Glenn Gould trentadue pezzi facili

L'interessante biografia cinematografica del geniale pianista canadese realizzata da Girard L'interessante biografia cinematografica del geniale pianista canadese realizzata da Girard Glenn Gould, trentadue peni facili Molti aneddoti, tra cui la vocazione alla solitudine UNA biografia, molto originale per concezione e costruzione, di Glenn Gould, pianista canadese internazionalmente famoso, compositore, artista esigente ed eccentrico, geniale interprete soprattutto di Bach, morto cinquantenne di ictus a Toronto nel 1982. Capita, nelle biografie cinematografiche di artisti, che l'arte sia l'ultima cosa, che l'ineffabile e irriproducibile esercizio creativo o interpretativo venga trascurato a favore dell'aneddotica. In questo caso, l'aneddotica scelta è la più ovvia, la più «giornalistica»: la vocazione di Gould alla solitudine; i suoi orari bizzarri (mai a letto prima dell'alba, sveglia alle tre pomeridiane); la sua abitudine di coprirsi le mani con guanti anche doppi e di sottoporle prima di suonare a bagni d'acqua calda; la sua misantropia crescente, l'uso del telefono per mantenere distanze e isolamento; la sua decisione d'abbandonare i concerti, istituzione moribonda e imperfetta, a favore delle registrazioni e della tecnologia. Volendo conoscere su Glenn Gould qualcosa di più approfondito, si possono leggere le due introduzioni, di Mario Bortolotto e di Tim Page, premesse agli scritti sulla musica di Gould pubblicati da Adclphi con il titolo kitsch «L'ala del turbine intelligente». Molto lodato e premiato, molto elaborato, in parte affascinante, il film, strutturato a imitazione delle «Variazioni Goldberg» di Bach, composto da trentadue frammenti anche brevissimi, accompagnato dalle esecuzioni pianistiche originali di Gould, mette insieme materiali diversi. Testimonian¬ .è a ze di parenti, domestici, amici e altri musicisti (anche Yehudi Menuhin). Testi autobiografici visualizzati testi di interviste concesse da Gould, elencazione dei suoi farmaci di malato e di ipocondriaco. Immagini del Grande Nord canadese glaciale e bello quanto la solitudine, immagini astratte o d'animazione. Alcune delle trentadue idee sono buone, molte sono banali. La giusta preoccupazione di evitare enfasi e sentimentalismi si altera in freddezza. L'ambizione un poco vanesia di fare una biografia diversa da tutte cancella la semplicità, la musica è spesso cancellata dall'aneddotica: tuttavia il film rimane tra i più interessanti che si possano vedere adesso, un esperimento notevole. realtà un agente del Fbi particolarmente carogna: e viene coinvolta in una passione, in un intrigo spionistico internazionale, in molte avventure mirabolanti alla James Bond, nell'angosciosa situazione di sentirsi male usata e maltrattata. La storia esagerata, alquanto ridicola, poco credibile, però abbastanza dinamica da non risultare noiosa, presenta due personalità singolari. Una è il protagonista Eric Roberts: già essere il fratello più bello e meno fortunato di Julia Roberts può significare avere una vita difficile di amarezze, revanscismi, frustrazioni; in più, nonostante la sua gran bellezza o magari a causa di quella, l'attore che pure è bravo non riesce da oltre dieci anni a liberarsi di quei personaggi di malvagio nevrotico o di arrivista beffato recitati così bene in «Star 80» di Bob Fosse (1983) o in «Coca Cola Kid» di Dusan Makavejev (1985). L'altra personalità è John Irvin, il regista inglese cinquantaquattrenne di film d'azione («I mastini della guerra», «Hamburger Hill») poco interessanti ma diretti con competenza ed energia: qui, nella vertigine dei chiassosi disastri, sembra quasi travolto dai propri stessi effetti speciali. [s.n.J BERA