La via crucis europea di Bill

La via crucis europea di Bill La via crucis europea di Bill Ultime gaffe, lite con Mitterrand e «rettifica» sul biglietto verde NAPOLI DAL NOSTRO INVIATO Nella serata di ieri, il Segretario per il Tesoro Lloyd Bentsen si è presentato nella sala-stampa americana per assicurare che il suo governo vuole «un dollaro forte». Il giorno prima Bill Clinton aveva dichiarato di volere «un dollaro non debole ma non sopravvalutato» e la moneta americana aveva ritoccato al ribasso il suo record storico negativo nei confronti dello yen giapponese, perdendo questa volta quota anche nei confronti del marco tedesco. Bentsen era stato chiaramente mandato per rimediare alla gaffe del Presidente e per prevenire un altro crollo del dollaro alla riapertura dei mercati di lunedì. A questo punto, dopo una serie impressionante di contorcimenti e di zig-zag da parte di Clinton, anche se il dollaro si riprenderà, l'immagine del Presidente ha subito un grave danno proprio su un terreno che agli americani preme moltissimo: il governo dell'economia. Ma Clinton ha disseminato questo viaggio europeo di errori su tutti i terreni. Una trasferta maledetta. Gli americani se ne accorgeranno meno, ma un altro errore di Clinton ne ha diminuito fortemente il prestigio come leader internazionale. E' successo quando na proposto l'apertura di un nuovo tavolo per coordinare il commercio internazionale, pur non avendo ancora il Congresso americano ratificato il recente accordo sul Gatt. Il presidente francese Frangois Mitterrand gli ha risposto con un secco «non se ne parla neppure». Convinto anche da Silvio Berlusconi, Clinton ha ritirato la proposta, senza però riuscire a cancellare la brutta figura. Del resto Mitterrand ha avuto buon gioco nel sostenere che il G7 è una sede in cui non si improvvisano nuovi tavoli e tutto viene attentamente predisposto prima. Ma, peggio ancora, con il suo rifiuto ha sottolineato il comportamento poco dignitoso degli americani, che avevano in realtà proposto surrettiziamente di portare sul secondo tavolo proprio quelle proposte rinunciando alle quali era stato possibile raggiungere un compromesso sul primo. Prima di partire da Washington, la Casa Bianca si era impegnata in un fragoroso tam-tam per sostenere che la stampa non tratta Clinton con equità, sottolineandone solo gli errori ma tacendo sui successi, primo tra tutti la politica nei confronti della Russia e dell'Est europeo. Ma, nella prima tappa, a Riga, Clinton ha deluso i presidenti dei Paesi baltici, informandoli di aver praticamente concordato con Boris Eltsin la posizione che era venuto a presentare. Anche a Varsavia Clinton ha deluso l'attesa che i polacchi avevano riposto in lui: che offrisse una scadenza per il loro ingresso nella Nato. Ma l'errore più ricco di implicazioni interne è stato quello sul dollaro, indipendentemente dai suoi effetti. Clinton, nell'intenzione di spingere i giapponesi a aprire il loro mercato, aveva manovrato nei mesi scorsi per alzare le quotazioni dello yen sul dollaro, con grave danno alle esportazioni nipponiche negli Stati Uniti. Ma poi, essendo il dollaro calato troppo, la Fed per ben due volte ha guidato una crociata delle banche centrali più forti del mondo per rialzarne le quotazioni. Il dollaro però ha continuato a cadere, mentre i giapponesi, per ritorsione, hanno cominciato a ritirare capitali dagli Stati Uniti. Venuto a Napoli dopo un attacco tedesco molto duro, che segnalava un'indisponibilità di Bonn a altre operazioni di salvataggio del dollaro, Clinton ha deciso che di dollaro sarebbe stato meglio non parlare: l'America sarebbe apparsa il grande malato del summit e ciò sarebbe stato poco decoroso. Gli operatori hanno pensato che Clinton volesse abbandonare il dollaro al suo destino e così hanno venduto valuta a man bassa. Adesso, dopo la quarta capriola il mondo degli affari è ancora di più sconcertato e si domanda se Clinton si rende conto di quello che fa o procede semplicemente a caso. Paolo Passarmi

Luoghi citati: America, Bonn, Napoli, Riga, Russia, Stati Uniti, Varsavia, Washington