, le nomine che avevano fatto Pivetti e Scognamiglio dovrebbero essere messe da parte, ricominciando da capo. Altrimen¬ ti, par di capire, al Consiglio dei ministri di mercoledì prossimo non si combinerà di nuovo nulla, quanto meno per i provvedimenti sulla giustizia proposti dal ministro Biondi. «Occorre una riflessione approfondita su alcune questioni fondamentali» avvisa Fini. Con l'aria rovente che tira nella maggioranza il Presidente deDa Repubblica ha voluto tirarsi fuori precisando che lui con la Rai non c'entra nulla. I presidenti di Camera e Senato erano andati a fargli leggere i nomi dei personaggi che avevano scelto per un «atto di garbo ma la legge è chiara: spetta a loro decidere le nomine». «Non ho titoli per essere favorevole o contrario. Nessuno mi ha chiesto un parere. Ognuno può pensare quello che desidera, ma è un esercizio più ginnico che intellettuale» ha tagliato corto. Ma l'ex presidente Cossiga dice chiaro che considera «irrituale» che la maggioranza consideri le nomine alla Rai «cosa sua» e propone, per la scelta, di seguire i criteri che valgono per i membri del Csm. Ci vuole subito la riforma del sistema radiotelevisivo per tagliare «la commistione tra funzioni personali di guida del governo, informazione e cumulo di rilevanti interessi economici e finanziari». Sconsolato, il «verde» Ripa di Meana sostiene che si va «a grandi passi verso la repubblica delle banane». Alberto Rapisarda Irene Pivetti, presidente della Camera

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