Nigeria il gigante impazzito di Mario Ciriello

Impera la corruzione, il presidente eletto è stato arrestato dai generali, esplode la violenza fra tribù Impera la corruzione, il presidente eletto è stato arrestato dai generali, esplode la violenza fra tribù Nigeria, il gigante impazzito Voci di fuga di nove calciatori in Usa LONDRA NOSTRO SERVIZIO I nigeriani hanno un dono: il senso dell'umorismo. Lo possiedono a profusione, inesauribile, agile, fantasioso, una vera e propria filosofia della vita. Ne hanno bisogno. Passano da un dramma all'altro, sono in un labirinto senza uscite, in parole povere non sanno più a che santo votarsi. Un grande popolo, intelligentissimo, ma sfortunato, perché guidato da leader inetti, sventati o corrotti. Teophilus Danjuma, che fu capo di stato maggiore nel "79 e dirige adesso uno dei vari movimenti di opposizione, ha descritto con poche ma vivide parole questa Nigeria Anni Novanta: «E' una nazione dominata da due bande, quella dei pistoleri e quella dei truffatori. I pistoleri sono i militari, i truffatori i politici». Non stupisce pertanto la notizia di una tv di Boston, secondo cui nove giocatori della Nigeria, in America per i Mondiali, vorrebbero restare negli Usa e si accingerebbero a chiedere asilo politico. Se veramente desiderano fuggire (ieri sera hanno negato quest'intenzione, ma solo di fronte ai loro dirigenti), non li si può certo biasimare. L'economia nigeriana è lacerata da bufere crudeli; i diritti civili più non esistono; la protesta non è più tollerata. Le mille paure attizzate da tutti questi sismi spronano le forze centrifughe, ovvero tribali. C'è chi teme un sanguinoso conflitto, c'è chi addita lo spettro del Ruanda. Qua e là, già esplode la violenza. Il governatore militare del Rivers State, centro della produzione petrolifera, ha imposto la pena di morte nel tentativo di arginare i crescenti disordini. Ecco perché i nigeriani hanno subito definito una «farsa» la National Constitutional Conference, apertasi ieri a Lagos. L'ha inaugurata il generale Sani Abacha, l'uomo che siede ora al vertice in Nigeria; il suo discorso ha elargito promesse belle e copiose. Questa Conferenza - ha spiegato - durerà fino a ottobre e ha il preciso compito di preparare il terreno all'avvento della demo¬ crazia. L'anno prossimo, «emergeranno» i partiti, dopodiché si terranno le elezioni, dopodiché il regime militare si ritirerà dalla scena e cederà il potere ai civili scelti dai cittadini. «Lo so, è cresciuto il numero di chi non vuole più esser governati da capi in uniforme. Li accontenteremo». Ma si può credere ad Abacha? Non è questo lo stesso leader che ha ordinato, in questi giorni, l'arresto di Moshood Abiola, eletto presidente nel giugno '93? Le elezioni furono dichiarate «nulle», ma Abiola continua a protestare: «I soldati mi hanno rubato la mia presidenza. Me la devono restituire». Protesta anche il governo "americano, indignatissi- mo, secondo cui l'azione di Abacha «evoca dubbi profondi sull'impegno democratico del governo». Fatto sta che la Conferenza è boicottata da molti democratici. E' una storia esasperante, quella della Nigeria, tanto più in quanto l'altro «gigante» del continente nero, il Sud Africa, è riuscito a decollare verso un futuro pieno di promesse. Un africano su cinque è nigeriano. Potenzialmente, è terra ricchissima e l'economia, nutrita dal petrolio, è ancora la seconda in Africa. Si comporta bene sul piano internazionale, ha inviato Peacekeepers nell'ex Jugoslavia, in Cambogia e in Liberia. Purtroppo, dietro a questa facciata, c'è il caos. Nessuno ha più fiducia nei militari le cui follie e stupidità hanno immiserito il Paese. Il governo ha accumulato un co- lossale debito estero che ovviamente non può pagare. E' più grande del suo prodotto lordo. La Nigeria marcia ormai all'indietro. Da dicembre, il generale Abacha non fornisce più valuta estera agli importatori (il febbrile porto di Lagos è ora deserto) e altre draconiane misure valutarie hanno fermato le esportazioni. Non si parla più di «mercato», si tenta invece di abborracciare un'economia pianificata, ma senza piani e tanto meno ideologie. La Nigeria è divenuta un «ponte» per la droga proveniente dall'Asia e dall'America Latina e diretta ai mercati europei e ame¬ ricani. Washington calcola che ben il 40% dell'eroina che sbarca negli Usa sia contrabbandata da gang nigeriane. Una sola terapia può curarla: la democrazia. I nigeriani la vogliono, la bramano. Un anno fa, si illusero d'averla conquistata. Ma, una volta di più, i militari cedettero al panico. L'allora presidente, il generale Ibrahim Babangida, aveva promesso di consegnare il potere ai civili dopo otto anni di regime militare. Fu indetta un'elezione, i nigeriani innalzarono alla presidenza Moshood Abiola, del Social Democratic Party, un bizzarro miliardario, una specie di Berlusconi locale (possiede tv, giornali, una società aerea ed una squadra di calcio) generosissimo, pronto ad assistere tutte le tribù e tutte le religioni. Ma cosa fece Babangida? Dichiarò nulla la votazione. Disordini, dimostrazioni. In agosto, Babangida cade, è rimpiazzato da un governo di transizione che resiste pochi mesi soltanto. Poi, di nuovo i militari, con Abacha alla testa. La Nazionale nigeriana è arrivata a Dallas con 10 ore di ritardo. Di chi la colpa? Della Nigerian Airways che non aveva procurato i visti giusti. In patria, i cittadini mugugnano: «Cosa ci si può aspettare da un regime che non sa organizzare neppure questo?». Mario Ciriello Un leader dell'opposizione «Lo Stato è dominato da due bande: i pistoleri (i militari) e i truffatori (i politici)» Qui accanto Moshood Abiola Nell'altra foto un contrasto fra Maradona e il difensore nigeriano Chidi Nwanu [FOTO ANSA-AFP]