«Con Occhetto fino al congresso» di Augusto Minzolini

Parla Petruccioli: se vince Veltroni e il suo rivale non si ritira, il partito rischia la spaccatura Parla Petruccioli: se vince Veltroni e il suo rivale non si ritira, il partito rischia la spaccatura «Con Occhetto fino al congresso» D'Alema cambierebbe ilpds in Rifondazione LE ARMI SEGRETE DI ACHILLE SROMA E conosco bene il partito, lunedì, dalle consultazioni, ci sarà una vittoria di misura di uno dei due candidati. Alla fine Veltroni prevarrà su D'Alema dell' 1 -2%, non di più. Se non sarà così, potrete dire che ho sbagliato». E' il primo pomeriggio di venerdì scorso e Claudio Petruccioli, fedelissimo braccio destro di Achille Occhetto, percorre quel chilometro e mezzo che divide Montecitorio da Botteghe Oscure. Fa un caldo insopportabile. Il sole scotta anche nelle viuzze del centro storico della capitale e il «consigliere» più ascoltato da Occhetto nella quiete del dopopranzo, in questa passeggiata alternativa al tradizionale pisolino, cede alla voglia di sfogarsi. Così, per qualche attimo, Petruccioli abbandona l'«habitat» naturale all'ombra dell'ex-segretario e parla. Lì, sulla piazza di Montecitorio, il primo argomento che il braccio destro di Occhetto affronta nella sua «confessione», ovviamente, non può non riguardare il destino di D'Alema, cioè del grande «avversario» di «Akel». Dice Petruccioli: «Se quello sarà il risultato, se Veltroni prevarrà sia pure di una spanna, allora D'Alema avrà subito una grave sconfitta politica. E questo per un semplice motivo: D'Alema, dopo aver passato anni a ritagliarsi l'immagine del predestinato alla successione - grazie anche ai ruoli ricoperti - dovrebbe prendere atto che tanto lavoro gli è valso solo l'appoggio di metà del partito. Per lui, sarebbe una sconfitta sostanziale. Uno nelle sue condizioni dovrebbe ritirarsi. Ma io conosco Massimo e so che lui non lo farà...». Parla Petruccioli col tono di chi la sa lunga sul pds e le sue sono le parole di chi è fermamente convinto che alla fine le cose andranno così. Ma appunto, se vince Veltroni e D'Alema non si ritira, cosa ne sarà del partito? «A quel punto - risponde - non credo che Walter, pur avendo più della metà dei consensi dalla sua parte, accetti l'idea di spaccare il pds. Così, la via del congresso diventerà una scelta obbligata...». Insomma, si ricomincerebbe tutto da capo e forse, è una delle tante ipotesi, bisognerà richiedere ad Occhetto di guidare il pds fino ad un congresso molto ravvicinato. Ma sono solo illazioni, visto che su questo punto pure l'esperto Petruccioli non azzarda ipotesi No, lui è sicuro solo di un fatto: che D'Alema non ce la farà. «La mia - spiega mentre attraversa immerso nella calura piazza della Minerva - è solo la previsione di uno che conosce il partito. Eppoi, anche il risultato della consultazione andrà letto in controluce. Ad esempio, bisognerà vedere dove ha prevalso quel candidato e dove quell'al¬ tro: secondo me, D'Alema prevarrà nelle zone dove il partito è più debole, dove ha bisogno di sicurezza; Veltroni in quelle dove il pds è più forte, dove è pronto a puntare su una candidatura più propositiva, su un investimento per il futuro. Inoltre sono sicuro di un altro dato: più si allarga la base della consultazione e più la candidatura di Veltroni si fa largo. Mi hanno colpito le parole di un vecchio compagno, di uno di quei quadri che fanno l'ossatura del partito in una zona forte: "Se fosse per me - mi ha detto - io voterei D'Alema perché mi è più vicino, ma per il bene del pds il segretario deve farlo Veltroni". Sono parole che condivido, dettate dall'istinto di sopravvivenza». Insomma, tutti fuorché D'Alema. Perché? In un vicolo che porta dritto dritto a piazza della Pigna l'«uomo di Occhetto» dice la sua. «Io - osserva - queste co- se