La Spoon River delle beffe

In un paese della Romania incise su 600 lapidi caricature e frasi dei defunti. L'Onu: è un'opera d'arte In un paese della Romania incise su 600 lapidi caricature e frasi dei defunti. L'Onu: è un'opera d'arte La Spoon Rìver delle beffe Viaggio nel cimitero dei morti burloni ; ;S, ;; SEPOLTI CON UNA RISATA CSAPINTA OME ultima frecciata, questa non era male: «Nella mia vita mi sono piaciuti molti uomini. Adoravo bere e spassarmela con bei tipi al mio fianco. Ma tu, Darvai, marito mio, finché vivi dovrai pensare soltanto a me, perché una moglie così non la troverai mai più». Così sta scritto sulla tomba della buontempona del villaggio, che si trova accanto alla tomba del macellaio: «Ho macellato molti maiali e mangiato molta carne - dice il suo epitaffio -. Forse è stata la carne a uccidermi. Mi sarebbe piaciuto invecchiare, invece la morte mi ha messo sotto terra a 43 anni». Vicino, c'è il barista. «Nella mia vita ho avuto due mogli. Una era la mia amante, l'altra la mia cameriera. Come barista, ho sempre servito grandi bicchieri colmi fino all'orlo. Ti lascio con un boccale di birra e ti dico addio». Vicino, il taglialegna: «Ero ubriaco e camminando nei boschi ho avuto un incidente. I tronchi mi sono caduti in testa. Tu che ancora vivi, sii prudente e non fare come me». Tutti sono sepolti nell'«allegro cimitero» di Sapinta, in Romania. In questo paese, dove la vita quotidiana sopra la terra è grigia come un vecchio documentario comunista, i cari estinti hanno veramente l'ultima parola, e spesso l'ultima risata. Circa seicento croci di legno, sulle quali affiorano tracce di blu, rosso e giallo, mostrano le caricature incise dei defunti, accompagnate da qualche verso scritto in prima persona, nello sboccato dialetto paesano. Si dice che perfino l'antico dittatore Nicolae Ceausescu abbia riso sotto i baffi, quando gli capitò di visitare il cimitero di Sapinta. «Sono molto impressionato dall'abilità artistica» scarabocchiò sul libro degli ospiti. Sapinta ò uno sventurato villaggio di cinquemila anime ripiegato sulle ondulate colline del Nord della Romania, a un tiro di schioppo dal confine con l'Ucraina. La gente è povera: fra tutti, possiedono appena cinque trattori. E non c'è neppure un gabinetto al coperto. Ma è gente laboriosa: quasi tutte le case sbandierano nel cortile bellissimi tappeti di lana tessuti a mano, in cerca di un compratore. Sono anche battaglieri: due anni fa, quando nell'amministrazione comunale subentrò un sindaco neo comunista, per protesta bloccarono le strade e guardarono dritto negli occhi i soldati costringendoli ad abbassare lo sguardo per primi. «Indipendenti. Cocciuti» li descrive Grigore Lutai, il prete della Chiesa ortodossa, intorno alla quale c'è il cimitero. «Vogliono sempre fare quello che gli altri non fanno». Nel 1932, ad esempio, Stan Ion Patras cominciò a incidere le croci, con le caricature e i versi, per la semplice ragione che, a quanto gli risultava, nessun altro lo faceva. Oggi il cimitero è considerato dalle Nazioni Unite un monumento culturale. Oltre il portale di legno, con i polli e le anatre che caracollano fra le tombe, il mondo di qua incontra quello dell'aldilà. E spesso s'imbatte nei brutti poi stumi di una sbornia. «Da quando mia moglie mi ha lasciato, mi sono rifugiato in un caffè di quart'ordine - racconta Stefan Gheorghei, ritratto seduto a un tavolo con un bicchiere in mano -. Bevevo ed ero felice con i miei amici. Tu che sei ancora vivo, sii felice come lo sono stato io, goditi la vita come ho fatto io». Dumitru Holdis invece ha tutt'altra storia: «La grappa è puro veleno che porta dolore e lacrime. Venne la morte e mi calpestò. Capiterà anche a te che ami i grappini come me». Patras, che spesso veniva pagato con un brandy, preferiva che fossero le persone stesse a comporre il loro epitaffio prima di finire nella tomba. Se qualcuno non ne aveva avuto il tempo, rimediava consultando i parenti. E dal momento che quasi tutti gli abitanti