«fona Italia siamo progressisti»

Nella città imbandierata come non mai il partito del Cavaliere diventa l'urlo di tutti i tifosi Nella città imbandierata come non mai il partito del Cavaliere diventa l'urlo di tutti i tifosi «fona Italia, siamo progressisti» C'è il Messico, la politica può attendere C'è chi ha fatto una colletta tra i condòmini per addobbare del tricolore l'intero palazzo, e chi si è fatto cucire un bandierone gigante da mammà «perché comprarne uno così grande costava troppo». Qualcuno ha rispolverato il vessillo di Italia '90, altri han tirato fuori dall'armadio quello un poco sbiadito del 1982: «E' quello mitico di Italia-Germania, sa? Porterà fortuna persino a Baggio». «Stasera con il Messico ci giochiamo tutto» dicono i tifosi: e in attesa di incollarsi alla tivù alle 18,20, quando l'arbitro fischierà il calcio d'inizio, le bandiere dei mondiali sventolano a migliaia, dai balconi e le finestre di tutta la città. Il cuore colorato dei tifosi batte, come sempre, soprattutto in periferia: a Mirafiori Sud, in Barriera di Milano o alle Vallette non c'è strada senza un poco di bianco-rosso-verde mosso dal vento sulle facciate dei palazzi. In via Michele Amari 5 due famiglie, dirimpettaie al quinto piano, si son date da fare già il mese scorso. «Mio marito, in verità - dice Maria Spini, impiegata di 37 anni - voleva colorare l'automobile. Poi abbiamo cambiato idea: abbiamo raccolto i soldi da tutte le famiglie e costruito una superbandiera». La signora del quarto piano ha cucito un doppio vessinone (ciascuno è alto 16 metri e largo due), che corre lungo tutti i balconi dello stabile. «E dire che non siamo appassionati di calcio - dice Maria Spini -. Ma quando c'è di mezzo l'Italia...». «Perché? Ma come, è ovvio, no? Perché bisogna sostenere la squadra, farle sentire tutto il nostro calore, darle manforte» dice Pino Baho, barista di 26 anni che abita nel palazzo. Così detta il cuore dei tifosi. Di tutti quanti: guai a far loro notare che Baggio e compagni non possono vedere i loro balconi tricolori perché sono piuttosto lontani dall'Italia. Il tifoso-medio s'ingarbuglia. «E' vero che non possono vedere le nostre città imbandierate, sì. Non l'ho mica messa per questo. La bandiera si mette al balcone perché siamo italiani». Peggio ancora. Non si può non replicare che siamo italiani anche quando i mondiali di calcio non ci sono. Ma a questo punto il tifoso-medio comincia a pensare di aver di fronte un marziano. «Ma insomma, ai mondiali la bandiera si mette e basta. Forse è che non possiamo fare nient'altro che tifare restando a casa, e allora ci aggrappiamo al tricolore. Qualcosa di concreto bisogna pur farlo». Berlusconi? Il nuovo miracolo italiano? «Ma va là, io voto progressista. E Forza Italia lo grido lo stesso. Quando c'è di mezzo il pallone siamo tutti fratelli». Piazza Bengasi è un trionfo tricolore. Una bandiera sventola dal balcone di Bianca Gibelli, 47 anni, ambulante di formaggi: «E' questione di fierezza. Di calcio capisco poco, ma le partite dei mondiali non me le perderei per nulla al mondo». Via Onorato Vigliani 171. Valter Mocellin, impiegato di 28 anni: la sua super-bandiera (tre metri quadrati) se l'è fatta cucire dalla mamma. «Sono scan-da-liz-za-to» sillaba in modo che si capisca bene la sua indignazione. «Non mi ricordo più dove, ma ho visto in città un tricolore con la foto di Berlusconi. Ma possibile? Mi scoccia da morire che quello là si sia appropriato dell'urlo dei tifosi». Fabio e Andrea Roscigno, 15 e 20 anni: «Che cosa c'è di meglio, quando l'Italia vince, che uscire in auto suonando il clacson, far festa, baciare persone che non si conoscono, salutarsi gli uni con gli altri? In quei momenti siamo tutti amici. Senza distinzione politica o di classe sociale». Già: in barba a quelli del «Movimento '92 per le ragioni della sinistra», che hanno scritto in Comune e ai giornali stigmatizzando «il fenomeno di gazzarra che trasforma la città in un assordante carosello, espressione degenerata del senso della libertà e causa di un grave inquinamento dell'ambiente». A mano a mano che ci si allontana da Mirafiori, le bandiere calano. I tricolori scemano lungo corso Unione Sovietica: e se il colpo d'occhio su via Montevideo è ancora un tripudio di bandiere, in corso Sommeiller non se ne vede più una. Inutile cercare bandiere alla Crocetta: alle finestre delle ville dell'isola pedonale non ce n'è l'ombra. Qualche tricolore timido timido, di piccole dimensioni, fa capolino qua e là in via Cassini e in corso Galileo Ferraris. Giancarlo De Pinto, studente di 24 anni, ne ha appeso al balcone di via Cassini 30 uno piccino piccino. «Le bandiere colorano la città, la rendono meno grigia. E poi così la nostra nazionale non si sentirà abbandonata. Si tifa, si soffre tutti insieme minuto per minuto. E ci si sente fieri di essere italiani, se si vince. I quartieri poveri più degli altri: chi ha poche occasioni di gioia tifa di più, con più cuore, perché ha minori occasioni di vittoria e di riscatto». Dalla Crocetta al centro: niente bandiere in via Roma, piazza Castello, piazza Cavour. Una soltanto spunta da un abbaino di piazza San Carlo. Poi l'ondata tricolore riprende quota: crescono le bandiere dalle finestre delle soffitte di piazza della Repubblica, e il loro numero aumenta da corso Giulio Cesare alla periferia Nord della città. E stasera, tutti con il fiato sospeso davanti al televisore, a incrociare le dita e a gridare. Forza Italia, o magari Forza azzurri. Giovanna Favro Ma c'è anche chi chiede al sindaco di vietare i cortei fino a tarda notte L'ideatore della lunga bandiera che in via Amari 5 copre cinque piani del palazzo è il barista Pino Raho di 26 anni (a fianco) L'ambulante Bianca Gibelli di piazza Bengasi (sotto) Andrea Roscigno di via Onorato Vigliani (sopra): «E' bello far festa»

Luoghi citati: Germania, Italia, Messico, Milano