La Chiese perdona Baget Bozzo

Genova, il sacerdote (ex europarlamentare del psi) aveva rinunciato all'attività politica Genova, il sacerdote (ex europarlamentare del psi) aveva rinunciato all'attività politica la Chiese perdona Baget Bozzo Dopo 10 anni, revocata la sospensione «a divinis» ROMA. La Chiesa «perdona» Gianni Baget Bozzo e revocherà la sospensione «a divinis» inflitta al noto Sacerdote e politologo dal cardinal Giuseppe Siri nel 1984, dopo la sua elezione a europarlamentare nelle liste del partito socialista. Con l'abbandono della vita politica (Bozzo non si è infatti ricandidato alle ultime europee) sarebbero venute automaticamente meno le ragioni della sospensione, tanto da indurre l'arcivescovo uscente di Genova, Giovanni Canestri, ad avviare il procedimento di revoca della sanzione ecclesiastica. «Non faccio alcun commento», dice Baget Bozzo. E alla domanda se sapesse di un imminente provvedimento curiale in suo favore, risponde: «Lo sa Dio». Dopo dieci anni, durante i quali il sacerdote non ha potuto celebrare i sacramenti, confessare e predicare, potrà così tornare - come lui stesso disse qualche tempo fa - «a un grande amore che avevo perso». Per Baget Bozzo, che oggi ha 69 anni, si ipotizza il ritorno nella parrocchia del Sacro cuore di Carignano, nel centro di Genova, la stessa dove venne ordinato sacerdote nel 1967. Asessantanove anni, don Giovanni Battista Baget Bozzo ricomincia da capo, e riprende l'attività di prete a tempo pieno, forse destinato alla parrocchia del Sacro Cuore di Carignano, nel centro di Genova, la stessa dove venne ordinato nel 1967. Era l'epoca in cui su Genova dominava l'austera e carismatica figura del cardinale Giuseppe Siri, arcivescovo per un quarantennio, per tre volte sul punto di diventare papa, uomo di riferimento per i settori della Chiesa in Italia e all'estero che non volevano svendere la perenne tradizione con il rinnovamento portato dal Concilio. E don Gianni Baget Bozzo (come si faceva chiamare per abbreviare il doppio nome) del cardinale Siri diventa il pupillo, l'uomo di fiducia al quale affidare per ben nove anni, dal 1969 al 1978, la direzione della rivista «Renovatio», che è la voce diretta del cardinale, il suo modo di esprimere pubblicamente riflessioni teologiche ed etico-politiche. Prima del 1967, prima cioè di diventare prete, Baget Bozzo era già molto noto all'interno del mondo cattolico italiano, con scelte discutibili quali l'appoggio dato a Tambroni e al suo governo di centro-destra, le posizioni di rigore integralista che lo collocavano all'opposta sponda rispetto a Aldo Moro. Negli anni Settanta diventa inviso ai cattolici democratici quando viene inviato a normalizzare la «Pro Civitate» di Assisi, singolare esperimento di laici impegnati, in sospetto di deviazionismo di sinistra. Con un tale passato di uomo d'ordine, perfettamente organico a Siri, fece ovviamente un grande scalpore la decisione di candidarsi al Parlamento europeo nelle liste del Partito Socialista: un doppio affronto, al cardinale Siri - da cui in verità divergenze di opinione lo avevano già allontanato - e alla tradizione democristiana Poco prima di allora comunque don Gianni aveva preso a parlare e scrivere dovunque gli fosse concesso, anche su riviste dichiaratamente di sinistra e guardate con sospetto dal cattolicesimo ufficiale, come quel «Com-Nuovi Tempi» sintesi poi disciolta del dialogo tra le comunità di base e il protestantesimo italiano della chiesa valdese. Il filo rosso di tale parabola politica ed esistenziale va cercato nella convinzione che fosse finita l'era dell'Italia schierata in due chiese politiche: la ,: , Don Gianni Baget Bozzo: dopo dieci anni di sospensione «a divinis», l'ex pupillo del cardinale Siri potrà tornare a dire messa: «Sarà il ritorno a un grande amore che avevo perso» giorno dopo scendeva in campo il ben più autorevole «Osservatore romano» riportando una dichiarazione del 1980 in cui don Baget rilevava: «non ho nessun desiderio politico. Sto benissimo dove sono. Non ho intenzione di mutare quello che sono». Il quotidiano della Santa Sede marcava la contraddizione e poi riportava con fare notarile le norme del diritto canonico che vietano ai sacerdoti di far parte attiva in partiti politici e sindacati, appoggiando così il provvedimento di sospensione della Curia di Genova e un'analoga presa di posizione dei vescovi di Campania, Puglia e Basilicata, le regioni dove il sacerdote è stato poi eletto al Parlamento europeo. Perchè quella scelta? L'«Osservatore» se lo chiede e risponde riprendendo le parole di don Baget: «perchè nel socialismo ci sono antiche radici cristiane, c'è un filone cristiano segreto e un comune spirito libertario». «Ma per i cristiani - chiosava il giornale vaticano - resta sempre un nodo da chiarire: se la fine dell'anticlericalismo, se il riconoscimento del ruolo della religione e della Chiesa cattolica significhi la fine anche della visione laicista, delle posizioni areligiose». La sospensione «a divinis» comunque non ha mai impedito le attività pubbliche e più volte, nei panni del commentatore politico, non ha mancato di criticare il Magistero sul fronte sociale. Ma la Chiesa gli manca: lo ha detto lui stesso già due anni fa, consapevole del tramontare dell'esperienza politica: voglio tornare «a un grande amore che avevo perso». De e il Pei. E così nel 1984 il chiasso provocato dal «tradimento» fu davvero enorme. «Avvenire» del 16 maggio 1984 parla con astio e amarezza del «prete politologo», rilevando un'altra caratteristica, quella cioè di saper spaziare sugli avvenimenti interni ed internazionali, che ha portato il sacerdote genovese a distinguersi nel panorama dei commentatori. Il