Gli ayatollah condannano a morte la cravatta di Aldo Cazzullo
Gli ayatollah condannano a morte la cravatta Gli ayatollah condannano a morte la cravatta Khamenei: con il papillon è segno dell'invadenza dell'Occidente Iraniani, toglietevi la cravatta. Vi sta malissimo. Non è da musulmani portarla. Via anche i papillon, simboli dell'invadenza occidentale. E' l'ultima enciclica della teocrazia di Teheran; l'ha diffusa ieri Ali Khamenei, guida religiosa della Repubblica islamica e capo dell'ala dura della nomenklatura persiana. «Da oggi indossare cravatta e farfallino è proibito», dice Ravviso religioso» a sua firma, pubblicato dal quotidiano Ressalat. «Sono segni di imitazione e diffusione della cultura d'invasione dei non musulmani». Ascot e foulard non sono nominati. Eppure in Occidente la cravatta non è proprio al suo apogeo. Prima di Khamenei, anche Versace aveva invitato tutti a toglierla, sia pure con altre motivazioni: «Ormai non è più un segno di distinzione, la mettono pure i banditi», disse, accenden¬ do l'indignazione dei produttori. Che questa volta forse taceranno: già prima del monito religioso, l'Iran non era tra i principali importatori. Fin da quando arrivò Khomeini, nel '79, a Teheran la cravatta non è di moda. Anche un pragmatico come il presidente Abel Hassan Bani Sadr la definì una «coda d'asino» (ma in esilio a Parigi ha cambiato idea). Le rivoluzioni hanno bisogno di simboli, e gli ayatollah difendono con giusta tenacia i segni distintivi dell'Islam dagli invadenti modelli occidentali. Come il chador, rilanciato d'autorità dopo la caduta di Reza Pahlevi, divenuto il simbolo del cambio d'epoca e difeso con orgoglio dalle studentesse iraniane in Francia e in Germania. Non è obbligatorio che copra il viso, basta che la donna non. mostri i capelli: le annunciatrici tolevi- Ali Khamenei, guida spirituale dell'Iran sive, ad esempio, portano solo un foulard, come del resto in quasi tutti i Paesi musulmani. Qualche concessione a costumi più liberi si intravede da tempo, e ovviamente viene dal¬ l'ala pragmatica (e vincente) del regime, che Khamenei non ama ma di fatto regge le sorti dell'ex impero di Dario e dello Scià. Capo indiscusso è il presidente Rafsanjani. Fu proprio lui, quattro anni fa, a invitare gli iraniani, nel discorso del venerdì, a curare di più il loro aspetto. «Non sta scritto da nessuna parte sul Corano che l'uomo debba trascurarsi. L'Islam non impone di essere sporchi. Lavatevi di più. Tagliatevi la barba. Cambiatevi i vestiti». Qui il passaggio più scabroso: «In particolare, lavatevi i piedi. Alla preghiera del venerdì c'è spesso cattivo odore nelle moschee». Poi l'affondo finale, dedicato a un tema tradizionalmente popolare: «L'Islam non impone neppure di essere casti. Fate in modo che le donne vi amino». Aldo Cazzullo
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