CONRAD scandalo a Capri

viaggiatori in italia. 1905, a caccia d'ispirazione tra i Faraglioni viaggiatori in italia. 1905, a caccia d'ispirazione tra i Faraglioni CONRAD scandalo a Capti EA strana storia di Joseph Conrad a Capri nel 1905, insospettabile testimone dei furiosi scandali dell'isola, potrebbe cominciare in un lontano pomeriggio inglese, da quella lettera di commiato che scrisse all'amico Herbert G. Wells, annunciandogli la natura del suo viaggio: «Partiamo oggi. Una vera pazzia, ma se riesco a tornare da Capri con un libro sarà giustificata. Jessie ha bisogno di cambiare aria, e io stesso sento di essere allo stremo delle forze». Stremato doveva esserlo davvero, per arrendersi a una vacanza che gli somigliava così poco. E non soltanto perché era seriamente ammalato di gotta, ma perché a 48 anni Conrad sentiva vacillare la fiducia nelle proprie possibilità. Da dieci anni ormai aveva abbandonato la vita del marinaio per quella dello scrittore, ed erano stati anni duri. Aveva lavorato intensamente, attingendo alla sua prima giovinezza, quando tutto era così nitido, così sorprendente, così avventuroso, così interessante. E aveva coltivato un'illusione. «Forse, forse c'era ancora qualcosa al mondo di cui scrivere». Ma non potevano bastargli la stima dei critici e l'ammirazione di Wells o John Galsworthy o Henry James, quando i lettori gli voltavano le spalle. E Conrad, che avrebbe cominciato ad avere successo solo dieci anni dopo, nel 1905 era sull'orlo della disperazione. Fu allora che James Pinker, un ometto intraprendente che gli faceva da agente, si offrì di contribuire a una vacanza nell'Isola delle Sirene. Ma come poteva immaginare, Pinker, quale effetto avrebbe avuto Capri la cosmopolita, la meretrice, su quel moralista affascinato dalle debolezze degli uomini? Cinque mesi di Conrad a Capri, vissuti nella speranza di una scoperta, quella di un soggetto per un libro che avrebbe potuto dargli finalmente il successo, non occupano più di un paio di paginette in qualunque sua biografia. Eppure la storia di quella speranza così vitale, destinata invece a spegnersi con rabbia, ha un incantevole sapore di cenere. Basta ricostruirla con l'aiuto di lettere e testimonianze, per ritrovarvi la natura di un uomo soggetto a continui sbalzi d'umore, crisi depressive e rare esplosioni d'allegria infantile, sfuriate passeggere e improvvise infatuazioni per trame e fatti storici destinati a diventar romanzi o a morire subito. André Gide lo descriveva a Frederic Prokosch come un moralista affascinato dal torbido, e tuttavia inorridito e riluttante a guardarlo in faccia e ad ammetterlo. «Timoroso di affrontare la bestia nella giungla», diceva Gide. Possibile che non sapesse che quella bestia lo attendeva a Capri? A Napoli Conrad con la moglie Jessie e il figlio Boris erano rimasti bloccati cinque giorni, perché il mare era troppo agitato per far sbarcare Jessie, che viaggiava in carrozzella a causa di una grave operazione al ginocchio: «In questi giorni a Napoli per l'irritazione non ho potuto fare nulla», scriveva Conrad a John Galsworthy. «Ho scritto in viaggio un articolo politico di mille parole, ed ecco tutto». Ma a Capri la situazione appariva diversa. Non erano male le camere della Villa di Maria che avevano preso in affitto, e la terrazza era esposta a Sud. Tutta l'isola era venuta ad assistere al loro sbarco quella sera, per via della matronale Jessie che i marinai si caricarono sulle spalle «in modo davvero meraviglioso». Ma non c'era traccia della carrozza che era stata ordinata, e Conrad si guardava intorno inquieto, nella luce fredda della luna: «Ogni tanto mi sento morire dall'apprensione». Se ne aveva motivo non era soltanto perché era malato, e anche Jessie aveva bisogno di cure, ma perché l'insuccesso commerciale di Nostromo, il suo più lungo e più ambizioso romanzo appena pubblicato, sembrava la conferma che quella miseria immeritata sarebbe rimasta a lungo incombente. E se Conrad era un aristocratico polacco, era anche un gentiluomo inglese d'adozione, e una volta detto addio ai mari tropicali, era incapace di rassegnarsi a rinunciare agli agi che si addicevano al suo censo. Dobbiamo alla vivace Muriel Draper, una giovane americana che ha descritto il suo grand tour europeo in un libro intitolato Music at midnight, un'allegra