La resurrezione dopo il kappaò di Filippo Ceccarelli

Un successo a sorpresa strappato su! campo sfruttando gli errori degli sponsor di Veltroni Un successo a sorpresa strappato su! campo sfruttando gli errori degli sponsor di Veltroni la resurrezione dopo il kappaò 77 neosegretario: ora mi taglio i baffi della «pasionaria» di «baffetto», Livia Turco. «E' una settimana - ha confidato ad ogni angolo della Fiera - che mi sorprendo a scoppiare in lacrime a casa». O quella mezza «gaffe» di Chicco Testa, per anni impegnato nei tanti complotti all'acqua di rose che puntavano a portar l'eterno «delfino» alla segreteria, che all'alba della tanto sospirata vittoria dei «d'alemiani» spedisce per lealtà un bigliettino al suo vate: «Caro Massimo non posso votarti, scusami tanto...». Ma allora se la «sorpresa» di quel risultato è stata vera «sorpresa» come ha fatto D'Alema a vincere? La prima risposta l'offrono i suoi avversari, increduli e ammutoliti dal risultato, che descrivono questo Consiglio nazionale, nato agli albori della «svolta», come l'ultimo tempio dell'«apparato» del pds: dentro l'organismo, ad esempio, il peso degli oppositori della «svolta», i comunisti demo¬ kiM>;-"jkk:kk^kikkMMkkkWik cratici, è sopravvalutato rispetto alla loro presenza reale nel partito (hanno circa il 30%). Insomma, dicono gli avversari del vincitore, il campo dove si è svolta la partita favoriva indubbiamente D'Alema. Una riserva che probabilmente trova ospitalità anche nella mente di Veltroni che pochi minuti prima che le urne fossero aperte si augurava in pubblico: «Spero in uno zero a zero o in una sospensione della partita per impraticabilità del campo». Si può dire, tanto per decrittare quelle parole, che il massimo delle aspirazioni di Veltroni in quel consesso era un nulla di fatto e un rinvio dell'elezione del segretario al congresso. Qualcuno, però, va ancora più dentro alla questione. «C'è ancora il pei - sbotta Giovanna Melandri, sfegatata sostenitrice di Veltroni -. E' l'apparato che sopravvive, che è una cosa diversa dalla base del pds». Parole che ritornano sulla bocca di Gianni Pellicani. «E' inutile nasconderselo - spiega - ma quella che è venuta fuori è l'anima del pei. E' poi quella del berlinguerismo. Quella diversità che lui chiamava "alterità" dei comunisti, la stessa cosa che Stalin spiegava in maniera diversa: "Siamo fatti di una pasta diversa, temprati con l'acciaio". Questo Cn è figlio di quel modo di essere. Poi ci possono anche essere altri fattori: ad esempio, che la lettera di Occhetto ha reso inviso Veltroni al Consiglio: oppure la vecchia legge per cui il candidato di Scalfari, in questo caso Walter, perde sempre». Oltre al campo «amico» ha pesato anche un fattore psicologico: D'Alema per riequilibrare la sconfitta riportata nella «consultazione» della periferia del partito, ci si è messo d'impegno, a differenza dei suoi avversari che hanno fatto più di un errore. Tanto per spiegarsi: mentre alla vigilia del voto Veltroni se ne è andato a casa e gli uomini di Occhetto al ristorante, lui si è chiuso con i suoi in uno dei «box» della Fiera per fare i conti. E alla fine ha saltato anche i pasti. Insomma, a differenza dell'incerto Veltroni, D'Alema fin dall'inizio ha fortissimamente voluto diventare segretario come sa solo fare chi è nato e cresciuto dentro un partito: e questo atteggiamento che all'inizio è stato un «handicap» alla fine si è trasformato in una qualità. Intorno a lui infatti, si è formato un vero comitato elettorale che per una settimana ha sondato e ha parlato con i consiglieri nazionali. Dentro questo «staff» si sono ritrovati il segretario Claudio Velardi, Piero Folena, Livia Turco, Gavino Angius ma, soprattutto, i segretari regionali della Lombardia, della Campania, della Calabria e di alcune importanti federazioni come Ravenna e Modena. In più il candidato ha tessuto una serie di Il segretario di ieri, Achille Occhetto, con il nuovo leader Massimo D'Alema alleanze importanti: avendo in dote i comunisti democratici, ha lavorato ai fianchi l'ala «riformista» portando dalla sua parte Umberto Ranieri (finirà in segreteria) e, probabilmente, lo stesso Napolitano. Sulla carta ha conquistato una decina di voti miglioristi, ma in realtà sono stati molti di più. Infine hanno contato gli alleati di sempre: Bassolino e Reichlin. Fin qui i meriti. «Poi - racconta Folena - ci sono stati gli errori degli avversari. Alcune dichiarazioni di Petruccioli contro D'Alema, la lettera di Occhetto e il discorso di Igino Ariemma, tutti atti fatti in favore di Veltroni, hanno avuto un effetto "boomerang" e hanno spostato almeno una sessantina di voti. Poi c'è stato l'errore plateale che Veltroni ha fatto nel discorso finale: Massimo gli ha promesso il ritiro se avesse preso meno voti di lui; Walter non lo ha fatto, o non lo ha potuto fare, perché i suoi sostenitori non gliel'hannc permesso». «In più c'è stato l'atteggiamento di Occhetto e dei suoi - aggiunge Livia Turco -: il partito ha percepito il veleno che è stato sparso contro D'Alema, il complotto che qualcuno ha organizzato contro di lui». Già, «il partito». Quell'espressione usata con tanto calore dalla Turco forse svela un'altra verità che era chiara fin dall'inizio di tutta questa storia, troppo evidente da essere dimenticata: D'Alema è un uomo di partito, anzi è l'uomo di partito, e un partito ferito da una sconfitta elettorale come il pds, a chi può rivolgersi per sopravvivere se non al proprio figlio? Augusto Minzolini «Mi tagliere i baffi» ha promesso Massimo D'Alema dopo la vittoria. Ecco, nella foto al centro elaborata al computer, come apparirà il segretario nella nuova versione. Qui accanto, D'Alema con il figlio rare a Capalbio, in piena crisi di nervi, dopo la bocciatura di Rimini (febbraio 1991). Non solo era, o almeno si sentiva più comunista di Occhetto. Ma proprio per questo gli è stato a lungo leale, standogli davvero vicino dal giugno del 1987, quando rifiutò di essere giocato dai miglioristi contro Occhetto nella gara per la vicesegreteria di Natta episodio minore, ma fondamentale - fino al congresso di nascita del pds, appunto, con pubblico riconoscimento che lui, D'Alema, non avrebbe avuto la forza di portare a termine quel necessario, pur doloroso seppellimento del pei. Dopodiché, proprio per salvare quell'entità superstite che per lui valeva più di un semplice partito, è stato contro Occhetto. Non una lacrima ha versato, ieri, che non era proprio il caso. E nella politica italiana è quasi una novità. Una sola volta, a Bologna, fu visto con il fazzoletto sugli occhi. Michele Serra ci fece su addirittura una poesia: «Ho visto piangere D'Alema». Ma lui spiegò che era per via di un certo pulviscolo. Filippo Ceccarelli

Luoghi citati: Bologna, Calabria, Campania, Capalbio, Lombardia, Modena, Ravenna, Rimini