Rossi e un mondo di morti di Masolino D'amico
Successo di «Jubilaeum» del regista Tabori ad Astiteatro Successo di «Jubilaeum» del regista Tabori ad Astiteatro Rossi e un mondo di morti Prologo del comico, bravo Ponzoni ASTI. Del prolifico drammaturgo, romanziere, sceneggiatore cinematografico, regista, George Tabori (nato a Budapest nel 1914) si ascoltò un paio di anni fa al Mittelfest di Cividale, in un allestimento austriaco, «Mein Kampf», farsa grottesca postbrechtiana sugli esordi del Fuehrer, presentato come un giovane e imbranato imbrattatele che viene aiutato e protetto da un vecchio israelita. «Jubilaeum», tradotto come «Cinquantenario» (versione di Jorn Scimeli), fu scritto e rappresentato per la prima volta nel 1983, mezzo secolo dopo la presa del potere da parte di .*itler. Per qualche verso può richiamare «Spoon River»: ci troviamo infatti in un piccolo cimitero di provincia, stavolta contenente ebrei vittime del nazismo, e i defunti a turno e insieme parlano di sé e delle loro vicende. Questo avviene mescolando passato e presente («ogni vita ha un inizio, un centro e una fine, anche se non necessariamente in quest'ordine», dice il presentatore: prima di lui lo aveva detto Jean-Luis Godard in una famosa intervista, con «storia» al posto di «vita»). Così per esempio il giovane neonazista che con lo spray scrive sgrammaticati slogan antisemiti sulle tombe è anche l'autore delle telefonate minatorie al musicista Arnold, che cerca di minimizzarle. Passato e presente (nel mondo dei morti) si mescolano, ancora, quando il parrucchiere Otto frizionando lo scalpo della signora Stern, trapassata da molti decenni, le parla del giovane Helmut, suo partner omosessuale, che un Professore incaricato di «rieducarlo» (e interpretato dallo stesso Otto) spinse al suicidio. Più avanti gli stessi morti insce¬ nano un processo-farsa contro i responsabili di un lager che nell'imminenza dell'arrivo degli alleati impiccarono i bambini-cavia su cui conducevano esperimenti: costoro si giustificano spiegando che prima di ucciderli li avevano anestetizzati. Il copione accentua il carattere macabro di questa Totentanz parlando di teschi, carni sfatte, orbite vuote e senso di putrefazione; ma la regia di Giampiero Solari opta per un andamento più pacato. La scena di Sergio Tramonti consiste in un casto cerchio nero sul pavimento davanti a un muro subito sporcato dal profanatore armato di bomboletta; sopra incombe una grande fotografia rnonocroma stile Anni Trenta, raffigurante le lapidi di un camposanto gremito. L'azione, spesso commen¬ tata dai gemiti di un violino (musiche di Tommy Leddi con consulenza di Moni Ovadia) si svolge fra personaggi vestiti da Elisabetta Gabbionato con sobrietà, su fogge d'epoca e in toni scuri; l'ottimo cast comprende Toni Bertorelli dalla maschera di sofferenza repressa, il brillante Bebo Storti, Cochi Ponzoni dolcemente malinconico, Bolo Rossini isterico, fragile naziskin, Barbara Valmorin come la donna più anziana e stanca dopo avere visto tutto, e Lucia Vasini come quella giovane e stroncata nel fiore degli anni. Il tutto dura 80' filati, ed è ineccepibile dal punto di vista ideologico nonché, si capisce, straziante da quello documentario; ma teatralmente scontato, e alla lunga inerte come una celebrazione obbligata. In parti- colare lo spunto iniziale delle vecchie vicende riviste nell'ottica minacciosa dell'odierna rinascita di razzismi non è sviluppato con l'aggressività che ci si sarebbe potuta aspettare. Gli ingorghi al traffico e i pullman fermi intorno al Palazzo del Collegio di Asti non erano dovuti tanto, temo, a un bruciante interesse per la materia dello spettacolo, quanto all'annunciata partecipazione di Paolo Rossi. Ma all'occasione il caustico cantautore-commentatore politico ha portato poco più della sua solidarietà, il suo apporto limitandosi a un paio di brevi apparizioni, particolarmente in veste di prologo, quando ha pronunciato alcuni aforismi col debito sarcasmo. Era comunque lui in carne e ossa, e nei pochi minuti in cui si è fatto vedere ha sprizzato il magnetismo consueto; i fans si sono dovuti contentare così. Masolino d'Amico Lucia Vasini, Giampiero Solari e Paolo Rossi, «zoccolo duro» della nuova compagnia «Lesitaliens», che ha allestito «Jubilaeum» per il Festival Asti Teatro
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