testimonianza dell'amoralità di «piccola isola d'inferno», come la chiamava Norman Douglas: l'unico letterato a tenere compagnia a Conrad in quel paradiso ozioso. Muriel ascoltava intimidita il cicaleccio di Norman Douglas che l'accompagnava per le vie di Capri, prima di recarsi a trovare Conrad malato: «... Attenta a quei giovane dottore danese. E' qui perché ha appena assassinato il suo vecchio zio per qualche migliaio di sterline... Quella là invece è in agitazione da tre giorni, in attesa di ima scorta di droga con la nave da Napoli, che non è arrivata. Probabilmente il capitano l'ha trattenuta per ricattarla...». Un posto splendido davvero, anche se certi inglesi attribuivano alla mancanza di un campo da golf la corruzione morale dei capresi. Ma Conrad lo vedeva con altri occhi: «Questo posto, questo clima, questo scirocco, questa tramontana, questi tetti piatti, queste rocce a picco, questo mare azzurro sono impossibili». E' curioso che tra Conrad e Douglas nascesse un'amicizia così intensa. Curioso perché Douglas era uno dei protagonisti di quello scandaloso milieu omosessuale che l'altro trovava così offensivo. Ma dietro il suo profilo libertino si nascondevano un linguista e uno scienziato di talento, e un pensatore originale capace di grandi raffinatezze stilistiche, scriveva Conrad al suo agente Pinker, cercando di aiutarlo. Fu Conrad, infatti, a introdurre Norman Douglas nella English Review, la celebre rivista di critica letteraria fondata da Ford Madox Ford. Ed è proprio a Ford, il giovane amico che pazientemente l'aveva aiutato a scrivere tanti racconti lavorando sotto dettatura, che Conrad scriverà da Capri le impressioni più originali di quei giorni vissuti in uno stato di insolito languore. Si sentiva prigioniero di visioni inquietanti: «E non c'è nulla, nulla che possa togliermi da questa sorta di dolce instupidimento. Gli scandali di Capri, atroci, innominabili, divertenti, internazionali, cosmopoliti e biblici, a cui la pronuncia americana e le frasi francesi della gens du monde danno un sapore particolare, si confondono col suono delle clùtarre nelle botteghe dei barbieri e con la voce da contralto con cui mi rivolge il suo "buona sera, signore" la corpulenta signora Morgano, quando mi trascino, prossimo allo svenimento, nel suo caffè, per offrire una cioccolata alla mia petite famille». Il caffè Morgano era il centro della vita dell'isola e la gran sentina di tutti i suoi pettegolezzi, in cui confluivano i due mondi separati di Capri: gli stranieri che non parlavano italiano e i capresi che non parlavano l'inglese. Ma a quali scandali si riferisce Conrad? Agli echi degli amori di Fritz Krupp, che erano costati la vita a uno degli uomini più ricchi e potenti del pianeta? Alle stravaganze del colonnello Palmes, gran conoscitore di cose russe e proprietario di una nobile biblioteca erotica, che avvolgeva le sue carni bianche in len- zuola di raso nere? 0 alle malefatte di Jacques Fersen, il dandy francese che si era costruito una villa pretenziosa sul promontorio di Minerva, dove conviveva con Nino Cesarmi, un manovale che aveva conosciuto a Roma? Una cosa è certa: se Conrad l'uomo di mare disprezzava la debolezza di carattere e lo sfoggio di atteggiamenti immorali, almeno quanto quei benpensanti inglesi che avevano chiesto l'allontanamento di Oscar Wilde dalle sale dell'Hotel Quisisana, Conrad l'artista prendeva quasi piacere a questi scandali, come malignamente ha sottolineato Gide. E questa sua natura doppia si rispecchiava in tutta la sua personaHtà: l'uomo d'azione diventato uomo di lettere, la sua comprensione per la follia delle passioni umane e il suo profondo senso della disciplina, la sua congenita solitudine e il bisogno di solidarietà. A vederlo passeggiare sulla marina dove le ragazze occhieggiavano lo sbarco dei forestieri e i bambini giocavano con le ceste vuote delle pescherie, il suo fisico forte e la barba folta suggerivano il marinaio, ma gli occhi no, gli occhi curiosi e le maniere nervose tradivano una diversa sensibilità. Con queste premesse non può stupire che Conrad sentisse come un'oppressione la solarità di Capri: quello che stupisce è che l'orrore lo renda spiritoso. «E' come una specie di triste incubo» scriveva a Ford, «percorso da puzze e profumi, pieno di tetti piatti, vigneti, passaggi a volta, grandi