Un metodo inaccettabile
« « Un metod® inaccettabile » Demattè: non vogliono dialogare Senza garanzie ce ne andiamo ROMA. «Nessun confronto, nessuna possibilità di argomentare, di chiarire, di segnalare i vincoli e le alternative. Quella del governo è stata solo una sentenza, senza alcuna possibilità di contraddittorio. Un metodo inaccettabile». E' un Demattè insolitamente aspro quello che parla davanti alla commissione parlamentare di Vigilanza. Doveva essere la giornata delle «controdeduzioni» del ministro delle Poste Tatarella al piano dei Professsori. E' diventata quell'estrema arringa difensiva del presidente della Rai. La risposta ai rilievi mossi ai Professori dal ministro-portavoce Ferrara. E al loro preannunciato «licenziamento». Un'orazione veemente e puntuale. Al punto che Storace insorge, definendola un «colpo di mano», chiedendo al presidente dalla commissione di bloccare l'intervento. Ma Taradash permette al presidente della Rai di finire. Demattè si dice preoccupato «che si possa creare un clima nel quale vengano legittimate come discriminazioni le lagnanze di quanti in passato hanno goduto di vecchi privilegi o hanno creato sprechi e danni all'azienda o cercano protettori per le loro pratiche». Poi passa al contrattacco. Ferrara ha parlato di «clima di ossequi e di compunzione progressista» in Rai? Il presidente difende l'informazione Rai, forte anche dei dati dell'Università di Pavia. «Se non si valutano singoli episodi e se il metro è tener presente il dovere costituzionale di rappresentare tutte le voci, l'offerta Rai non può essere accusata di sostanziali squilibri» afferma, ritorcendo l'accusa di parzialità sulle tv private. Ma «gli elementi preoccupanti», per il Professor dei Professori sono le questioni economiche. «Affermare che l'operazione di risanamento è "un mero riassetto del bilancio di esercizio", come ha detto Fenara, significa non aver preso atto delle azioni già impostate e illustrate anche a questa commissione», ribatte Demattè. Che, a beneficio di inventario, riassume la serie di misure prese, dai tagli di 1367 dipendenti, agli 85 dirigenti al ballottaggio gli «azzurri» pensano al partito in meno, alla riduzione delle spese per 403 miliardi per il 1994. Eccetera. «Se questo non è un intervento radicale, quali sono gli interventi radicali?» si chiede l'eminente docente della Bocconi, ricordando che il bilancio è stato per la prima volta approvato all'unanimità dal collegio sindacale. «Altrettanto inadeguata e ingiusta», per Demattè, è la polemica sull'indebitamento accumulato negli anni scorsi dalla Rai. «E' come se noi imputassimo al governo attuale la massa del debito pubblico e del deficit dello Stato». Ma ancora più grave, per il presidente della Rai, «è l'affermazione di Ferrara che "senza gli effetti del decreto salva-Rai, il piano di risanamento si chiuderebbe con un deficit complessivo di centinaia di miliardi"». Demattè, punto per punto, smonta l'accusa, ricordando i tre dispositivi finanziari del decreto «nessuno dei quali comporta alcun onere per le casse dello Stato». Conclusione: «Gli amministratori della Rai sono ben consapevoli delle difficoltà e dell'importanza del momento e stanno svolgendo il loro incarico con forte senso di responsabilità - anche di fronte a critiche molto dure e spesso ingiustificate. Ma, consapevoli che la difesa dell'autonomia delle istituzioni e il rispetto delle leggi sono il cardine di una società libera e funzionante, essi non possono continuare nel loro impegno se non esistono condizioni tali da consentire una gestione del servizio pubblico efficiente, autonoma e rispettosa dei diritti dei cittadini». Al Professore l'onore delle armi del ministro Ferrara. «Mi spiace che il presidente della Rai prenda le critiche, da me rivolte a nome del governo, come un fatto personale. Auguro al professor Demattè, a cui ho confermato la mia personale stima, di continuare a difendere le sue idee sul servizio pubblico, magari da presidente della Rai, per lunghi anni ancora». E Demattè: «Anch'io ricambio la stima. Valuteremo se ci sono le condizioni giuste per portare avanti il nostro lavoro», [m. g. b.]
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