Da Torino un sì a Veltroni

38 Nei tre giorni di consultazione sul dopo Occhetto si sono espressi in 157 su 250 Da Torino un sì a Veltroni Ma metà della Quercia non ha votato Il pds di Torino dice Veltroni. L'hanno scritto sulla scheda 68 (43 per cento) membri del comitato federale dei 157 che hanno accettato di farsi consultare. D'Alema ha ottenuto 46 preferenze (30 per cento), Vitali 8 (7 per cento), Chiamparino, Violante, Trentin, Imbeni, Luigi Berlinguer, Napolitano, una ciascuno, 26, seguendo l'esempio dei 15 dissidenti, che hanno contestato il metodo della consultazione imposto da Roma, non hanno voluto esprimersi. Gli aventi diritto erano 250, quindi all'appello finale sono mancati altri 93 voti. Il risultato è stato fornito ieri poco dopo le 20,30, mentre il comitato federale della Quercia stava discutendo la proposta illustrata alle 18 dal segretario Sergio Chiamparino: «Il pds torinese ritiene che la fase apertasi dopo le dimissioni di Achille Occhetto, il modo convulso e contraddittorio con cui si è proceduto, la discussione che è affiorata, lo stesso andamento delle consultazioni, siano la dimostrazione dell'esigenza di rimettere il confronto politico per la scelta del nuovo segretario ad un congresso nazionale». Ecco il punto, la stragrande maggioranza dei pidiessini cresciuti sotto la Mole Antonelliana non accetta che il successore del compagno Achille sia eletto dal Consiglio nazionale che si aprirà giovedì. E ieri all'assemblea plenaria riunita al centro civico di via Stradella 192, quest'esigenza, salvo eccezioni anche illustri, è emersa con chiarezza. «Stiamo chiedendo il congresso sin dal giorno dopo la sconfitta di marzo», dice convinto Chiamparino che prosegue: «Proponiamo alla direzione nazionale di indirlo al più pre- sto, garantendo con una soluzione di reggenza provvisoria la gestione della Quercia». In controtendenza Luciano Violante: «Non si può aspettare il congresso. Farebbe perdere troppo tempo. I due candidati devono presentarsi al Consiglio nazionale con una piattaforma d'intenti, con un progetto politico e il Consiglio li voterà. Poi, tra novembre e dicembre, potrà svolgersi il congresso al quale il segretario scelto adesso, si presenterà dimissionario. Lì si discuterà se confermarlo o no». Nel caldo salone dov'è riunito il «parlamentino» della Quercia torinese la maggioranza degli intervenuti è però con Chiamparino. Ma, nonostante la «voglia» di congresso, emergono i supporter dell'uno o dell'altro successore di Occhetto. Rocco Larizza fa capire che lui preferirebbe D'Alema, mentre Dino Sanlorenzo sembra più orientato a favore di Veltroni. E a questo punto arriva l'arringa del senatore Gian Giacomo Migone: «Non dobbiamo avere paura del confronto e nemmeno dello scontro, le candidature in alternativa non possono essere considerate un trauma. Soltanto le strutture rigide hanno di questi timori. Ma, attenzione, le strutture rigide si spaccano. Invito D'Alema e Veltroni non solo a formalizzare le loro aspirazioni, ma, soprattutto, a non ritirarsi». L'ex senatore ed ex segretario della federazione Renzo Gianotti invece è convinto che sia necessario un profondo dibattito politico prima di eleggere il nuovo segretario: «Le dimissioni di Occhetto - dice - o sono il risultato di una crisi di nervi, e allora non tocca a noi discuterle, oppure la presa d'atto della sconfitta, e allora analizziamole con un confronto politico che, in termini compiuti, potrà svolgersi soltanto in un'assise nazionale». A giudizio di Massimo Negarville, membro dimissionario della direzione, «l'attuale gruppo dirigente, preso com'è da logiche interne al partito, dimostra di essere incapace di capire ciò che sta accadendo nel Paese. Eppure il recupero progressista nei ballottaggi di domenica dovrebbe avergli insegnato che molte città e province italiane sono pronte al dibattito nella sinistra, ma non certo in un Consiglio nazionale di partito». Analogo il ragionamento di Domenico Carpanini, presidente del Consiglio comunale, il quale non ha dubbi ad affermare che tra Veltroni e D'Alema sceglierebbe Veltroni, «anche se continuo nella mia dura critica al metodo della consultazione imposto da Roma». Chiamparino vuole lasciare una porta aperta al Consiglio nazionale e anche a Violante. Per questo chiede «una forte iniziativa politica di opposizione nei confronti del governo Berlusconi» e, pur auspicando il congresso, nell'ordine del giorno del comitato, scrive che se «la campagna congressuale aperta al confronto con tutte le forze di opposizione» non fosse possibile, sia almeno la direzione del partito ad indicare i candidati da eleggere in Consiglio nazionale sulla base di progetti politici contrapposti. «Per noi - dice è una questione di principio. Irrinunciabile». Giuseppe Sangiorgio Chiamparino: «Chiediamo il congresso da marzo per decidere sul leader» Violante: «No, si perderebbe troppo tempo» 30% Quarantesei preferenze per l'ex delfino di Occhetto. Al terzo posto Vitali (6 per cento), quindi un gruppo di personaggi torinesi, tra i quali il segretario Sergio Chiamparino e Luciano Violante. 43% Vittoria pronosticata per il direttore dell'Unità. Ma è evidente il malumore per il metodo del referendum: il 30% dei grandi elettori non ha votato, e un altro 20% ha consegnato la scheda in bianco. 30% 43% Quarantesei preferenze per l'ex delfino di Occhetto. Al terzo posto Vitali (6 per cento), quindi un gruppo di personaggi torinesi, tra i quali il segretario Sergio Chiamparino e Luciano Violante. Vittoria pronosticata per il direttore dell'Unità. Ma è evidente il malumore per il metodo del referendum: il 30% dei grandi elettori non ha votato, e un altro 20% ha consegnato la scheda in bianco. - - ■ ■■ ■ ■ • ■ Sergio Chiamparino: «Vogliamo una reggenza provvisoria della segreteria»

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