Il Cacciatore adesso ha gli occhi a mandorla

Sopravvissuto allo sterminio vent'anni dopo diventa best seller il caso. Vietnam: un reduce racconta gli orrori visti dalla parte di Hanoi Il Cacciatore adesso ha gli occhi a mandorla VLONDRA IVE in un miniappartamento di tre stanze, con la moglie ed un figlio, in I un rione Nuovo di nome, ma già grigio, fatiscente. E' uomo schivo, chiuso, difficile. Ma ad Hanoi, tutti lo conoscono, l'ammirano e lo rispettano. Bao Ninh è il più famoso scrittore vietnamita, è l'uomo che ha dato voce alla generazione sopravvissuta alla lunga guerra civile fra Nord e Sud e a quella, parallela, fra il Nord e gli Stati Uniti, finita nella primavera del '75. Un unico libro, ha scritto Bao Ninh: e neppure i severi censori di Hanoi hanno osato ostacolarne la pubblicazione. Si sono arresi, commossi, turbati, dinanzi alla bellezza e all'onestà delle sue pagine. Sono passati quattro anni e finalmente il resto del mondo comincia a scoprire questo capolavoro. Presentato in Gran Bretagna dalla Secker and Warburg, verso la fine del '93, il testo inglese ha subito conquistato il pubblico e ha vinto il premio letterario del giornale The Independent, per la miglior fiction straniera. Tale è l'interesse che il libro è quasi introvabile, è divenuto oggetto di culto, da quest'isola moltissime copie finiscono in Asia. Presto varcherà altre frontiere. Entro il '94, l'opera uscirà in Svezia, in Norvegia, in Francia e in Italia. Nel '95, arriverà in Germania, in Olanda, in Polonia e negli Stati Uniti, e i cui editori, scettici, avevano finora scosso il capo. Erano stati i primi a ricevere il testo, ma l'avevano respinto con il verdetto: «La gente è stanca del Vietnam». Il libro nacque, nel '90, con il titolo Una lotta d'amore, titolo vago, ma ideologicamente più consono ai criteri ufficiali di Hanoi Fu l'unica concessione fatta dall'autore, che voleva un altro titolo, II dolore della guerra. Alla fine ha vinto. Questo è il nome del romanzo nella versione inglese, The Sorrow ofWar, e questo sarà il suo nome in tutte le altre edizioni. Bao Ninh nega che il romanzo sia autobiografico, insiste che «è in buona parte fantasia», ma le sue parole non convincono, troppe sono le analogie. Come il suo protagonista ed eroe, Kien, anche Bao Ninh combatté nella 27a Brigata giovanile dell'esercito nord-vietnamita, era uno dei suoi 500 coscritti arruolati, adolescenti, tra il '64 e il '65. Come Kien, anche Bao Ninh partecipò a campagne sanguinose, visse tutti gli orrori del conflitto. Come Kien, nel '75, quando il suo reparto entra a Saigon, Bao Ninh è uno dei nove sopravvissuti. E sono ambedue scrittori, Kien e Bao Ninh. Un romanzo di guerra, dunque, ma anche un romanzo d'amore. Un amore che sboccia, giocondo, dolce, spensierato, prima della guerra; che la guerra avvelena e corrompe, ma non riesce a estinguere; che continua tragico e disperato, dopo il '75, in una Hanoi cupa, povera, indifferente agli inni ufficiali di vittoria. Un personaggio che farebbe gola a qualsiasi attrice, quello di Phuong. Una fanciulla dallo spirito libero e ribelle, che, schiacciata da eventi cicchi e brutali (è violentata, durante un bombardamento, proprio dopo aver salutato Kien, in partenza per il fronte), perde a poco a poco il suo equilibrio morale ma mai il suo calore umano. Ci fu una Phuong nella vita di Bao Ninh? L'autore, un uomo di 40 anni, si chiude nel silenzio. E' un libro, questo, che toccherà il cuore di chiunque sia sopravvissuto a una grande tragedia collettiva, come una guerra. Si ascolta Bao Ninh e sembra di udire la voce tesa e tetra dei Vietnam veterans americani, tuttora incapaci di venire a patti con la società, con la pace stessa: o tornano alla mente le tormentate pagine di Carlo Levi. Per Bao Ninh, il dolore della guerra resta nella carne e nello spirito, incurabile. Torna a un campo di battaglia, e scrive: «Cos'è rimasto? Il dolore, l'immenso dolore, il dolore d'essere sopravvissuto, il dolore della guerra... Dopo il '75, il vento della guerra era cessato. Avevamo vinto, pensava Kien, la giustizia ha dunque vinto. Ma era proprio così? Osserva¬ te la vostra esistenza, osservate questa pace, dolorosa, amara