Quando Cavour allevava i montoni di Maurizio Lupo

Oggi all'Unione Industriale l'opera di Pierluigi Bassignana che documenta un'epoca dal 1740 al 1911 Oggi all'Unione Industriale l'opera di Pierluigi Bassignana che documenta un'epoca dal 1740 al 1911 Quando Cavour allevava i montoni Un 'anagrafe dei vecchi imprenditori piemontesi Camillo Benso conte di Cavour faceva affari allevando pecore e montoni di razza «Dishley»; il futuro fondatore dei Bersaglieri, il generale Alessandro La Marmora, aveva una fonderia di statue di rame e i Faà di Bruno, parenti del beato, brevettavano una «zappa a cavallo». Accadeva 160 anni fa, sotto Re Carlo Alberto, quando Torino era famosa da oltre un secolo per le sue sete, lane e telerie e per le fabbriche di strumenti musicali e di precisione, tradizioni ormai perse. L'unico Agnelli in commercio in città non era parente dell'attuale Avvocato, ma era il socio di un tal Pelisseri. Insieme producevano dal 1831 zucchero e pani raffinati a Carignano. Anche l'officina meccanica «Fratelli Diatto», impresa destinata a confluire nella Fiat, con «70 addetti» produceva allora solo «ruote da cocchio» e «carrettoni». A riscoprire una Torino che non ha quasi più memoria di un simile passato industriale è un'opera curata da Pierluigi Bassignana e pubblicata da Umberto Allemandi. S'intitola Impren- ditori piemontesi. Sarà presentata oggi alle 17 all'Unione Industriali, in via Fanti 17. E' preceduta da tre saggi di Umberto Levra, Pier Luigi Bassignana, Vittorio Marchis e Bruno Cerrato, ma non è un libro. E' «un repertorio», un elenco di circa 7 mila imprenditori del Piemonte dal 1740 al 1911, «protagonisti e figure anonime» quasi un albero genealogico dell'imprenditoria subalpina, nella fase di passaggio dalla protoindustria alla rivoluzione industriale. Sono stati censiti in tre anni, valendosi del prestigioso «Archivio storico» Amma, 1'((Associazione metalmeccanici e Metallurgici e Affini» presieduta da Francesco De Valle. Perché? «Per ricostruire la mappa dell'imprenditorialità torinese dei secoli scorsi. Per capire quali erano i ceti produttivi, le capacità tecnologiche e brevettuali presenti in città e in Piemonte. Dati preziosi, per comprendere come si è evoluta la vocazione industriale odierna», spiega Bassignana. I ricercatori hanno consultato più fonti: dalle prime ri- viste specializzate ai cataloghi delle mostre e fiere nazionali e internazionali. «E' un lavoro in progresso - nota Francesco de Valle - che proseguirà fino a formare un repertorio il più possibile completo». L'indagine ha già rilevato alcune curiosità. Dalle identità dei primi produttori settecenteschi di sete torinesi «Barai» e «Bojon», alla dislocazione delle imprese meccaniche del secolo scorso, insediatesi per lo più a Nord della città. Soprattutto per sfruttare le acque della Dora e dei torrenti e canali suoi tributari. «Da noi la macchina a vapore ebbe poca fortuna» ricorda Bassignana. «Nelle imprese preferivano le ruote idrauliche. Anche chi all'avvio dell'azienda acquistava una macchina a vapore, la sostituiva appena possibile con una idraulica». I poli industriali subalpini di metà Ottocento erano al servizio di uno stato militare. «Gli stru- menti scientifici e di misura trovano in Torino i loro baricentro» ricorda Vittorio Marchis. La città era rinomata per i suoi cannocchiali, telemetri, bussole, compassi. L'industria metallurgica aveva sedi produttive a Balme, Bussoleno, Cuorgnè, Mongrando, Pot-Bozet, Pont Canavese e Susa. L'arte vetraria era concentrata negli opifici del sud Piemonte e nella Valle Tanaro. Maurizio Lupo Cavour (foto sopra) faceva affari con gli ovini di razza «Dishley» A sin., cartolina ottocentesca con il gen. La Marmora al centro

Luoghi citati: Balme, Bussoleno, Carignano, Cuorgnè, Mongrando, Piemonte, Torino