Rivolta nella Genova allagata di Paolo Lingua

Rivolta nella Genova allagata Due ore di nubifragio mandano in tilt i quartieri di Ponente. Dal sindaco ultimatum al governo Rivolta nella Genova allagata A Voltri in mille bloccano il traffico GENOVA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Domenica notte la città ha rivissuto ore di terrore. Centoventi minuti ostaggio di una pioggia torrenziale, con l'incubo di un'altra sciagura, la terza in tre anni. Non ci sono state vittime, ma nei quartieri dell'estrema periferia occidentale (Sestri Ponente, Pegli, Prà, Voltri) i due maggiori torrenti, il Leira e il Cerusa, oltre che i loro affluenti e subaffluenti minori, sono straripati in più punti, causando danni ingenti. Ne hanno sofferto le comunicazioni, con un parziale blocco dell'autostrada Genova-Ventimiglia per l'allagamento d'una galleria e delle linea ferroviaria per gravi danni alla piccola stazione di PegH. Nella mattinata di ieri la situazione s'è «normalizzata» sotto un cielo plumbleo e con una pioggia stizzita che scrosciava a tratti facendo temere il peggio. Anche se, sulla base delle prime valutazioni, i danni non sono quelli del settembre dell'anno scorso e neppure paragonabili a quelli del settembre 1992 (si ebbero, rispettivamente, due e quattro morti), la situazione ha ormai le dimensioni d'un disastro geologico. Non basta, infatti, rifugiarsi nella giustificazione che i negozi allagati e messi fuori uso sono «poche decine» e che, di fatto, non ci sono «senzatetto», per chiuder gli occhi e ringraziare la buona sorte. Bastavano forse due ore di precipitazioni più intense per dividere un quarto della città dal resto del mondo e provocare centinaia, forse migliaia di miliardi di danni. Per questo, sin dall'alba di ieri, oltre un migliaio di cittadini a Voltri ha deciso di scendere in piazza e di inscenare una pacifica - ma tesa - manifestazione di fronte al municipio suburbano, sede del consiglio di quartiere. La rabbia dei manifestanti è esplosa con un blocco stradale davanti all'ex municipio. In serata si è svolta la Fiacco- lata già indetta da giorni dalle associazioni ambientaliste e dai numerosi comitati spontanei costituiti dagli abitanti dei quartieri del Ponente. Lo scopo annunciato della manifestazione era di attirare l'attenzione del governo Berlusconi affinché il Ponente genovese sia dichiarato area ad alto rischio ambientale, primo passo verso l'elaborazione di un piano di risanamento. Hanno aderito Wwf, Italia Nostra, Legambiente, Pro Natura, che denunciano: «Il Ponente della città è un territorio inquinato da 26 impianti a rischio e dissestato della cementificazione, dove vivono oltre 220 mila persone, dei 680 mila abitanti di Genova, vale a dire 4000 persone per chilometro quadrato, più di 30 volte la media nazionale». Dopo decenni di crisi, Voltri è adesso il borgo che s'affaccia alle spalle del porto satellite ad alta tecnologia, la struttura che offre la più concreta delle speranze di ripresa della città. Pure, la gente si batte perché il quartiere non diventi un ghetto e cerca di realizzare ristoranti, alberghi, centri di cultura. Pure, la natura qui è più che matrigna. Ma è solo colpa del destino e dei capricci della meteorologia del Mediterraneo? Lo stesso sindaco Adriano Sansa ne dubita. Ieri, con il presidente della provincia Marta Vincenzi, s'è incontrato con la gente infuriata, ha visto i negozi devastati e i rivoli di fango che vigili del fuoco e forze dell'ordine stavano già convogliando verso il mare. Ha detto il sindaco: «Non si può più andare avanti così. E' dal 1970, quando è avvenuta la terribile alluvione che ha sommerso il Ponente e ha provocato decine di morti, che non si riesce a realizzare un programma di interventi e lavori serio e sistematico. Si preferisce dare il via al cosiddetto "programma di governo", con una pioggia di opere publiche, strade e allacciamenti, dispersi nell'entroterra, a fini clientelali, invece che convogliare intelligenza e risorse nel riassetto idrogeologico del suolo». Il sindaco, che regge la città da sette mesi, ha saputo ieri dai suoi tecnici che è difficile anche mettere a punto interventi di emergenza cercando di deviare la furia dei torrenti, perché proprio a filo d'acqua sono sorte abitazioni come funghi. Hanno le fondamenta quasi sull'acqua e rischiano il crollo. Gli ultimi permessi, in barba a tutte le leggi, risalgono a poco meno di dieci anni fa. Pure non ci sono stati rimboschimenti a monte, non ci sono state profonde operazioni di dragaggio degli alvei, non sono stati rinforzati gli argini, non sono stati previsti sfoghi o canaletti di scolmo. Al tempo stesso sono saltate fogne dalle reti centenarie, tubi minori degli acquedotti, sono crollate passerelle, mentre i torrentelli e i rivi hanno peggiorato le condizioni di tutti i bacini che comunque scorrono tra le case, se non addirittura imbrigliati sottoterra, zigzagando sotto i pali delle fondamenta. Il sindaco vuole «una legge speciale che porti a Genova, in tempi stretti, da 300 a 500 miliardi». «I soldi lo Stato li ha di certo - ha detto Sansa - ne ha distribuiti e ne distribuisce tanti. Da quando sono sindaco ho incontrato amministratori di altre città, anche in Sicilia, che mi dicono di non sapere come utilizzare il denaro dello Stato. Prima delle elezioni, vorrei ricordare, Ciampi ha 'regalato' mille miliardi a due banche siciliane. Volete che lo Stato non abbia dai 300 ai 500 miliardi per Genova?». Paolo Lingua

Persone citate: Adriano Sansa, Berlusconi, Ciampi, Marta Vincenzi, Ponente, Sansa

Luoghi citati: Genova, Italia, Sicilia