Italia denunciata per la pubblicità tv

La Cee: troppi spot nei tg delle private La Cee: troppi spot nei tg delle private Italia denunciata per la pubblicità tv BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Ora basta: all'Italia è stato dato fin troppo tempo per adeguare la legge sulle attività televisive alla direttiva Cee, e la Commissione europea ha ormai perso la pazienza. Ieri, così, l'esecutivo comunitario ha chiesto al proprio servizio giuridico di citare il nostro governo alla Corte di giustizia del Lussemburgo, ed anche se per questo tipo di cause i tempi sono sempre lunghi, la decisione mette il nostro Paese di fronte alle proprie responsabilità. In causa sono gli spot pubblicitari che ancora oggi, regolarmente, intervallano i tgdelle reti private, i programmi per l'infanzia, i documentari, le trasmissioni religiose, i film anche di durata inferiore ai 45 minuti. In causa sono anche le quote di pubblicità (25%), che tutti gli enti pubblici devono riservare , secondo la Maminì, alle tv private, discriminando le tv nazionali e estere. La «procedura di infrazione» contro l'Italia era stata aperta dalla Commissione già nel '92, spingendo le reti Rai ad accogliere le regole europee anche in assenza di una modifica della legge, ma suscitando le vivaci reazioni della Fininvest. Il nostro governo aveva risposto con motivazioni giudicate insufficienti, ed il 6 aprile scorso, da Bruxelles, era partito un «avvertimento» deciso: o l'Italia cancella entro due mesi le «anomalie» della légge Maminì e dei successivi regolamenti, oppure la Commissione si rivolgerà alla Corte di giù stizia. Ma il termine e passato senza la minima reazione da Roma. i due commissari italiani, Antonio Kuberti e Vanni d'Archirafi, sono riusciti a tenere a bada i colleghi per un intero mese, finché, ieri mattina, e arrivata una lettera firmata dall'ambasciatore Enzo Perìot, rappresentante dell'Italia presso l'Unione europea. Nella let- II ministro Gius ppe Tatarella tera, ispirata da una missiva del ministro delle Poste Tatarella, si ripete che con la «legge n. 223/90 si è data attuazione integrale alla direttiva» comunitaria, ma si aggiunge che il ministro Tatarella darà «agli Organi competenti istruzioni intese a specificare che la disciplina comunitaria prevale su ogni disposizione interna». E' di fatto un'ammissione di colpa. Quanto alle quote pubblicitarie riservate allo Tv locali private, si ammette che il nuovo regolamento «a tutt'oggi non è slato emanato». «E' bastata un'occhiata per decidere di rivolgersi alla Corte», ha detto un funzionario della commissione. La legge italiana citata nella lettera, infatti, non vieta come dovrebbe gli spotdei film e di tutti i programmi informativi, religiosi e per l'infanzia. L'unico cenno che si trova nella legge Mammì è l'affermazione: «il garante può emettere ulteriori divieti per specifiche trasmissioni». Ma alla commissione rammentano che «il garante non ha mai fatto nulla, e comunque la legge dev'essere chiara». E adesso? Il governo Berlusconi ha forse ancora qualche settimana per correre ai ripari. Se non lo farà, se vorrà difendere ad oltranza il diritto allo spot, la Corte può arrivare ad «infliggete sanzioni finanziarie» all'Italia. Ma «l'Italia adeguerà la sua normativa in materia di pubblicità televisiva» dice il ministro per le politiche comunitarie Domenico Cornino, commentando la notizia della procedura d'infrazione avviata dall'Unione europea contro il nostro paese. «Sentirò i colleghi ministri delle Poste e degli Esteri per giungere ad un provvedimento per l'eliminazione delle infrazioni contestate, Il recepimento delle direttive avverrà mollo probabilmente già con la legge comunitaria 1994, in fase di stesura». Fabio Scrinante II ministro Giuseppe Tatarella