e triste...». Poi ancora: «Per vincere, dei martiri si erano sacrificati, affinché altri potessero sopravvivere... Non è un fenomeno nuovo. Ma è un paradosso spaventoso per coloro ancora vivi sapere che le persone più buone e più meritevoli sono tutte sparite, talvolta torturate e umiliate prima d'essere uccise, sepolte o spazzate dalla macchina della guerra. Sì, forse la giustizia ha vinto, ma hanno vinto pure crudeltà, morte, ferocia. Col tempo, le ferite guariranno, ma le cicatrici dello spirito resteranno per sempre». Un esercito di fantasmi affolla i ricordi di Bao Ninh, il suo libro finisce con queste parole: «Allora tutto era chiaro... Sapevamo perché si viveva e perché bisognava soffrire e sacrificarsi. Erano i giorni quando noi tutti eravamo giovani, sinceri e purissimi». Alcuni editori americani non lessero neppure il libro, lo respinsero, anni fa, convinti che contenesse, inevitabilmente, brucianti requisitorie contro gli Stati Uniti. Non ve n'è una. Bao Ninh descrive battaglie apocalittiche, i suoi «ricordi» sono sconvolgenti, allucinanti, ma lui narra da soldato, da chi scruta, senza ideologie, l'orrore che lo circonda, da chi vede nell'americano o nel sud-vietnamita soltanto un altro soldato minaccioso o atterrito. E proprio come i veterani americani tracciano cupi ritratti delle forze Usa in Vietnam, Bao Ninh rivela che i nord-vietnamiti non furono affatto cavalieri senza macchia: c'erano drogati, disertori, bruti. In un'intervista, il pluridecorato Bao Ninh, il volto magro, scavato, spiega: «Non tollero coloro che vogliono abbellire la guerra. Io ho combattuto con l'esercito nord-vietnamita e so che questo esercito, glorificato da molti scrittori, non era qualcosa di sacro o di santo, aveva non pochi peccati e colpe». Quelle 215 pagine sono forse un po' troppe, qualche sfrondatura avrebbe senza dubbio giovato all'opera: ma la bellissima prosa, usata con incredibile maestria per descrivere sia la violenza sia l'amore, ammalia il lettore. Giustamente, nel suo premio, The Independent definisce The Sorrow of War un'opera «magnifica», degna di «occupare un posto d'onore accanto a All'Ovest niente di nuovo di Erich Maria Remarque, il più importante romanzo di guerra di questo secolo». Un esempio. Dopo la guerra, Kien torna a un luogo dove nordvietnamiti, sud-vietnamiti e americani si sbranarono per anni. «Lì comincia la Giungla delle anime urlanti. Forse queste anime si adunano tuttora, come se appartenessero a un battaglione perduto. Di notte, gli uccelli piangono come fossero uomini. Gli alberi, le piante gemono». Ricordate la pioggia nel film Rashomon? Questa pioggia asiatica, densa, implacabile, si ritrova nelle pagine di Bao Ninh. Una pioggia - leggiamo - che trasforma i campi di battaglia in pantani, «in cui il sangue dà all'acqua un colore rossastro». Kien aveva visto più morti di ogni altro, dice Bao Ninh: e Kien rammenta «la pioggia di braccia e di gambe che gli scendeva addosso dopo un'incursione di B-52» e non può dimenticare Hamburger Hill, che «dopo tre giorni di lotta, sembrava una cupola di cadaveri». Ma ripetiamo, c'è anche una splendida storia d'amore. Sono ancora adolescenti, vanno alla stessa scuola, ma Phuong e Kien già si amano. Un dolce pomeriggio di aprile, abbandonano una cerimonia militare, vanno a nuotare. Giunge la sera, giacciono sulla sponda del lago, vedono un segnale rosso nel cielo. Intuiscono che è un allarme aereo, ma l'ignorano. Sono troppo felici. Sopravvissuto allo sterminio vent'anni dopo diventa best seller 500 coscritti arruolati, adolescenti, tra il '64 e il '65. Come Kien, anche Bao Ninh partecipò a campagne sanguinose, visse tutti gli orrori del conflitto. Come Kien, nel '75, quando il suo gsto? Il dolore, l'immenso dolore, il dolore d'essere sopravvissuto, il dolore della guerra... Dopo il '75, il vento della guerra era cessato. Avevamo vinto, pensava Kien, la giustizia ha dunque vinto. Ma era proprio così? Osserva¬ pQforchesenl'opprobilver rosa, usata con incrediile maestria per descriere sia la violenza sia In alto, a sinistra e qui sotto: tre scene dalla guerra del Vietnam. Qui accanto, da sinistra: Erich Maria Remarque e Carlo Levi