Quanti boiardi felici di arrendersi agli ex nemici arrivati al potere

Per via Veneto si fa strada Riverso, a via Nazionale resta il braccio di ferro su Padoa Schioppa ■... NOAM E COGNOMI Quanti boiardi felici di arrendersi agli ex nemici arrivati alpotere HE differenza c'è tra la guerra del Vietnam e poniamo - la campagna governativa che ha spianato i professori della Rai o la conquista di altre postazioni chiave del potere politico ed economico da parte dei comandanti della seconda Repubblica? Forse non ci crederete ma, a parte l'uccisione fisica del nemico, le analogie sono infinite, almeno a stare a un ponderoso saggio («Conflitto e coercizione») appena uscito per «Il Mulino». L'ipotesi dell'autore, Gaspare Nevola dell'Università di Torino, è - riassumendola un po' all'ingrosso - che i conflitti tra partiti politici e tra gruppi sociali o imprenditoriali possono essere interpretati analogamente ai conflitti tra Stati, insomma come guerre. Maneggiare il modello di analisi non è proprio semplice per noi profani, ma ci pare che nulla meglio di ciò che sta capitando in questi giorni alla Rai e altrove confermi l'idea del «conflitto coercitivo», che è diretto a far cedere e non a distruggere l'avversario. Del resto, già von Clausewitz, parlando di guerre guerreggiate con morti e feriti, diceva che «se si ammette l'influenza dello scopo politico sulla guerra, non esistono più limiti alla mitigazione della guerra, e dobbiamo rassegnarci a discendere fino a quelle guerre che si limitano a minacciare l'avversario e servono solo ad appoggiare negoziati». Avete visto sulla Rai la graduazione di toni tra il ministro Giuliano Ferrara, più duro, e il presi- ZÌU11: liane dente Berlusconi, più morbido? Fatto sta che a Saxa Rubra la resistenza dei professori non ha offerto troppo spazio a «negoziati» e non potrà che lasciare sul terreno morti e feriti (virtuali naturalmente). Del resto, nella bellicizzazione del conflitto politico è a Gianni Letta che è affidata la «diplomazia coercitiva». E in quest'arte ha già compiuto miracoli. Prendiamo il caso della Stet, forse la più importante tra le aziende pubbliche per l'avvenire industriale del Paese: con Michele Tedeschi la governava Biagio Agnes, storico generale del fronte avversario, quello demitiano e perciò consociativo. Bene, la postazione è stata presa da Letta senza sparare un sol colpo, con la semplice cooptazione dei capi di Stato maggiore. Se è andata così liscia con il settore sinistro delle forze schierate sul terreno, figurarsi con quello destro, che marciava fino a ieri sotto le insegne Biancofiore andreottiane: l'ex generale dei carabinieri Roberto Jucci passa a capo della marineria, come presidente della Fin- mare, con primo ufficiale Antonio Zappi, ex Sip; Ernesto Pascale, bravo manager, per di più con la fortuna di avere dimestichezza con un pensatore di destra (tale Benincasa), diventa capo di Telecom; Gianni Pasquarelli, che qualche mese fa consegnò la Rai disastrata ai professori, trascorrerà una tranquilla terza età nelle retrovie dell'Ili. E, mentre incalzano Pietro Armani, Giovanni Pinto e una teoria infinita di ex ufficiali zaristi alla ricerca di nuove mostrine, Letta e i suoi si occupano - con tanta diplomazia e nessuna coercizione - persino dei furieri. Ricordate Gioacchino Albanese, protagonista, come attendente di Cefis, del conflitto Montedison e supercitato nella ricerca di Nevola? Oggi è praticamente il capo di Stato maggiore del ministro Publio Fiori. E Giuseppe Ciarrapico? Sgambetta tra Fini, Letta, tanti vecchi avversari e nuovi amici, con l'agilità di un fante appena coscritto. Chiediamo scusa al dottor Nevola se abbiamo usato impropriamente il suo modello, ma quali casi, meglio di quelli citati, possono dimostrare - senza ironia - la voglia delle coorti sottogovernative della prima Repubblica di «cedere» alla seconda Repubblica senza neanche «confliggere» politicamente? In fondo, il trasformismo umanizza anche i conflitti più sanguinosi, senza neanche «diplomazia coercitiva», in un tripudio dell'inestinguibile cordata all'italiana. Alberto Staterà era

Luoghi citati: Vietnam