La Accardi ritmo tra ricami di luce

Castello di Rivoli: una maestra dell'astrazione a confronto con i giovani «oggettuali» La Accardi, ritmo tra ricami di luce Kimoni neri, foulard e tv per nuove favole Castello di Rivoli: una maestra dell'astrazione a confronto con i giovani «oggettuali» RIVOLI j stata un'idea stimolante quella d'inaugurare congiuntamente e di far pro- cedere fino al 28 agosto, al secondo e terzo piano del Castello di Rivoli, la bella mostra dedicata ai vitalissimi settantanni di Carla Accardi, trionfo di pittura in ogni forma e materia anche eterodossa, e la multiforme sperimentazione giovanile internazionale di Soggetto-Oggetto. Quest'ultima è una parata di tecnologia e di oggettualità enfatizzata, di gadget ambientali e di fotoimmagini drammatizzate, espressione di 22 artisti più due gruppi, italiani, francesi, inglesi, tedeschi, statunitensi e svizzeri. Due mondi a confronto; e credo si possa dire che la pulsazione e il senso di durata e di proiezione temporale dell'opera della Accardi escono dal confronto con risultati più affidabib. Anche quando nella mostra giovanile l'operazione concettuale recupera l'impatto della gioia cromatica, come nel caso delle grandi lettere di Arcan¬ geli o della combinazione fra pittura e azione corporea della Beecroft, oppure l'ironie neodadaista, metamorfica, scenica raggiunge singolari risultati espressivi, come nel caso del tappeto Bel Paese di Cattelan, dei foulards di Vetrugno o dei kimoni-pleurants del duo francese «Art Oriente Objet»; o quando ancora l'immagine fotografica ostenta con durezza il suo potenziamento violento di una realtà denunciata, come nel caso di Tillmans o di Streuli, sempre e in ogni caso il cappio stretto intorno all'immediatezza del tempo reale espone i risultati di queste operazioni al rischio evidente di un'altrettanto rapida erosione da parte del tempo stesso. In sostanza, testimoni gli uni, più di metà donne, talora con efficacia, e testimone la Accardi, nei confronti dell'oggi, dei suoi travagli, dei suoi multiformi appelli; ma la testimonianza della Accardi, anche al di là della qualità forte e delicata insieme del suo discorso quarantennale, offre uno spessore, un suono profondo, una durata poetica che si scioglie dall'abbraccio troppo stretto del tempo, così che, di volta in volta, lungo quei quarantanni, essa è presente e reattiva e nello stesso tempo è superiore, travalica, depura. Dice la parola del tempo, ma insieme canta il ritmo della durata. La scelta degli ordinatori Ida Gianelli e Giorgio Verzotti (quest'ultimo ordinatore anche di Soggetto-Oggetto con Francesca Pasini) di presentare alla rovescia, dalla fine all'inizio, dall'oggi alle prime espressioni segniche definitivamente personali dei primi Anni '50, l'opera della donna di «Forma 1» mi sembra che sottolinei proprio da un lato la coerenza, ma dall'altro anche la circolazione temporale continua, aperta, bivalente di quell'opera dal presente al futuro, dal futuro al passato. Ho sottolineato quell'essere donna non solo per la forte presenza della Accardi nella militanza femminista degli Anni '70, frutto anche del felice sodalizio con Carla Lonzi, ma anche considerando la data di fondazione del gruppo «Forma», 1947, e della sua battaglia per tenere ferma l'equazione fra impegno sociale e espressione non figurativa. A quella data, un personaggio come Antonietta Raphael Mafai era un'assoluta eccezione. Da allora a oggi, la Accardi ha portato avanti con grande ricchezza, lungo la linea dell'astrazione espressiva cromatica romana, il suo confronto alla pari con Turcato, con Dorazio e, più avanti, con Burri, dalle esperienza con la plastica Sicofoi) alla tela grezza di oggi come componente di pari grado della struttura formale e cromatica del quadro. L'iniziale disseminazione di segni e gesti riccamente cromatici lascia presto il campo lungo gli Anni 50 all'assoluto contrasto della tessitura materica di caseina bianca su fondo nero, con l'eventuale scatto di una componente rossa. Gesto e segno improntano un linguaggio elegante e forte. Poi, con gli Anni 60, sempre mantenendo ben determinati e dialettici gli àmbiti reciproci della forma e del colore (per l'autrice il discorso, dichiarato, è quello della continua trasmigrazione fra intelletto e emozione), la gamma cromatica si arricchisce e si affina dal timbro al tono, fino alla raffinatezza di Grigioscuro-Oro o al gioco solare delle due Stelle con grafèmi arancio su viola e viceversa viola su arancio, con un'abbacinazione ottica che dà ordine a una gamma cromatica vicina a quella di Turcato. Poi, nel decennio fra 1965 e 1975, emerge la scoperta delle possibilità di trasparenza e di potenziamento cromatico della plastica Sicofoil fissata sul rovescio del telaio, poi addirittura arrotolata e modellata - persino conformata in una tenda da nomadi di altri mondi, che comparirà in mostra solo in luglio -, in un liberissimo terreno fra dimensione pittorica e terza dimensione plastica: un grande gioco, una festa aerea e policroma nel territorio austero del concettuale e del poveristico. Da ultimo, cioè da principio nel salone d'esordio, compaiono le geometrie ulteriormente ludiche dei telai colorati articolati e articolabili, a cui la plastica trasparente dà il senso fantastico della vela; e il ritorno, nel circolo chiuso e aperto del tempo, alla grande dimensione pittorica. Marco Rosei Carla Accardi al lavoro: in mostra al Castello di Rivoli 40 anni di carriera sdaAfszSugadafnsstdtnndc

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