Un nuovo suicidio scuote Tangentopoli di Fabio Poletti

Al Bianco il generale si consegna a Di Pietro Il sottufficiale delle Fiamme gialle era agli arresti domiciliari. Si è sparato alla testa Un nuovo suicidio scuote Tangentopoli S'uccide il maresciallo Landi MILANO. Ha aspettato che la moglie uscisse di casa poi si è chiuso in bagno con l'automatica calibro 7 e 65. Un colpo in bocca, poi un altro e forse un terzo, esploso dall'arma mentre cadeva a terra. E' morto così, senza un biglietto, senza un messaggio, il maresciallo della Guardia di Finanza Agostino Landi, 51 anni, da 24 oro agli arresti domiciliari per l'inchiesta che ha travolto i vertici delle fiamme gialle. L'ultimo a parlargli era stato il suo avvocato, Pasquale Balzano Prota. Una telefonata alle 1 1 e 10 per avvertirlo che i magistrati di Mani pulite volevano sentirlo ancora. Ancora dopo le manette, dopo i 10 giorni nel carcere militare di Peschiera del Garda, gli interrogatori, i titoli sui giornali e alla tv, la vergogna che travolge generali, ufficiali e sottufficiali come lui, clic ciac delle manette per poche decine di milioni. Passa mezz'ora, da quella telefonata, e la notizia arriva in procura. Piange l'avvocato Balzano Prota, corre via il magistrato Gherardo Colombo con cui il maresciallo Landi aveva più volte collaborato per l'inchiesta Mani pulite. Che la situazione sia grave lo intuisce anche il tenente Emilio Stolfo. E' un collega di Landi, è lì pure lui per essere interrogato. Sa della notizia, e la sua faccia diventa ancora più bianca. Dalle parole del tenente Stolfo si intuisce il dramma di questa vicenda che ha travolto le fiamme gialle. Ripete: «E' una tragedia, è una tragedia». Poi aggiunge: «In 45 giorni di carcere sono dimagrito 15 chili. Se ho sbagliato è giusto che paghi, ma spero solo che tutto finisca presto, io non sono un mostro». E' disperato il legale del maresciallo Landi. «Non so cosa dire», esordisce l'avvocato Pasquale Balzano Prota. Poi aggiunge: «Quando la moglie me lo ha detto non ci volevo credere, sono sconvolto. Durante la sua detenzione ci eravamo visti tre volte. Pur apparendo turbato non aveva mai dato l'impressione di volersi suicidare. Per me non era un protagonista di questa vicenda, lo è diventato adesso, togliendosi la vita». E' ancora l'avvocato Balzano Prota a ricostruire quegli attimi, gli ultimi minuti di vita del sottufficiale. Ricorda: «Al telefono mi sembrava assolutamente tranquillo, mai e poi mai mi sarei aspettato questo. Lo aspettavo per le 11 e 30, per quell'interrogatorio in cui gli sarebbero state chieste solo delle precisazioni». E invece no, non voleva tornare a palazzo di giustizia il maresciallo Agostino Landi. E allora aspetta che la moglie Luisa esca di casa. Il figlio Walter, studente alla Bocconi e militare nell'arma dei carabinieri, è già fuori. Tutto avviene in pochi secondi, senza un testimone. Si chiude in bagno, in mano ha l'automatica. E' la sua arma personale, quella di ordinanza gliela hanno tolta al momento dell'arresto. La 7 e 65 no, inspiegabilmente. E' regolarmente denunciata, come il fucile da caccia, anche quello incredibilmente non sequestrato. Appoggia la canna dell'arma in bocca e preme il grilletto. Quante volte? Una, due, forse tre. E' ancora da accertare. E' la moglie che sente gli spari, intuisce, si getta in bagno, vede, urla, cerca soccorso. L'ambulanza arriva in un attimo in via Sorrento, 24, zona Baggio, periferia della città. Zona degradata, ma non in quell'angolo con le palazzine basse costruite negli Anni 70 e il verde attorno. La corsa è verso l'ospedale di Niguarda, il più vicino. Le condizioni del maresciallo Landi sono gravissime. E' necessario il trasferimento in elicottero all'ospedale di Legnano, più attrezzato per queste emergenze. «Prognosi riservatissima», è il primo verdetto dei sanitari, ore 12. Tre ore dopo il maresciallo Agostino Landi muore. Una pallottola gli si era conficcata nel cervello, l'altra era fuoriuscita. Il magistrato Marco Maria Alma dispone per lunedì l'autopsia «per fugare ogni più piccola ipotesi che non si tratti di suicidio». Ma aggiunge: «E' suicidio al 99% anche se ci sono alcune circostanze ancora da chiarire, ad esempio il gran numero di proiettili sparati. Sicuramente due, forse tre. Alcuni possono essere esplosi dall'arma cadendo a terra». Fabio Poletti Il sostituto procuratore Antonio Di Pietro, l'esponente simbolo del pool Mani pulite

Luoghi citati: Milano, Peschiera Del Garda