rocce, pergole, con turisti tedeschi che galoppano ladies à travers tout cela sugli scogli scivolosi con le scarpe bianche di Capri, con Kodak, veli fluttuanti, basettoni curiosamente ondeggianti, cappelli grotteschi, scorrendo, ruzzolando precipitandosi, calando dalla cima del monte Solaro (coperta di nuvole) fino alle stupefacenti crepe dell'Arco Naturale - dove saltano i tappi delle bottiglie di birra Lager. E' un incubo con dentro la paura del futuro». Che intuizione aveva avuto, osservando le scorrerie di quei turisti che nel 1905 erano già 30 mila. Ma era davvero 0 futuro del mondo messo a sacco dal turismo, a sembrargli un incubo, o la paura di un altro futuro, quello di non trovare una via d'uscita al proprio insuccesso? La verità è che nella biblioteca del caprese Ignazio Cerio, Conrad aveva trovato una pepita d'oro: la storia di Capri che all'inizio dell'Ottocento doveva diventare, nei piani degli inglesi, una Gibilterra levata contro Napoli, governata da Gioacchino Murat. E l'inganno con cui un monaco eremita appollaiato sulla Punta di Santa Maria del Soccorso, convinse invece Sir Hudson Lowe, il comandante inglese assediato dai francesi, a credere che i puntini neri che vedeva all'orizzonte erano nuvole, e non le navi della flotta an- glo-sicula venuta in suo soccorso. Di fronte a quella tempesta inesistente, Lowe si arrese ai francesi a un passo dalla salvezza. Si prenderà la sua rivincita il giorno che diventerà il carceriere di Napoleone a Sant'Elena, ma Capri intanto è persa. «Ho trovato qui il soggetto del mio romanzo mediterraneo - o piuttosto quel soggetto ha trovato me», scrive Conrad a Pinker. «Un libro che tratti della baia di Napoli, Sorrento, Capri ecc. - posti visitati ogni anno dai turisti inglesi e americani - mi sembra abbia una buona possibilità di divenire popolare». Che cosa lo induce invece ad abbandonare tutto? Forse l'insopportabile contrasto tra i delicati profumi della flora mediterranea e quello che Savinio, a Capri, chiamava 0 caldo fiato dei cibi in avanzata cottura; tra le bronchiti, le polmoniti e gli acciacchi della propria famiglia, e lo smagliante stato di salute degli edonisti che da ogni angolo del globo accorrevano a Capri attirati dal canto delle sue pigre sirene. Eccolo lo scandalo che distraeva Conrad e occupava le chiacchiere degli avventori del caffè Morgano, e che segnò la fine della buona convivenza degli stranieri a Capri. Era la relazione del conte Fersen con Nino il manovale, colpevole d'essere vanitoso ed esibizionista, ma soprattutto di essere romano agli occhi della servitù caprese. L'invidia dei capresi che aveva distrutto Krupp, reo di avere favorito molti ma non tutti con la sua stravagante generosità, colpiva adesso quel francese biondo e ricercato nel vestire, che Norman Douglas si rimproverava di avere indotto a stabilirsi a Capri, con tutto il suo bagaglio di oppio e cocaina. «Ho lavorato, ma non bene» scriveva Conrad a Pinker, che vedeva ormai sfumare il suo investimento, «in uno stato di costante esasperazione per l'eterno qualcosa che salta fuori a distrarmi...». Conrad non dubitava soltanto del proprio talento, ma anche del proprio carattere. E a Montpellier, dove si rifugiò poco dopo per scrollarsi di dosso quel torpore, mise se stesso sotto processo e comunicò a Galsworthy la sentenza: «Nessuno ha 0 diritto di andare avanti come faccio io senza produrre palesi capolavori». Lord Jim e Cuore di Tenebra non erano stati evidentemente messi agli atti. Livia Manera «Questo posto, questo clima questo scirocco, questi tetti piatti questo mare sono impossibili» Ruppe con l'isola per la love story che travolse il conte Fersen In quel paradiso voleva soffocare la depressione per l'insuccesso di «Nostromo» il suo più ambizioso romanzo «Qui gli scandali atroci, biblici innominabili divertenti si confondono conisuoni delle chitarre» RACCONTI D'ESTATE vita dell'isola e la ran sentina di tutti i che avvolgeva le sucarni bianche in lenA 48 anni Conrad sentiva vacillare la fiducia nelle proprie possibilità narrative. Il suo agente decise di finanziargli un viaggio a Capri. Capri, amata e odiata da Conrad, in alto con la famiglia. A destra André Gide A 48 anni Conrad sentiva vacillare la fiducia nelle proprie possibilità narrative. Il suo agente decise di finanziargli un viaggio a Capri.