Enimont, processo ai grandi assenti di Giovanni Cerruti

«Contumaci» Craxi, Forlani, Martelli, De Michelis, Bossi, La Malfa, Altissimo e Pomicino «Contumaci» Craxi, Forlani, Martelli, De Michelis, Bossi, La Malfa, Altissimo e Pomicino Enimont, processo ai grandi assenti Una pioggia di certificati medici vo ma che proprio non compare. Contumace, infine, Bettino Craxi. Lo «stato di salute» dell'ex segretario psi è la prima questione di rilievo, alla prima udienza del processo Enimont. «Chiedo il differimento del processo per legittimo impedimento; l'onorevole Craxi non può muoversi dal letto». Dice così il giovane avvocato Salvatore Lo Giudice, figlio di Enzo: c'è solo lui come legale di Craxi. Presenta due certificati: uno è del dottor Boukhris, il medico tunisino diventato ormai famoso nelle aule del tribunale milanese (suoi infatti tutti i certificati presentati finora da Craxi agli altri processi e alle udienze preliminari); l'altro del professore italiano Luigi Colombo. Ed è su quest'ultimo che Antonio Di Pietro si baserà per affermare che non esiste affatto il «legittimo impedimento». Stessa opinione del tribunale. Anzi: Di Pietro era stato più possibilista affermando che si poteva anche predisporre una visita fiscale, giusto per essere più sicuri. «Appare del tutto superflua», scandisce l'ordinanza dei giudici. Stessa cosa avviene sulla questione delle riprese televisive: alcuni avvocati si dicono contrari, sostengono che ciò che viene mostrato alla tv «può stravolgere il senso del processo davanti all'opinione pubblica». Il presidente Romeo Simi De Burgis, i due giudici a latere Salvatore Cappelleri e Marisella Gatti (viso dolce e grazioso ma assicurano - preparazione di ferro) sono di tutt'altro avviso. Non solo autorizzano le telecamere ma, al contrario di quello che aveva chiesto lo stesso Di Pietro, pure i fotografi. Nessun punto per la difesa, ieri. Neppure sulla questione di un rinvio, per avere il tempo di esaminare l'amplissima documentazione del pubblico ministero. «Ottantacinque faldoni», puntualizza Di Pietro a un avvocato distratto che ne aveva contati «solo» cinquantuno. E si inalbera, il pubblico ministero, davanti a chi sostiene di averne avuto l'elenco un venerdì e di essere stato in difficoltà perché doveva dare una risposta il lunedì successivo «e, come si sa, il sabato gli uffici sono chiusi». «Noi lavoriamo tutti i sabati, e anche la domenica, e anche la notte se è necessario», ribatte seccato. Dunque nessun rinvio, dunque si va avanti. Ma, com'era previsto, tutta l'udienza va via nella serie di eccezioni preliminari. I legali di Forlani e Vizzini sostengono che i reati imputati ai loro assistiti sono stati compiuti a Roma, e dunque è lì che andrebbe spostato il processo; l'avvocato di Garofano si oppo- ne alla costituzione di parte civile della Montedison. E ancora eccezioni di nullità su alcuni atti, sulle notifiche... Solo oggi gli avvocati termineranno di presentare istanze. Poi risponderà Antonio Di Pietro e Bettino Craxi: un match a distanza tra il simbolo di Mani pulite e l'ex leader socialista in esilio a Hammamet. Al centro, Molière, autore del «Malato immaginario» richiamato nell'intervento del pm Giuseppe Garofano, ex presidente Montedison, tra i pochi imputati ieri in aula il pm e deciderà il tribunale. Salvo intoppi, il processo «vero» comincerà la prossima settimana. Susanna che fu, alla prima udienza il processo «contro Altissimo Renato + 31», è iniziato proprio come il processo Cusani. Con la sfilata di cinque carrelli pieni di fascicoli dell'accusa, l'arrivo del pool in parata d'onore: Di Pietro, Colombo, Greco e il procuratore capo Borrelli che dichiara: «Nei momenti simbolici ci sono anch'io». Come al processo Cusani era prevista la tv giapponese, che non s'è vista. Come al processo Cusani una cronista ha commentato ad alta voce: «Sembra la prima della Scala», e l'agenzia Asca ha subito rilanciato: «Il clima è quello concitato da prima della Scala al maxiprocesso Enimont che sta per prendere il via». E invece, quasi al momento del via, il presidente De Burgis era in aula incuriosito e divertito. Ad aspettar Di Pietro, a guardare i principi del foro che si salutano (vedi prima della Scala) e a dedicarsi all'ultima Murarti in pace: fumata tutta da vizioso, senza mai far cadere la cenere: «Avete visto? Vuol dire che ho la mano ben ferma, no?». E da quel che promette De Burgis avrà mano ferma anche nel processo, anche con Di Pietro e le sue irruenze. Troppo diverso dal distaccat o Tarantola del processo Cu sani. Forse potrà apparire eccentrico: il cancelliere lo chiama «il mio ausiliario», il maresciallo «caposervizio», in aula son tutti «Signori». Tutt'altro che schivo e senza problemi di cuore, almeno lui: «Appena c'è la pausa ci fumiamo una bella sigarettina...». Giovanni Cerruti Marzolla

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