«Punto da un pesce velenoso mio padre fu salvato da un vecchio pescatore» di Alessandro Baricco
«Punto da un pesce velenoso mio padre fu salvato da un vecchio pescatore» «Punto da un pesce velenoso mio padre fu salvato da un vecchio pescatore» sempre. Preferì alle cure di un medico quelle di un vecchio pescatore che offriva una sua pozione misteriosa, fatta di erbe. Portarono mio padre sanguinante nella capanna del pescatore, il quale estrasse uno spazzolino da denti logoro, molto sporco, e lo inzuppò nel suo liquido misterioso, quasi nero. Sfregò a lungo la ferita, senza una parola. Assistendo all'operazione dello spazzolino ebbi fede nel fisico indomabile di mio padre c nella medicina naturale, che noi abbiamo sempre preferito ai farmaci chimici. L'indomani mio padre era guarito». Traspare dal racconto di Mariane una costante ammirazione per il ricerca di altre terre e di altri popoli, ben prima di Colombo e dei Vichinghi». Thor Heyerdhal cominciò con l'impresa del Kon-Tiki, nel 1947. Riuscì ad attraversare il Pacifico, dal Perù alla Polinesia, su una zattera di balsa, di tipo incaico, dimostrando che i navigatori preistorici potevano fare altrettanto. Ne ebbe fama mondiale, ma non pochi scienziati contestarono la validità delle sue teorie, mentre le sue opere venivano tradotte in 75 lingue diverse. «Mio padre non è un archeologo, è soprattutto un esploratore che non si accontenta delle dottrine consolidate e va per il mondo a toccare con mano quel che riva erano allineate le barche dei pescatori, costruite con la stessa tecnica e gli stessi materiali del Kon-Tiki. Mio padre si tuffò in mare e venne punto da un pesce velenoso. Ritornò sulla spiaggia sanguinando molto dalla ferita e subito si raccolse intorno a lui una folla piangente. La puntura di quel pesce era considerata mortale». Quella volta ebbe paura? Lo domando a Mariane in cerca di uno spiraglio di debolezza momentanea che almeno scalfisca la corazza di orgogliosa invincibilità, ma la figlia di Thor Heyerdhal non cede: «No, non ebbi paura perché ero certa che mio padre se la sarebbe cavata, come tagonista femminile dell'opera, stacca un'Aria dalla struttura complessa, dalla linea vocale acrobatica e dalla valenza drammaturgica piuttosto scontata (a lui sarò fedele, ecc. ecc.), una specie di monumento vocale vagamente fuori posto in quella elegante barzellettona tedesca. A quel punto Strehler fece quasi chiudere il sipario, scivolare Konstanze contro il pubblico, accendere le mezze luci in sala. In quell'atmosfera magica da immane salotto., intimo e pur monumentale, Konstanze cantava, dimentica di qualsiasi teatro. Liberata da qualsiasi teatro. Musica e basta. Canto. Quella mossa laterale, in anni in cui le regie luna-park non c'erano ancora, ti colpiva come un improvviso, violento deragliamento. Nella dolcezza tiepida di quelle mezze luci, ti era servita un'acrobazia dell'interpretazione. In un gesto Mario Fazio unico si annotava un'imperfezione mozartiana d'uso avventato di un ingranaggio sproporzionato al motore) e la si assorbiva, scivolando lateralmente e trovandole una micropatria su misura. In tempi in cui ancora l'interpretazione era un concetto, una libidine, da scoprire, era l'epifania di un gioco che lì si svelava possibile, e da lì a poco si sarebbe svelato necessario. L'ho rivista, l'altra sera, quella mossa, ventidue anni dopo quella prima volta. «Cari luoghi io vi trovai, ma quei dì non trovo più». Ovvio: il sipario si è quasi chiuso, le mezze luci si sono accese in sala, la Devia ò arrivata in proscenio e ha cantato. Ma non era la stessa cosa. Ci puoi giurare, succede sempre così. Non è mai la stessa cosa. Desolantemente banale, ma vero. Sembrava un giornale ingiallito che annunciava una guerra finita ila anni. Alessandro Baricco
Persone citate: Mario Fazio, Strehler, Thor Heyerdhal
Luoghi citati: Perù
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