Una squadra terrorizzata di Franco Badolato

LA PARTITA MALEDETTA Una squadra terrorizzata Minacce e ricatti nel match con gli Usa LA PARTITA MALEDETTA LOS ANGELES DAL NOSTRO INVIATO ((Abbiamo subito pressioni enormi, dai media e dalla gente». Non dimenticheremo mai la faccia scavata e pallida, gli occhi persi nel vuoto, il filo di voce in quel corpo longilineo e leggermente ingobbito per avvicinare meglio il microfono. Erano le 11 del mattino (le 20 in Italia) del 23 giugno scorso in un hotel di Fullerton. Andrò Escobar, 27 anni, libero dell'Atletico National e della nazionale colombiana, partecipava insieme al et Maturana, ad Asprilla e a un terzo compagno, Perez, alla conferenza stampa più terribile cui mai ci è stato dato di assistere. Si fingeva di discutere, quella mattina, del perché e del percome il calcio allegria del professor Maturana era stato praticamente estromesso dal Mondiale a causa della sconfitta con gli Usa. Solo verso la fine della conferenza stampa, in un ambiente che tutto sapeva ma che per vari moti., cercava di ricondurre sul piano sportivo una disfatta nata altrove, finalmente si accennò alle vicende extrasportive che avevano danneggiato, irreparabilmente, la Colombia: le minacce di morte inviate dai narcotrafficanti al giocatore Gomez e al et Maturana. Ed Escobar - seguito a ruota da Asprilla - col dolore negli occhi trasmise alfine il suo messaggio. «Se siamo fuori non è solo perché abbiamo sbagliato partita. La paura delle conseguenze di una sconfitta in questo clima di minacce, ci ha tagliato le gambe». La Colombia aveva cominciato male il Mondiale. Nel match d'esordio era stata messa ko da tre gol di Raducioiu. H 22 giugno il secondo incontro, avversario gli Usa. Al 34' del primo tempo, su un cross sbagliato del mediano statunitense Harkes, Escobar intervenne in spaccata all'altezza del dischetto del rigore deviando il pallone, destinato al fondo campo, al di là della propria porta, difesa da Cordoba. Escobar rimase a lungo disteso sull'erba, impietrito dallo sfortunato episodio. La Colombia non si sarebbe più ripresa. A tempo scaduto Valencia siglò l'inutile rete del 2-1, Stewart aveva raddoppiato in avvio di ripresa. Quella partita, però, la Colombia praticamente non l'aveva giocata. L'autogol di Escobar non era stata soltanto la conferma di una forma fisica precaria già palesata da tutta la squadra contro la Romania. E' stata invece la diretta conseguenza del clima di terrore in cui il team sudamericano era sprofondato nell'immediata vigilia del match. Alle 11 del mattino del 22 giugno, cinque ore prima della partita, era giunto nell'hotel di Fullerton un fax anonimo: «Se Gomez gioca faremo saltare in aria la sua casa e quella del et Maturana». L'allenatore riunì la squadra, si decise di estromettere il centrocampista. Gomez tornò in patria, distrutto. Era diventato il capro espiatorio di una situazione paradossale e tragica. Gabriel Gomez, 34 anni, era stato descritto dalla stampa colombiana il responsabile unico o quasi - della sconfitta con la Romania. I critici avevano lavorato su un terreno minato. Gomez ha un fratello che è il vice di Maturana e ora sostituirà probabilmente l'allenatore dimissionario. Di Gomez i media colombiani scrivevano e dicevano che giocava solo perché era un «favorito». Il cartello di Medellin colpendo Gomez in verità voleva colpire il et. Franco Badolato Il et colombiano Maturana