Veloce non sempre è bello, disabile è sempre discriminato di Paolo Frajese

Veloce non sempre è bello, disabile è sempre discriminato LETTERE AL GIORNALE Veloce non sempre è bello, disabile è sempre discriminato I treni della Val Susa Vorrei esprimere qualche considerazione, quale cittadino oltre che pubblico amministratore di un Comune della Valle di Susa, in merito alla linea ferroviaria ad Alta Velocità la cui realizzazione viene ormai data per scontata. E' inaccettabile che decisioni di tale portata vengano prese senza nemmeno consultare i più diretti interessati, cioè gli abitanti dei territori attraversati. Le popolazioni locali rappresentate dai Comuni e dalle Comunità Montane hanno diritto di esprimere la loro opinione anche in merito alle scelte di carattere più generale, quali l'opportunità o meno di realizzare l'opera stessa. Oltre all'inevitabile danno ambientale che la valle dovrà subire e che sembra non interessare i fautori del progetto, pare estremamente difficile dimostrare i benefici di carattere economico che dovrebbero derivare alla nostra regione; una oggettiva valutazione in termini di costi-benefici dovrebbe tener conto di altre soluzioni quali, ad esempio, il potenziamento e miglioramen- I lo della linea esistente con un : intervento meno devastante e tale da permettere la fruizione ; dell'infrastruttura anche da parte dell'economia locale. In un'area densamente popolata e morfologicamente configurata come la nostra, la linea ad Alta Velocità o viene I realizzata in modo assolutamente indolore o non la si realizza affatto cosi come è avvenuto nella regione del Kent in Inghilterra, nella seconda ipotesi non accadrebbe nulla di grave se su un tratto di ferrovia i treni fossero costretti a viaggiare ad una velocità ridotta ma comunque superiore a quella attuale. Renato Teghille Sant'Ambrogio di Torino Olimpiadi disastrose Sono un iscritto alla Fisd (Federazione italiana sport disabili), membro del Coni che per statuto organizza attività sportive per disabili ciechi, sordi e fisici e mentali. Scrivo dopo la manifestazione che si è tenuta a Milano dal 15 al 19 giugno, perché ho dovuto far sbollire la rabbia per quanto ho potuto vedere di persona ai Giochi nazionali special olympics tenuti presso il Centro sportivo «Saini», affidati al G.S. Anffas di Milano. Dopo aver enfatizzato l'avvenimento, quasi a margine si parla di un'epidemia di dissenteria tra gli atleti. E' successo anche per accompagnatori e allenatori. A questo si sono aggiunti anche casi di broncopolmonite e collassi non denunciati, poiché gli atleti sono stati fatti gareggiare in acqua fredda e lasciati all'aperto per tempi esagerati a causa della cattiva organizzazione tecnica. Stessa storia per l'atletica con tutte le conseguenze del caso verso atleti formidabili e delicatissimi sotto l'aspetto sanitario. Questi hanno dovuto attendere più di un'ora per ricevere la medaglia. In più l'alimentazione estremamente inadeguata (4 giorni a panini e la sera solo un primo piatto e un contorno). I trasporti tra il Residence Ripamonti e il C.S. Saini erano effettuati all'80% dall'Atm che impegnava circa tre quarti d'ora per i collegamenti effettuabili, vista l'enorme presenza (circa 2300 persone! per un massimo di 2 volte al giorno (doppio la mattina e doppio la sera), con tutti i disagi impliciti. Alcuni esponenti importanti della Fisd, tra cui un consigliere di settore e un presidente di società e allenatore, sono stati deferiti al Consiglio di disciplina federale. Per tutelarsi dall'arroganza dei dirigenti, dopo aver chiesto l'autorizzazione a procedere alla magistratura ordinaria alla Federazione, se la sono vista respingere e quindi sono stati costretti a rimettere la tessera di appartenenza. Un atleta si è rifiutato di scendere in acqua per una gara che lo vedeva prepararsi da un anno, poiché il «suo» allenatore in seguito alla remissione della tessera non poteva essere presente sul