Sconfitto Achille, l'invincibile di Fabio Martini

Sconfitto Achille, l'invincibile Sconfitto Achille, l'invincibile Tenta l'ingresso plateale, ma nessuno lo applaude ROMA. Nel mito del Bottegone c'era una volta l'«invincibile» Achille, famoso per i suoi colpi di teatro a fine spettacolo: ieri Occhetto ci ha riprovato ed e stato un fiasco, il più crudele della sua vita. Sono le 10 e 40, dai microfoni del Palafiera sta parlando Massimo D'Alema e sul più bello, circondato da un'orda di fotografi e cronisti, arriva lui, Occhetto. Tutto studiato quell'ingresso plateale, ma studiato male: i 430 compagni lo vedono passare, ma restano a mani conserte. Un silenzio che è un rasoiata, uno sfregio per l'ex capo, «una scena crudele», dice il vecchio compagno Elio Quercioli, che pure non ha mai amato Achille. E Renzo Imbeni, che sta con Veìtroni: «Un errore questo ingresso a metà intervento: ma non poteva entrare qualche minuto dopo?». Ma la sequenza non è finita. Quando D'Alema finisce di parlare, la compagna Giglio Tedesco invita la platea ad «un caloroso applauso» per Occhetto. Se possibile, va peggio di prima: i compagni battono le mani perché devono: ma l'applauso è un fruscio che dura un batter di ciglia, 3-4 secondi e poi più nulla. E lui, Achille, che il partito lo conosce bene, in quel momento capisce che è davvero finita. E' sfibrato, deluso l'Achille colpito al tallone: seduto in primd fila, si gratta i baffetti ormai bianchi, guarda di qua e di là, cerca un viso amico e invece incrocia lo sguardo del suo nemico D'Alema. Una stretta di mano sfuggente, una rapida comparsa nel seggio elettorale e a Bianca Berlinguer, la figlia di Enrico, che gli chiede «per chi ha votato?», Occhetto risponde con un filo di voce: «Veltroni». E fila via verso la sua macchina, che lo riporta nel suo attico a cento metri da Botteghe Oscure. Poi, saputo il risultato, una telefonata di cortesia a D'Alema e in serata, una corsa verso la sua casa in Maremma. Così è uscito di scena Achille Occhetto, l'ultimo segretario del pei che con la svolta si è guadagnato una citazione sui libri di storia, ma se lui ha potuto evitare le telecamere nel momento mozzafiato della proclamazione di D'Alema, lo stesso privilegio non hanno potuto averlo i suoi tre «colonnelli» che hanno tentato di riorganizzare le truppe dietro Veltroni. Paonazzo, accaldato, ecco l'amico per definizione di Occhetto, ecco Claudio Petruccioli, il misirizzi del pci-pds, l'uomo sempre in piedi nonostante le innumerevoli batoste: «Ora avrò più tempo libero...», dice con quello «spiritaccio» che non gli è mai mancato. Ecco l'altissimo, pallidissimo Piero Fassino, detto «tibia»: «Adesso - dice ecumenico - D'Alema è il segretario di tutti». Ed ecco il piombinese Fabio Mussi: rancori? «Ma no, la fase precedente è stata superata». E a Massimo De Angelis, capoufficio stampa di Occhetto, tocca il supplizio peggiore: dover gestire la prima conferenza stampa di D'Alema al Bottegone. Ma gli occhettiani non sono tutti ecumenici: «Ora c'è il congresso...», dice il segretario dell'Emilia La Forgia. E che ci sia voglia di rivincita lo dimostra il fatto che già ieri gli amici di Occhetto si sono incontrati e qualcuno ha adombrato l'ipotesi di far nascere una corrente «occhettiana». Fabio Martini

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