A lezione da Rocco di Oreste Del Buono
A lezione da Rocco A lezione da Rocco ERTO che Brera sarà contento...», ha detto Agroppi allo speciale mondiale di Raiuno di lunedì. «Giocano tutti come diceva lui, squadra corta e velocità. Giocano all'italiana...», «Giocano tutti all'italiana, tranne l'Italia...», ha ribattuto il suo interlocutore La Sorsa, senza perdere l'aplomb, con un sorrisino dolente. E hanno indugiato un po' sull'argomento. Perché è veramente un fatto. Ma questo è accaduto intorno alle 14 di lunedì. Nella notte tra la domenica e lunedì, Raitre mi aveva regalato una preziosa scheggia di calcio vero, in stupendo bianco e nero. Una visita di Brera con Mina e altri a casa Rocco. Poi l'isolamento dei due a un tavolo irto di nere bottiglie, a ciacolare sulla nascita del vero calcio italiano. Brera era abbastanza giovane, Rocco esibiva la maschera da condottiero, sempre tentato dalla bontà e dalla cosa più grande e importante della bontà, l'allegria che fa bene a tutti. Brera ha rievocato la carriera del triestino Rocco prima nella Triestina di Blason, poi nel Treviso. Infine nel Padova. Rocco confermava. Parlava di Blason e di Scagnellato, gente tosta che non aveva paura di nessuno, che vinceva, ma non era approvata abbastanza, perché non giocava il doppio W. Ma d'improvviso, questa gente tosta, interveniva Rocco, scopriva che c'era uno che scriveva sulla Rosea e pareva capir tutto quello che facevano loro. Il miracolo del Padova resta una leggenda, la leggenda l'ha creata a tutti gli effetti il giornalista Brera, che, in realtà, è stato un grande scrittore, e in pratica, ha inventato il mondo del calcio contemporaneo, Rocco compreso, HH compreso, Rombo di Tuono compreso, Facchetti compreso e tutti gli abatini, compreso l'aspirante priore Rivera che, comunque, aveva com com Rive più carattere degli attuali nostri prodi messi insieme. La scheggia di Raitre mi ha fatto vedere il grande creatore a colloquio con le sue creature più care e importanti che si riconosceva nel ruolo, nella parte gloriosa assegnatagli, e interpretata alla perfezione. Ma c'era qualche altra cosa nella scheggia di Raitre che mi ha colpito. Il modo con cui il creatore e le sue creature parlavano della solidità del Padova, della forza di una squadra molto muscolare e aggressiva. Straordinariamente aggressiva anche e soprattutto nella difesa. Una difesa che vinceva la battaglia prima dell'attacco. Era inevitabile il confronto con l'odierna Italia tutta problemi psicologici a partire dal et che, quando rotea gli occhi, mi stravolge la giornata, mi suggeriva imperiosamente quello che non va. Certo, possiamo farcela, come no? Potremmo farcela con tutti, siamo i migliori, ma non ci saremmo lo stesso. Siamo fuori dalla nostra storia calcistica, abbiamo perduto l'identità. Nel parlare degli omoni della Nigeria, il et e chi sciaguratamente lo ascolta e lo riporta paiono parlare come i denigratori del Padova di Rocco. Omoni, orchi, panzer, già allora, che primeggiavano nelle corse e nelle rincorse, che non si buttavano a terra, anche se colpiti, che rispettavano il loro impegno e, soprattutto, il loro divertimento. Oreste del Buono
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