Haiti l'isola che non c'è più di Paolo Passarini

Haiti, Pisola che non c'è più Haiti, Pisola che non c'è più Gli Usa tagliano il Paese fuori dal mondo BLOCCO AEREO CONTRO IL DITTATORE WASHINGTON ISPERATO, Charles Voight ha ordinato ieri di non aprire gli uffici della sua piccola compagnia. «La gente non capisce, se la prendono con noi, come se la decisione fosse stata nostra. Invece noi siamo semplicemente rovinati». Non si vola più da Port-au-Prince e la Haiti Trans Air ha dovuto cancellare tutti i voli. La decisione del governo americano di bloccare le comunicazioni aeree tra Haiti e gli Usa ha causato molti meno danni alle grandi compagnie che alla piccola Haiti Trans Air, i cui 85 dipendenti sono adesso sull'orlo del licenziamento. La American Airlines ha effettuato l'ultimo volo venerdì notte, come del resto la Canadian. Nell'aeroporto di Port-auPrince è scesa una calma angosciosa dopo i tumulti di venerdì, quando un'enorme onda di folla premeva sui banchi per il «check-in» nella speranza di trovare uno degli ultimi posti. Mentre il blocco commerciale dell'Orni morde sulla vita quotidiana della gente più umile, an- che i benestanti cominciano a sentirsi bloccati in una situazione dalla quale non intrawedono via d'uscita. Così si è diffuso un panico da intrappolamento. Chi ha potuto è partito. «Può succedere di tutto qua, così portiamo via i bambini finché si può», ha dichiarato uno degli ultimi a partire, un medico haitianoamericano con due figli. A partire, infatti, sono stati soprattutto americani e bambini. Molti di questi viaggiavano soli, spediti da parenti. Per altri 200 bambini rimasti verranno organizzati dei charter speciali. Degli 8 mila americani che risiedevano sull'isola, circa 3 mila sono rientrati in questi ultimi giorni. Ma anche qualche haitiano abbiente ha mollato gli ormeggi. Gli altri aspettano ancora, affidandosi all'unica valvola rimasta, il trisettimanale volo dell'Air France: ma tutti i posti sono prenotati fino al prossimo aprile. A settembre saranno tre anni che il golpe dei militari guidato da Raul Cedras ha estromesso il primo presidente eletto di Haiti, Jean Bertrand Aristide. L'ottobre scorso avrebbe dovuto entrare in vigore un accordo che avrebbe consentito a Aristide di tornare, mentre Cedras si faceva da parte. Ma all'ultimo momento i militari hanno deciso di non onorare i patti. Sono via via montate le minacce internazionali, ma la situazione non è cambiata. Dall'altra parte, anche la comunità finanziaria che aveva appoggiato il golpe comincia in buona parte a pensare che se Cedras non si metterà da parte, il Paese potrebbe rimanere isolato per chissà quanto tempo. Ma non si sa cosa intenda fare il dittatore. Si è saputo che tre giorni fa ha fatto ritirare 500 mila dollari dalla Banca Centrale. Così si è sparsa la voce che stesse organizzando il proprio volo personale. Del resto, nell"86, Jean-Claude Duvalier, detto Baby Doc, fece la stessa cosa prima di scappare dal Paese. Ma c'è anche chi pensa che i soldi servano a finanziare un'altra campagna di opinione pubblica contro Aristide in America. Intanto gli americani hanno a messo a punto un altro piano. Non riguarda la possibilità di un intervento armato per rovesciare la giunta dei militari, ipotesi comunque ufficialmente «non esclusa». Si tratta, invece, di un piano di intervento per una fase successiva, quando si ponesse il problema di garantire la transizione. Prevede l'invio di 12-14 mila uomini sotto l'egida dell'Onu, per la metà americani, molti più di quanti si era detto. La decisione è stata presa in riunioni degli ultimi giorni, dopo, si dice, attente valutazioni degli scopi della missione. Che sono quattro: protezione dei leader democratici, protezione delle istituzioni umanitarie, professionalizzazione dell'esercito, mantenimento dell'ordine pubblico. Paolo Passarini

Persone citate: Baby Doc, Cedras, Charles Voight, Claude Duvalier, Jean Bertrand Aristide, Port, Raul Cedras

Luoghi citati: America, Haiti, Usa, Washington