Le aquile pronte a ghermirci di Marco Ansaldo

le aquile pronte a ghermirà le aquile pronte a ghermirà Lontani i tempi di stregoni e folklore BOSTON DAL NOSTRO INVIATO «My God». Mio Dio. Il signor Agostino Gabriele non aveva ancora posato le valigie davanti alla reception dell'albergo che si era accorto di aver commesso un errore imbarazzante: per trascorrere con la famiglia la notte prima di Italia-Nigeria aveva scelto proprio il ritiro degli africani. E adesso stava lì, con i figli, il genero e gli amici insciarpati d'azzurro, stava lì con il mantello tricolore annodato alle spalle come lo porta Superman, e facce scure lo guardavano con malagrazia. I Gabriele, ristoratori palermitani di Louisville, Kentucky, sono diventati per una notte gli incursori nel campo del nemico inavvicinabile dai giornalisti, che con i loro badge rossi al collo si riconoscono a cento metri di distanza. «Per cortesia, sarebbe gradito se restaste fuori», ci aveva appena comunicato un i impiegato dell'albergo dall'aria contrita. «Ce l'hanno chiesto loro, i nigeriani, l'allenatore non vuole spie», aveva aggiunto, perché là dove c'è una dittatura è incomprensibile che qualcuno vada in giro per il mondo a raccontare le cose senza fare lo spione. Avevamo accettato pensando che in fonJo neppure al ritiro dell'Italia ti lasciano entrare. Ma ecco apparire gli incursori di Louisville, con il berrettino e la scritta Italia, e le magliette con lo stemma della Repubblica, ma enorme, mica come il bollino che sta sulle targhe delle nostre auto. «Offrivo un milione per un biglietto per la partita con l'Eire e non l'ho trovato - raccontava intanto il signor Gabriele -. Ora ce li regalano. Forse la gente non vuole più spendere per vedere l'Italia, ma noi i duemila chilometri li abbiamo fatti lo stesso e pensiamo di vincere. Che dice, se stasera si facesse un po' di casino e questi nigeriani non li facessimo dormire?». Potenza del dollaro. Chi paga apre persino le porte dei bunker e nessuno lo sbatte via. Al massimo sopporta occhiate di fastidio. L'eco delle dichiarazioni del Matarrese nigeriano, Omeruah, quello per cui l'Italia è conosciuta nel mondo per la mafia, è rimbalzata al punto di origine. Ci sono state smentite ufficiali e ammissioni ufficiose. «Quando n,ei in mezzo al lago e non sai nuotare ti aggrappi anche alla barca del nemico - diceva un dirigente federale -. Così i grandi uomini quando capiscono di aver detto cose che possono creare grossi problemi preferiscono negare di averle dette e salvare la situazione». Insomma la gaffe resta e in qualche modo pesa nei rapporti del prepartita, anche se tra i giocatori nigeriani non c'è l'idea di andare alla guerra, come vorrebbe Westerhof, l'allenatore olandese. Per loro è un'avventura, una straordinaria avventura che affrontano per la prima volta sentendosi forti e liberati dall'immagine degli africani impreparati al grande evento. Cento milioni di abitanti, 21 mila calciatori tesserati, centinaia di migliaia di ragazzini atleticamente perfetti che giocano per le strade come da noi trent'anni fa: le cifre testimoniano che da un serbatoio di quel tipo si può ricavare una bella squadra che abbia in sé quanto forse manca ormai ai nostri calciatori, la paura della fame. I nigeriani hanno acquisito l'esperienza all'estero e si sentono tanto più sicuri di quei parenti lontani dello Zaire che vent'anni fa andarono in Germania e presero nove gol dalla Jugoslavia. Certamente hanno perso colore e folklore: ricordiamo una Coppa d'Africa a Dakar dove gli stregoni assistevano le squadre come da noi gli psicologi e c'erano i giocatori che bevevano intrugli portentosi e orinavano in campo come fanno i leoni per marcare il proprio territorio. La mattina del giorno della finale gli ivoriani e i ghaniani facevano colazione allo stesso tavolo, tirandosi le molliche di riso. Sono passati soltanto due anni e non abbiamo ritrovato nulla di tutto questo nella vigilia nigeriana. Anche se gli incursori di Louisville avranno provato a far casino, perché dovremmo stupirci se la Nigeria si sente pronta per battere l'Italia? Marco Ansaldo Nella foto Uche Okechukwu, che il et Westerhof ha scelto per la difesa a quattro della Nigeria. Il calciatore gioca in una squadra turca, il Fenerbahce

Persone citate: Agostino Gabriele, Matarrese, Uche, Westerhof