La guerra dei vip e dei reporter di Gabriella Bosco

il caso. Parigi, la vendetta di un giornale contro gli scrittori che si negano il caso. Parigi, la vendetta di un giornale contro gli scrittori che si negano La guerra dei vip e dei reporter Da Beckett a Cernetti, i nemici dei CPARIGI LI impossibili e, un gradino più in basso, i molto improbabili sono dei virtuosi. Non I nel senso della morale, ma dell'abilità. Sono i Grandi che si sanno negare, che non si concedono mai o lo fanno con distillata parsimonia. Quelli che riescono a sottrarsi agli instancabili assalti degli intervistatori di professione. Senza telefono, indirizzo, voce e perfino, in casi estremi, senza volto. Per lo più, l'atteggiamento ufficiale dei professionisti respinti è indifferenza ostentata. Il settimanale Globe Hebdo, che dal recente rilancio ha fatto dell'originalità il suo fiore all'occhiello, ha così ceduto nell'ultimo numero a una crisi nervosa interna. Falliti una serie di tentativi che avrebbero fatto lievitare le vendite nei mesi estivi, ecco uscire il servizio dello sfogo. Negli intenti (auto)ironico, in effetti ricolmo di comprensibile, sordo rancore. Fin dal titolo: «Les refuzniks anti-medias». Lo scopo è puntare il dito contro i maledetti impossibili rovesciandone la virtù in piccineria, ma l'approccio è diplomaticamente strategico. Vengono scomodati guru del pensiero quotati come Edgar Morin. Nell'«era della visibilità» - così Morin la definisce - come si spiega l'esistenza residua di alcuni eunuchi della comunicazione? Perché non si lasciano sedurre dal canto delle sirene di massa? Che hanno da nascondere? Il più irritante di tutti è Emile Cioran: «L'esteta della disperazione» che passa le sue giornate a contemplare «l'equivalenza, nella nullità delle voluttà e delle verità» (ipse dixit). Il Ceronetti romeno trapiantato a Parigi. Di lui è noto l'indirizzo, circola perfino il numero di telefono, lo si può vedere che attraversa solitario i giardini del Lussemburgo, eppure non cede. Usa l'arma della scontrosità. Un giorno ha spiazzato tutti accordando al Figaro Magazine una già mitica inteivista e a Gallimard la pubblicazione di un album di suoi ritratti fotografici che documentavano per filo e per segno - dal maglioncino démodé alle chiazze di eczema al capello ribelle - uno stato di lìcer¬ cata «decomposizione». Affermò di aver ceduto solo perché aveva deciso che smetteva di scrivere. Altro irriducibile: il premio Nobel Elias Canetti. Si dice che non parli con un giornalista dal 1981, anno del riconoscimento. Compirà tra breve 90 anni, sta a Zurigo, c'è chi può andarlo a trovare per diramare poi notizie sulle sue buone condizioni di salute. L'impossibile più misterioso però, perfino un po' inquietante, è lo scrittore Maurice Blanchot. Autore di perle come Thomas l'Obscur, e saggista letterario interessato soprattutto al tema dell'assenza, oggi ottantasettenne, è riuscito a far perdere completamente le sue tracce. Alcuni dicono che viva, malato, nel Sud della Francia. Altri che stia benissimo nella banlieue parigina. Da moltissimi anni non scrive nulla e da ancora più tempo non incontra nessu¬ no. Testimoni giurano di averlo scorto in strada nel maggio del '68. Esiste una sua fotografia che risale al '34. Blanchot è il caso limite dell'in visibilità. Ma anche J. D. Salinger, il cui Giovane Holden continua a essere letto dal 1951, non parla con un giornalista, pare, da almeno trent'anni, né si lascia sorprendere da un fotografo. Grandioso è Carlos Castaneda. Il suo stesso editore afferma di non averlo mai visto. Per la consegna dei manoscritti, manda ogni anno un indiano senza identità. E' leggendario un incontro che avrebbe avuto con Federico Felibri, il quale sembra volesse dedicargli un film. Tutti gli impossibili viventi hanno comunque per maestro l'impos¬ sibile sommo scomparso quattro anni fa, Samuel Beckett. Singolarmente elegante nella tenuta da senzatetto, con il tascapane vuoto a tracolla, abitava vicino al carcere della Sante. Sono da antologia umoristica gli episodi di appostamenti per sorprenderlo al chiosco dove comprava i giornali, in boulevard Saint-Jacques. Riusciva a non farsi avvicinare e passava poi intere giornate da solo a un tavolino di un orrido hotel gremito di giapponesi. Selettivo invece il poeta René Char: impossibile sì, ma non per le ragazze giovani, purché prosperose. E André de Mandiargues concesse un'unica intervista. L'incauto giornalista esordì chiedendogb perché fosse in genere così silenzioso. «Che inizio sgradevole», disse lui. L'incontro finì lì. Gabriella Bosco Il più riservato di tutti è Blanchot: di lui c'è soltanto una foto del 34 le beffe di Cioran, i misteri di Castaneda il silenzio di Salinger sibile sanni famente e

Luoghi citati: Francia, Lussemburgo, Parigi, Zurigo