lo ho dette più di una volta in questi giorni a D'Alema. Non è vero che non ci parliamo. Anzi, abbiamo un dialogo schietto. Prendiamo, ad esempio, il problema dell'immagine. Io sono il primo a dire che Massimo ha ritagliata addosso un'immagine che non è la sua, ma dobbiamo partire dal dato che tutti siamo schiavi dell'immagine che abbiamo all'esterno ed è quella che conta. Io, ad esempio, ho quella del "braccio destro" di Occhetto. Per togliermi di dosso quest'immagine avrei potuto mandare a quel paese il segretario, ma non l'ho fatto e non me ne pento. Anche D'Alema per togliersi di dosso il ruolo che i 'media" gli hanno assegnato poteva fare qualcosa, ma non. l'ha fatta. E non può farlo adesso, a ridosso della scelta del segretario. Non basta dire vendo Botteghe Oscure per rifarsi un'immagine: questo è l'atteg¬ giamento di un burocrate. Non servirebbe perché la scelta del nuovo segretario del pds deve essere un "evento simbolico". Conta più come vivono gli altri questa scelta, che non come la vivono i protagonisti. E' un po' quello che ha fatto l'altra sera Sacchi decidendo l'uscita di Baggio. Ha mandato un segnale chiaro all'intera squadra: faccio una scelta rischiosa perché bisogna vincere a tutti i costi. Io ho visto la partita insieme a Fassino e quando ho visto Baggio uscire dal campo gli ho detto: "Questa scelta ricorda le dimissioni di Occhetto"». ._ Più va avanti nel suo ragionamento e più Petruccioli si infervora. A via del Gesù spiega che ormai sono cambiati i tempi: «Chiunque **'può scendere in campo", come dice Berlusconi. Anch'io potrei farlo. Basterebbero un paio di interviste "contro". Ma non è nella mia natura. Ecco perché bisogna stare attenti a scegliere gli uomini. Faccio un esempio: Cacciari e D'Alema, anche se sono agli antipodi, paradossalmente potrebbero convivere, uno potrebbe essere il leader dei progressisti, l'altro il segretario che dà sicurezza al pds. Io, però, quest'impostazione non l'accetto: per me il segretario deve essere una persona il cui nome all'occorrenza può essere inserito nella rosa di quelli che possono guidare lo schieramento progressista. Perché il pds deve rinunciare a priori all'idea che il suo segretario possa essere il leader dell'intero schie¬ ramento progressista? Se noi puntiamo ad un nome che consolidi il «pilastro» pds e basta, che si occupi solo di rinsaldare la rappresentanza sociale del partito, rischiamo di dar vita ad un'altra Rifondazione». Ormai Petruccioli è davanti al «Bottegone» e la vista di quel palazzone «rosso» lo richiama al suo ruolo. Ma, prima di rientrare nell'ombra, il personaggio si lascia andare ad altre considerazioni, forse più personali: «Dico queste cose - spiega - perché ne sono convinto. Non penso a me. In questi anni per diventare un personaggio mi ci voleva poco. Immaginatevi se io, il braccio distro, avessi mandato Occhetto a quel paese! 0, anche oggi, per trovarmi un ruolo basterebbe che dicessi che Achille non ne ha azzeccata una e che scegliessi D'Alema. Ma io sono convinto delle cose che dico». Eh sì, il vecchio «Akel»: prima di entrare nel portone che ha varcato tante volte con l'ex-segretario, Petruccioli rivolge un pensiero proprio a lui: «Con Occhetto siamo stati ingiusti. Per lui le dimissioni sono state un passaggio obbligato, non poteva andare avanti con appiccicata addosso l'immagine dell'uomo attaccato alla poltrona. E se non le avesse date nel partito le avrebbero richieste. Ecco perché le parole di D'Alema a Cagliari, «le dimissioni sono state un errore», mi suonano ipocrite». Augusto Minzolini «L'uscita di scena del segretario mi sembra uguale alla sostituzione di Roberto Baggio decisa da Arrigo Sacchi» Claudio Petruccioli, fedelissimo braccio destro di Achille Occhetto, in compagnia dell'ex segretario pds

Luoghi citati: Cagliari