Eltsin non sono il parente povero

Eltsin: non sono il parente povero Eltsin: non sono il parente povero «Le mie riforme vanno, non chiedo aiuti» L'OTTAVO GRANDE NAPOLI DAL NOSTRO INVIATO Boris Eltsin entra da protagonista, coi suoi modi impetuosi che piacciono al suo pubblico e non dispiacciono ai suoi nuovi partner. Chiede a gran voce ciò che gli è già stato offerto: «Basta con le discriminazioni contro la Russia». Non chiede ciò che non otterrà: «Dovrei venire qui a dire che voglio altro denaro? Niente affatto, non lo farò». E si permette perfino un rabbuffo, alla partenza da Mosca: «Ci hanno promesso altri pacchetti di aiuti. L'ultimo, a Tokyo, è stato attuato per meno della metà». Eppure, sembra dire, ce la stiamo facendo da soli. Quindi, da un lato, realismo («Non abbiamo ancora una piena stabilizzazione e non ci sentiamo ancora abbastanza forti economicamente»), quindi non pretendiamo di entrare nel G-7 economico; dall'altro lato riaffermazione del ruolo di grande potenza («Insisterò per essere accolto come partner politico eguale»). Per il resto aspetta «il corso naturale degli eventi» e afferma di non voler «abbattere a spallate una porta aperta». Anzi spalancata. Il comunicato finale del G-7 conferma che l'Occidente punta su di lui. Non c'è un vero pacchetto di aiuti, ma il Fondo monetario viene invitato ad aumentare i tetti massimi di stanziamento (forse altri 3 miliardi di dollari), e si apre un'estensione dei diritti speciali di prelievo. Il resto sono inviti a «indirizzare il risparmio interno verso la produzione», a «migliorare il quadro istituzionale per gli investimenti privati», a «richiamare investimenti diretti dall'estero», cioè i capitali russi, in primo luogo, im! boscati nelle banche straniere. Il che non sarà facile, ma è esattamente quello che Eltsin sta cercando di fare. Dunque non c'e più contenzioso. E tutto lascia credere che non ci sarà neppure oggi, quando si discuterà di politica. Il Cremlino ha già dato segni netti che non intende creare problemi. Le improvvise alzate di testa sull'ex Jugoslavia sono rientrate. Kozyrev, il ministro degli Esteri, ha partecipato alla definizione del piano per la Bosnia. Non si rema contro neppure sulla trattativa con la Corea del Nord e l'iniziativa di pace russa nello Yemen e concordata con Washington. La Duma dica quello che vuole. Eltsin procede come uno schiacciasassi. E se qualcuno lo censurerà potrà sempre invocare l'ap- poggio dell'Occidente. Del resto anche i problemi di salute sembrano superati. E, quando Berlusconi lo è andato a trovare all'Hotel Parker's, vedendoselo di fronte in gran forma, s'è lasciato scappare un complimento fin troppo sincero: «Lei è sempre robusto e forte come una quercia». Poi deve aver realizzato che la battuta poteva essere un regalo a D'Alema, con o senza falce e mar- tello e ha aggiunto una «coda» che gli interpreti faticheranno a spiegare al Presidente russo: «Senza fare allusioni». Ostrogoto per Eltsin, che aveva appena disteso il suo sguardo sul golfo di Napoli. Poi un caloroso incontro con Major e una mezz'ora secca con Berlusconi, prima di correre verso la cena nella Reggia di Caserta in cui la Russia riceverà il battesimo di partner a pie- no titolo dell'Occidente. Berlusconi all'uscita era raggiante: per la vittoria dell'Italia, ma anche per la cordialità dell'incontro (che avrà una coda nella prossima visita del Cavaliere al Cremlino, annunciata ieri sera). Ma non sorpreso: nel miracolo Italia ci uredeva fermamente. E con Eltsin ha detto - (non poteva andare altrimenti. C'è uri ottimo rapporto». Eltsin gli ha regalato una copia in russo del suo ultimo libro: ((Appunti del Presidente». Neanche questa era una soipresa per Berlusconi. Sull'ascensore, ha soppesato il volume e ha esclamato soddisfatto: «Gliel'ho pubblicato io». Chi ne esce male è l'Ucraina, che i Grandi vorrebbero «stabile e indipendente», ma alla quale promettono, in un imprecisato futuro, 4 miliardi di dollari a condizione che imiti la Russia. Ma a Kiev - dove oggi si vota - preferirebbero in molti avvicinarsi a questo rublo e a questa Russia baciata dalla fortuna. Il che non piace né al G-7, né a Eltsin, ma piace tanto alla miriade di nemici del Presidente russo, che lo accusano di essersi consegnato mani e piedi ai nemici di un tempo e che si fanno paladini della difesa dei 25 milioni di russi all'estero, inclusi i 12 in Ucraina. Ma i 200 milioni di dollari regalati a Kravciuk non basterarmo per chiudere Cemobyl e qualcuno il conto energetico dell'Ucraina dovrà pagarlo. Chi, se non Eltsin? Giuliette Chiesa Solo 200 milioni di dollari a Kiev Per chiudere Cemobil non bastano ■ Il presidente russo Eltsin: a Napoli con un sogno, entrare nel G-8