A caccia di lombardi eccellenti
CairoeZenale in una nuova galleria A caccia di lombardi eccellenti CairoeZenale in una nuova galleria I MILANO NDIZI rassicuranti, a Milano, in questo finire di stagione: se, accanto all'occasione pubblica di rivedere riunita la quadreria del Cardinal Monti, si profila questa ghiotta coincidenza di poter ammirare dei quadri lombardi davvero «da museo», in una nascente galleria privata, in via Olmetto 17. Un atto di coraggio, in quest'epoca di mercato stagnante e un'etichetta dal suono familiare, Compagnia di Belle Arti, che vede affiancati Edoardo Testori (un cognome che è garanzia) e Marco Voena, giovane e già apprezzato gallerista torinese. Inevitabilmente, qui in Italia, l'idea della galleria privata, del mercante (a differenza di quanto avviene nel più rassicurante ambiente anglosassone) trascina con sé sospetti di dubbia qualità e di promiscue connivenze. Giustamente e impietosamente Alessandro Morandotti, nell'introdurre il prezioso catalogo (i ricavati andranno al Museo Poldi Pezzoli) ricorda tali imbarazzanti svantaggi, proprio per sottolineare invece l'eccezione di una rassegna di quadri dalla rilevanza indiscutibile e salutare l'avvento di una ben più scientifica catalogazione di opere, che non rasenta la scorciatoia spesso connivente di expertise affrettate ma di vere e proprie - a nostro avviso esemplari - schede filologiche, per restituire alle opere stesse una loro colloca¬ zione autorevole. Si profila infatti, oltre al nome già autorevole di Mauro Lucco, una generazione di giovani, validissimi esperti, che hanno modo qui di mostrare le proprie doti, da Andrea Bacchi a Francesco Frangi, da Franco Moro a Vittorio Natale, da Filippo Ferro ad Alberto Cottino, da Daniele Benati allo stesso Morandotti. Così, non si ammirano soltanto le luci tenebrose e romanzate di un seduttivo Notturno picaresco di Cairo - bamboccianti portati in primo piano, all'onore della scena - o le carni biscottate e vivide di una natura morta di cacciagione di Baschenis; ovvero, non ci si lascia catturare solo dalla lasciva intimità lombarda di una Putifarre ben in carne del Vermiglio o dalla curiosità storica di un paesaggio sfrangiato e nordicheggiante, oggi riconosciuto a Gherardini. Ma appunto: accanto a vere e proprie opere di fascino, si riesaminano alcuni momenti decisivi della cultura figurativa lombarda. Si ritrova una delle sedici meravigliose formelle di Butitone, oggi sparse per i musei del mondo, che dovevano comporre chissà quale stupefacente pannello, ma non attorniare la Crocefissìone della Galleria Nazionale di Roma, come qualcuno avanzava. Perché la testé ritrovata è già di suo una piccola, tormentata scena del Golgota, debitrice a Mantegna, alla declinazione ferrigna del dolore dei veronesi e di Foppa, forse senza nemmeno disturbare l'Offici¬ na Ferrarese (più pertinente la vicinanza a certi scultori lombardi come l'Amadeo). Ma anche per lo splendido «abbozzo autonomo» della Resurrezione di Giulio Cesare Procaccini, morbidissima ascensione di membra in «atletico avvitamento», oltre ai ricordi di Tiziano e Romanino, lo studio richiama inevitabilmente l'attenzione sulla sua attività di scultore, e dunque sulla lezione di Michelangelo, di Giambologna, e di Annibale Fontana. E così, nell'acribia di un'analisi stringente, torna a Daniele Crespi il già procacciniano, formidabile bozzetto di Riposo in Egitto: fibrillante partitura quasi monocroma di affettività anatomiche, sciolte nella fluida materia pittorica. I) San Giuseppe dal nervosismo rappreso ed una tensione di scrittura che fa già pensare a Maumier; e quello sbaffo informale di rosa che sigla 0 volo dell'angelo, spaventando non l'asino dell'iconografia, ma un nevrile cavallo, che già s'affaccia sulla pittura a venire. E come non incantarsi di fronte all'incantata Circoncisione di Zenale, questa coreografia raggelata e calda di colori, questa conversazione pacata e confluente, dove la Sant'Anna sfumata di Leonardo dialoga con la minerale tensione architettonica di Bramantino Retour de Rome, dove il cangiatismo degli accordi delle vesti si riflette nei volti ovoidali, che echeggiano il morbidismo del Luini? Un vero spettacolo. [m. vall.J «A Tiziano» acquaforteacquatinta del 1985 e, qui sotto, «Geolunare» prima versione, puntasecca del 1991
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