bordo vasca. Pensate se fosse successo ad un atleta qualsiasi normodotato! ! (Vedi il caso Bevilacqua!). Il danno arrecato a livello j psicologico a questo atleta è I enorme! Ma per capirlo ci vor- rebbero persone che avessero una grande esperienza diretta. Cosa che non succede poiché a gestire tutte queste difficoltà sono chiamati «personaggi» che non si sa a quale esperienza facciano riferimento. Durante lo svolgimento della manifestazione è stata indetta inoltre una riunione in¬ formale per parlare dei problemi della manifestazione: la ex consigliera e l'ex presidente, ai quali ho fatto compagnia per solidarietà e identità di vedute, sono stati tenuti fuori dalla porta chiusa a chiave dall'interno come se invece di operatori fossero dei malfattori. Cosa non dovevano udire di quella riunione? Enzo Giorgetti, Roma Frajese, un Palio goduto in famiglia Quello del giornalista è un bellissimo mestiere, troppo spesso condizionato dalla fretta. Fretta che ti aiuta a sbagliare: chissà quanti errori ho fatto io nei miei trenta anni di Telegiornale, e senza avere la possibilità di rimediare. La cortesia degli amici de La Stampa mi consente questa volta di rimediare a un errore non mio, ma che mi riguarda da vicino e soprattutto riguarda il mio rapporto con una città che amo, Siena. «Io, orfano della corsa», è il titolo di un articolo apparso su La Stampa di domenica, e il sottotitolo spiega: «Frajese: tradito dalla città». Tutto sbagliato. Ed è buffo che questo sia successo proprio quando tornato in ferie da Parigi, dove sono il corrispondente della Rai - sono riuscito per la prima volta in venti anni a vivere il Palio come avevo sempre desiderato, cioè senza dover fare la telecronaca e senza quindi dover calare una maschera di professionalità a nascondere la passione. Quella che prende chi - anche se non senese - abbia la fortuna di avvicinarsi al Palio e di «carpirne» il senso. Allora: io non ho mai detto di sentirmi «orfano della corsa», come il virgolettato del titolo potrebbe far supporre, né mi sono mai sentito «tradito dalla città». Non orfano e non tradito, perché il Palio ho potuto finalmente «goderlo» insieme con la mia famiglia, come dicevo senza dover soffocare dei sentimenti quasi contradaioli, quei sentimenti che mi fanno oggi quasi senese. Forse chi ha fatto quel titolo ha interpretato il tono di chi ha cercato di farmi dire - ma non l'ho detto perché non potevo dirlo, non era vero - che mi addolorava non essere in piazza del Campo a fare la telecronaca, ad essere «protagonista», come ha scritto. Io faccio il giornalista, non il protagonista: e proprio perché sono un giornalista che conosce la «prepotenza» del mezzo televisivo, e conosce - ed ama il Palio, già a settembre scorso avevo scritto sul Carroccio, un bel giornale di Siena, se non fosse arrivato il momento per la televisione nazionale di lasciare per qualche anno il Palio, per spezzare la pericolosa «sovraesposizione» che in qualche modo rischiava di snaturarlo. E partendo per Parigi sapevo di aver detto basta alle telecronache da Piazza del Campo. Ben venga quindi la scelta del comune di Siena di gestire in proprio le riprese televisive, se servirà a restituire ai senesi tutta intera la loro Festa: padrona però la Rai di non mandarle in onda e di non accettare clausole capestro tra l'altro lesive della professionalità dei suoi giornalisti. In conclusione, e chiedendo scusa ai lettori per aver abusato della loro pazienza: niente piagnistei, ho vissuto un bel Palio insieme con la mia famiglia e con i miei amici senesi. Ed ho lasciato Siena con le stesse sensazioni di tutte le altre volte che sono partito. Il rammarico di lasciare la sua dimensione di vita, una dimensione che ha il respiro della civiltà e della storia. Microfoni e telecamere non c'entrano: e non credo che interessino i lettori. Paolo Frajese

Persone citate: Bevilacqua, Enzo Giorgetti, Frajese, Renato Teghille, Ripamonti, Saini