Picasso grande amico ti ho corretto così di Marco Vallora
lombo James Lord a Milano per presentare la biografia dedicata all'artista e alla bellissima Dora Picasso, grande amico, ti ho corretto così Leros della Maar, il genio di Fabio: «Una compenetrazione fra arte e desiderio» r~pt\ MILANO L ' E fosse un film muto, in^ comincerebbe da un pril I missimo piano. «Vi era un L_^ZJ campanello che suonai. Un esile tintinnio a distanza annunciò che ero capace di far qualcosa, ma il silenzio che seguì suggeriva che non si trattava di un granché». Un sapiente inizio di romanzo, uno splendido romanzo del Novecento, sotto forma di inusuale biografia. Picasso e Dora, di James Lord, appena uscito da Rosellina Archinto. Perché dietro quella poila realmente leggendaria, 7 Rue des Grands-Augustins, farfuglia il ciabattoso passo di un cerbero pasticcione in basco, che si chiama Sabartés, il segretariobiografo di Picasso: e alla fine cederà alle insistenze, schiudendo il portoncino. Così, poco a poco, sfogliando come un vegetale corridoi pesti di mistero e saloni «patinati di polvere» ecco che - condotti in silenzio da un'arte sofisticatissima della suspense stilistica - arriviamo al fulcro del labirinto, «un uomo basso, quasi calvo», apparentemente da nulla. Picasso, il vero cuore del Novecento. James Lord è un nome-favilla, per chi si occupa di arte. Americano, dandy, romanziere, collezionista di quadri e amicizie, intimo di Picasso e di Gertrude Stein, di Braque e di Cocteau, una visita a Matisse, un caffè da Balthus, la rivalità con Douglas Cooper, è noto soprattutto per la monumentale biografia di Giacometti. Fa un certo effetto vederlo avanzare, la quadra mascella da sportivo e uno spolvero bianco di chioma, tra la moquette intimorita dell'hotel di Milano, lui che si è abituati a situare tra i castelli della Loira, op¬ pure sui soppalchi carichi di segreti dei suoi amici pittori, mentre accende una sigaretta a Dora Maar oppure conversa di «quel ciarlatano e parolaio», che sarebbe poi Man Ray. Lui che, senza snobismo, ma confidenzialmente, quando allude a Pablo, Alberto, Fernand o Nicolas, parla in realtà di Picasso, di Giacometti, di Léger e di De Stàel. E se si avvicina, in Egitto, a una balaustra, quell'uomo che ha accanto, scuro e con un bicchiere di whisky in mano, non può essere che Faulkner, «lì per dare una mano, se non un nome, alla sceneggiatura di una inutile superproduzione». E' lui, in Dora e Picasso che agita quell'impaziente campanello, una mattina del dicembre '44. E' in divisa militare, lavora nei servizi segreti. Artista della vita, riflessivo commediante che non ha nemme- no ancora progettato di farsi narratore, eppure già «folgorato, ancor prima di raggiungere la pubertà, dalla compenetrazione fra aite e desiderio», decide di zoppicare, per attirare l'attenzione del temibile Minotauro. E ci riesce. Nasce uno strano rapporto, che Lord non vuole nemmeno chiamare di amicizia. Con una brutalità che soltanto una divina gaucherie adolescenziale gli fa perdonare, chiede direttamente a Picasso di fargli il ritratto. E se quello, divertito, al ristorante si schermisce, il giovanotto ha l'impudicizia di estraiTe una matita e un blocco, appena acquistati. Due minuti, ed ecco il capolavoro. Ma, «ero terribilmente deluso». E con un'arte suprema della psicologia Lord ci racconta perché. Prende la matita e «corregge», «migliora» lui, quel disegno. Non ò che l'inizio di ima lunga favola, che ha per protagonista la bellissima Dora Maar, la musa e modella di Picasso, l'amante di Bataille che fa la fotografa d'avanguardia e si lascia spolpare dal «mostro» come una fragile cavalletta: «Mi ha usato finché non ha avuto la sensazione che di me non era rimasto nulla». Anche Lord in fondo usa genialmente questo fantasma immaginario dell'eros di Dora come ar¬ matura romanzesca della memoria, aggregandovi l'albero sottile e tenace della propria biografia. Omosessuale senza tabù e raccontatore isherwoodiano dei propri amori maschili (non senza gettare un bagliore luciferino anche sugli appetiti sessuali incondizionati di un Picasso «apertamente libidinoso») Lord s'inventa quest'amore platonico e impossibile per la bella Dora, una dedizione che infuocò la sua vita. «Sì, Picasso lo sogno spesso, ancora, di notte. Ma Dora per me è stata più importante». Un mucchietto, oggi, di reumatismi e di osteoporosi, che «non vuol vedere più nessuno, vive ritirata dal mondo». Ma a ogni compleanno, ecco puntuali i fiori di James Lord, «promesso sposo» mancato. Marco Vallora Gli chiesi un ritratto e glielo «migliorai»: era il 44, cominciò la nostra storia Pablo Picasso negli Anni 40
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