di Sapinta erano analfabeti, si concedeva qualche licenza poetica. «Nessuno dei parenti sarebbe mai venuto a lamentarsi, perché non erano in grado di leggere quello che aveva scritto» racconta Dumitru Pop, l'artista attualmente in carica dopo la morte di Patras, nel '77. «Ora quasi tutti sanno leggere, ma io sono sincero. Intaglio quello che vedo». E in questa parte del mondo, accadono strane cose. Ecco che cosa raccontano i morti: «Giaccio qui senza la mia testa - dice Ian Sibiu -. Ero un semplice pastore. Arrivò un ungherese cattivo, mi sparò in testa e la segò via dal corpo. Sia condannato per l'eternità». «Sia maledetto quel taxi che arrivava da Sibiu - dice Marie Turda -. In tutta la Romania, non è riuscito a trovare un altro posto per parcheggiare se non il pezzetto di strada davanti a casa nostra, dove mi ha travolta». «Ero nel mio letto quando sono stato colpito da un fulmine racconta Grigore Tite -. Mia madre fu schiantata dal dolore. Aveva un unico figlio, finito sotto terra così giovane. Oh, morte infida!». Ci sono anche i comunisti dell'era Ceausescu: loro lodano il partito e acclamano la falce e il martello. Poi, a partire dalla rivoluzione del 1989, sono comparse le croci che commentano la vita in carcere dei prigionieri politici. Ma la maggior parte delle chiacchiere tombali è piena di amori e rimpianti. «Amavo i cavalli e le donne. Amavo sedermi a tavola per cena con le donne degli altri uomini. Mi spiace tanto essere morto così giovane» si lamenta uno. «Al villaggio, quand'ero ragazzo, amavo danzare al suono del violino. Ma dopo che mi sono sposato, mia moglie non mi ha più lasciato. E sono morto nel dispiacere» piange un altro. Qualcuno apostrofa i suoi figli. «Ricordatevi, vi ho cresciuti e ho fatto tutto per voi». Un altro continua a spadroneggiare con la sua sposa: «Ehi, moglie, adesso vieni qua e portami il pranzo». E un terzo parla al suo gregge: «Venite qua, pecorelle, venite qua. Voi amate la vita, non come me, poveretto me. Perché io ho dovuto lasciarvi». Oggi, a Sapinta, il tetto della chiesa perde, quando piove. I colori sulle vecchie croci del cimitero stanno sbiadendo. Le vernici nuove costano e sono rare. Il denaro è poco. Eppure gli abitanti badano come sempre ai campi e ai telai, continuano a bere e cantare, compongono il loro epitaffio e s'immaginano sotto terra, con la croce di legno piantata in testa. «Ho detto ai miei parrocchiani: è vostro dovere morale essere sepolti in questo cimitero e far fare una croce quando morite per continuare la tradizione dice padre Lutai -. Per i più poveri, paga la chiesa, racimoliamo in qualche modo i soldi per la vernice e il legno. Dobbiamo farlo. Questo cimitero è la memoria delle nostre vite». Dumitru Bodnar, che ha sessantacinque anni e fa il meccanico di trattori, pensava di essere arrivato alla fine dei suoi giorni quando, nel '92, i soldati circondarono la città e lo trascinarono via da una protesta anti-comunista. E allora, già nelle grinfie dei soldati, scrisse le sue disposizioni per il messaggio immortale: «Il ritratto dovrà mostrarmi in sella a un trattore, una chiave inglese in una mano e un martello nell'altra. E io dirò per l'eternità: "Qui giace Dumitru Bodnar. Ero un meccanico. Ho sempre lavorato sodo. Per tutta la vita ho odiato i comunisti. E amato i grappini. Bevine uno in onor mio"». Roger Thurow Copyright «The Wall Street Journal» e per l'Itala «La Stampa» «Nella mia vita mi sono piaciuti molti uomini, adoravo bere e spassarmela con bei tipi al mio fianco. Ma tu, marito mio, finché l'ivi dovrai pensare soltanto a me» «Amavo i cavalli e le donne. Amavo sedermi a tavola per cenare con le donne degli altri uomini. Mi spiace tanto essere morto così giovane» «Ho macellato molti maiali e mangiato molta carne. Forse è stata la carne a uccidermi» «Ero un meccanico. Per tutta la vita ho odiato i comunisti. E amato i grappini. Bevine uno in onor mio» L'ex dittatore romeno Ceausescu

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