Wuorinen, tutti i colori del sax di Giorgio Pestelli

Wuorinen, tutti i colori del sax Wuorinen, tutti i colori del sax Ottimo il direttore Davies nella IV di Mahler TORINO. Un contemporaneo in programma e il tifo calcistico davanti alla tv potevano seminare il vuoto all'Auditorium della Rai; invece, sia pure con qualche strappo nella compattezza abituale, un buon pubblico ha fatto conoscenza con il direttore Dennis Russel Davies, americano dell'Ohio, che ha concluso le Settimane Musicali di Primavera 1994. Il contemporaneo è il cinquantaseienne di New York Charles Wuorinen e la partitura, nuova per l'Italia, il «Concerto per quartetto di sassofoni e orchestra», composto nel 1993 su commissione dell'Orchestra della Beethovenhalle di Bonn della quale il Russel Davies è Direttore principale. Il «Raschèr Saxophone Quartet», Carina Raschèr, Kenneth Coon, Harry White e Brace Weinberger, sassofoni soprano, contralto, tenore e baritono, aveva di fronte un'orchestra di grandissimo formato: Wuori- II direttore Dennis Russell Davies nen ha l'orrore del vuoto e spreme i tubetti dei suoi colori fino a riempire fino all'orlo i due movimenti del «Concerto»; il suo, per lusso orchestrale e accumuli di tensioni dissonanti, potrebbe dirsi un Espressionismo senza incubi e drammi, un Espressionismo ottimistico e ricco di proteine; lì in mezzo il quartetto di sassofoni stenta a farsi largo e si fa appena in tempo ad avvertire interessanti combinazioni e ricerche timbriche: specie con il ricorso allo «squeezing», cioè la compressione dell'ancia che modifica il suono in senso stridulo; ma per farsi un'idea della straordinaria bravura dei quattro è stata più probante la fuga di Bach suonata fuori programma. Ottima prova del Russel Davies infine con la Quarta Sinfonia di Mahler: alla nota dolente e piena di ricordi e di affetti, affidata in particolare agli archi in serata di grazia, il direttore mette a contrasto gli accenti vitalistici, «umoreschi» e sfrontati dei tanti interventi solistici; con chiara veduta generale, poco alla volta è rimasto solo il Mahler più alto, quello dell'inquietante innocenza e del candore: nella giovane voce del soprano Gemma Bertagnolli che con finezza ha cantato il Lied finale, e condiviso gli applausi con il direttore e l'orchestra. Giorgio Pestelli

Luoghi citati: Bonn, Italia, New York, Ohio, Torino