E Mani pulite perde il gip Ghiffi

E Mani pulite perde il gip ©biffi E Mani pulite perde il gip ©biffi Promosso a pieni voti al Csm, ora lascerà il pool MILANO. Tre settimane ancora, al lavoro nel suo ufficio da giudice delle indagini preliminari al settimo piano del tribunale di Milano. Poi, a fine luglio, l'addio ai colleghi, ai giudici con i quali ha condiviso due anni di Mani pulite, decine e decine di indagini, interrogatori, quasi 600 arresti firmati do po quella prima volta ormai passata alla storia delle tangenti: l'arresto di Mario Chiesa, il primo di tanti. Tutto secondo copione. Italo Ghitti, il gip di Mani pulite, il gip più famoso d'Italia, se ne va al Csm. Si era candidato a fine aprile per la corrente di Unità per la Costituzione dopo qualche perplessità e dopo aver interpellato Antonio Di Pietro («Gli ho detto d'andare per difendere l'autonomia dei giudici», aveva poi ammesso il pubblico ministero) e tutti gli altri colleghi del pool. E ieri, aperte le urne, puntuale il suo nome è stato quello più votato a Milano, 247 voti contro i 221 di Claudio Castelli, sostituto procuratore presso la pretura che correva per Magi¬ stratura democratica. Insieme con lui, a Palazzo dei Marescialli, sono stati eletti dai magistrati altri giudici, pochi famosi come Ghitti presso il grande pubblico: Gioachino Izzo, Antonio Frasso, Marcello Matura, Manuela Romei Pasetti, Fausto Zuccarelli, Antonio Mura (giudice a latere nel processo Pacciani, il presunto «mostro» di Firenze), Marco Pivetti, Vittorio Teresi, Carlo Macrì, Gaetano Fiduccia, Francesco Siena, Francesco Paolo Fiore e il procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale di Torino, Vladimiro Zagrebelsky. Se ne va, come sempre in punta di piedi. Schivo, sorridente quanto basta, il bresciano Ghitti (nato 47 anni fa a Borno, paesino della Val Camonica) protagonista lo è stato nei fatti, con le sue firme sui mandati d'arresto, con la sua presenza assidua agli interrogatori di decine e decine di pulitici, manager, portaborse: mezzo universo di Tangentopoli è sfilato davanti a quell'omino piccolo e calvo, davanti ai suoi occhiali. Quando confermò la decisione di candidarsi al Csm, a fine aprile, poche settimane dopo la vittoria di Forza Italia e di Silvio Berlusconi, erano giorni di fuoco per il pool: correva il nome di Di Pietro c^me possibili.' nuovo ministro dell'Interno e qualcuno dava per scontato che per l'inchiesta era questione di settimane, forse di qualche mese, poi fine. Insomma, giorni di calda polemica. E lui, con quella sua decisione di tentare l'elezione al Csm: già, disse qualcuno, Ghitti se ne va perché ha capito che ormai è tempo di mollare. Vero? Falso. E basta rileggere la risposta data in quegli ultimi giorni d'aprile: «Oggi è importante difendere e garantire l'indipendenza della magistratura, ho rillettuto sul ruolo del Csrn nell'immediato futuro e ho pensato che arriva un momento in cui bisogna fare delle scelte, lì dove c'è più bisogno». Per ora, per qualche settimana ancora, c'è bisogno di lui a palazzo. Va in scena il processo Enimont con Di Pietro di nuovo star, di nuovo protagonista, carattere diverso, quasi opposto a quello di Ghitti. Per il gip ci sarà altro da fare per chiudere alcune inchieste prelimmari prima di far le valigie per Roma. Poi toccherà al presidente dei gip Mario Landini sostituirlo, decidendo un successore che sia in grado di garantire al massimo la continuità. Ma certo non sarà compito facile sostituire l'ex alpino Ghitti che sui giornali ha fatto scandalo solo una volta, quando partecipò, due anni fa, a una cena appunto di ex alpini seduto a fianco del bresciano Martinazzoli. Già, quanto tempo è passato... Armando Zeni Di Pietro d'accordo «Gli ho detto di andare a Roma per difendere l'autonomia dei giudici» 1 Italo Ghitti il gip dell'inchiesta Mani pulite A sinistra il procuratore Vladimiro Zagrebelsky

Luoghi citati: Borno, Firenze, Italia, Milano, Roma, Torino