Bragaglia cent'anni di leggerezza

Bragaglia, cent'anni di leggerezza Bragaglia, cent'anni di leggerezza /festeggiamenti per il regista nato col cinema ROMA. Per festeggiare il suo centesimo compleanno, Carlo Ludovico Bragaglia ha scelto il Palazzo delle Esposizioni, lo stesso che alcuni mesi fa ospitò una rassegna cinematografica a lui dedicata. Ma non sarà una commemorazione, quella del 7 luglio, a ventiquattr'ore dalla sua data di nascita. Tutt'altro. Con atto di estrema vitalità Bragaglia ha deciso di presentare il suo ultimo libro, «Strofe sfiziose», un volumetto di versi illustrato dai disegni che tanti suoi amici registi, da Fellini a Magni, gli hanno mandato negli anni. «La biografia l'ho già scritta raccontando la mia vita a Lamberto Antonelli e accettando il giudizio di Ernesto G. Laura nel libro "Nato col cinema". Quel che avevo da dire su di me sta lì dentro. Adesso mi occupo d'altro». Regista estremamente prolifico, arrivato a realizzare sette film in tredici mesi, due dei quali si racconta girati contemporaneamente, Carlo Ludovico Bragaglia, fratello dell'ancora più celebre teatrante Anton Giulio, ha praticamente lavorato con tutto il ci¬ nema italiano degli ultimi cinquantanni: da Rascel a Totò, da De Sica a Fabrizi, da Peppino De Filippo a Taranto, da Rossano Brazzi ad Amedeo Nazzari, E poi le donne: Luisa Ferida, Maria Denis, Anna Magnani, Silvana Pampanini, e perfino la super carrozzata Jane Mansfield, chiamata in Italia per fare «Gli amori di Ercole», uno dei tanti «peplum», i film mitologici che usavano allora, nonché uno dei molti generi commerciali che Bragaglia praticò senza vergogna. «Non ho mai ritenuto che il cinema fosse un'arte, ma piuttosto un'industria. Perciò ho sempre fabbricato film che potessero portare indietro i soldi a chi li finanziava. E questo per me è stato motivo di vanto». Per modestia? «No. Anch'io ho le mie superbie e le mie ambizioni. Solo che vedo il cinema come un crogiuolo di metalli nel quale l'oro si mischia al piombo e solo involontariamente può diventare anche un gioiello», è la risposta arguta, da consumato conversatore di Bragaglia che ancora oggi, nonostante gli anni, si diverte a civettare telefonicamente con la voce delle donne, soprattutto se sconosciute e quindi più adatte per proiettarvi fantasie. La leggenda che gira su di lui racconta che fosse rapidissimo nel girare e strepitoso nel risparmiare pellicola. «0 la borsa o la vita», il primo film fatto nel 31, era figlio di un patto stipulato con Emilio Cecchi all'epoca direttore della Cines: per ogni metro di pellicola risparmiata Bragaglia avrebbe avuto un compenso in denaro. Pare che fosse stato tanto bravo da superare in questo modo il disastro economico provocato dal primo film di suo fratello Anton Giulio, allora già stanco del teatro degli Indipendenti e della Casa d'Arte Bragaglia. Da allora, e fino a metà degli Anni Sessanta, non si è più fermato, arrivando a quota sessantacinque film, tra belli e meno belli, divertenti o soltanto popolari. Ma perché abbandonare un compito tanto innovativo, come quello portato avanti con il Teatro degli Indipendenti, e mettersi a girare furiosamente una pellicola dietro l'altra? Carlo Ludovico Bragaglia ha una sua teoria, «lo non ho mai considera¬ to creativo il mestiere di mio fratello. Mio fratello metteva in scena testi di altri, ma in teatro l'autore è chi scrive. Il regista teatrale interpreta e basta. Nel cinema no. Nel cinema chi dirige esercita, a modo suo, la propria creatività. Altrimenti perché non si dice mai "I sei personaggi" di Strehler e si dice, invece, "Morte a Venezia" di Visconti, quando ognun sa che "Morte a Venezia" l'ha scritto Thomas Mann?». Nessun rimpianto, quindi? «Per carità. Io e mio fratello avevamo interessi diversi. A un certo punto i nostri destini si sono divisi. Io venivo dalla fotografia e il cinema, per uno come me, era l'approdo più naturale». Qual c la sua dote più particolare? «Essere arrivato ai cent'anni. E' per questo che tutti vogliono ricordarmi». Oggi i centenari non sono poi così rari. «Non ci sono, però, registi centenari. Io rappresento un'eccezione e l'eccezione incuriosisce. E poi la giovane critica mi ha riscoperto, ed essendo per lei una novità, intende perfino glorificarmi». Simonetta Robiony Ha girato film d'ogni genere: «Pensavo anche agli incassi» Nella foto grande, Carlo Ludovico Bragaglia quand'era uno dei più attivi'registi del nostro cinema. A fianco: Bragaglia oggi, centenario

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