Arrendiamoci ai russi di Masolino D'amico

Spoleto: «Claustrophobia» ha inaugurato la sezione prosa Spoleto: «Claustrophobia» ha inaugurato la sezione prosa Arrendiamoci ai russi Una gioiosa esperienza di teatro SPOLETO. «Claustrophobia», che ha inaugurato la prosa al Festival di Spoleto, è uno spettacolo corale di Lev Dodin, direttore del teatro Maly di San Pietroburgo, con regia dell'autore e esecuzione dei giovani della compagnia di quella istituzione, alcuni dei quali, ma non sapremmo distinguerli, hanno ancora lo status di allievi. L'azione, dice il sottotitolo, è ispirata a testi di Vladimir Sorokin, Ludmila Ulitskaia e Benedikt Erofeev: in particolare, immagino, nei momenti parlati, talvolta ardui da decifrare per chi non sa il russo (il teatro San Nicolò prevede un servizio di traduzione simultanea mediante didascalie proiettate su uno schermo in alto: ma la sera della prima il marchingegno ha funzionato malissimo, si sarà letta una parola su dieci). In ogni caso, il palcoscenico è occupato da una bianca palestra ricavata in un palazzo che immaginiamo nobile (la scena di Alexis Porai-Kochits riproduce, ci informano, la stanza 319 dove gli allievi del Maly si esercitano ancora oggi). Qui con una lieve eleganza che a Spoleto non può non evocare certe mirabili coreografie di Jerome Robbins, ballerini-mimi di entrambi i sessi entrano alla spicciolata, in abiti da lavoro di squisite tonalità griogioverde e avana pallido, e cominciano a esercitarsi individualmente, alla sbarra e in mezzo alla sala; e gradualmente il riscaldamento Una scena di «Claustrophobia», strano spettacolo che arriva da San Pietroburgo e la progressiva demolizione della scena (i muri vengono imbrattati e poi addirittura sfondati); i dinamici attori cambiano spesso abito, talvolta a vista, rimanendo nelle stesse tonalità cromatiche che vanno dal bianco al beige chiaro. Ritmano il tutto musiche su nastro, melodiche e spesso molto sonore, con un repertorio che va dal classico-romantico al rock (in una occasione tutti, munitisi di strumenti, fingono orgiasticamente di suonare); e ci sono canzoni brechtiane, a una e a più voci. Nel corso dell'azione, i ballerini si confrontano con la sessualità (gradevole spogliarello delle ragazze); «diventano» mendicanti, e una mutilata hogarthiana pronuncia una diventa un primo, incantevole balletto collettivo. Da questo nasce una scena parlata, con alcuni interpreti che si calano nei personaggi, mentre gli altri, numerosissimi, una ventina e più, si dileguano agilmente attraverso le cinque finestre di una parete, le porte di fondo e altri pertugi aperti nei muri. Alla conclusione dello sketch, la compagnia con altrettanta fluidità rientra, ed esegue un altro numero tutta insieme, e insomma l'ora e cinquanta della serata continua così, alternando balli e canti per tutto l'organico con pause par momenti magari anche di monologo, nello stesso ambiente che muta mediante l'uso delle luci, sempre molto brillanti, di poche suppellettili, amara invettiva a pieni polmoni; si trasformano in cittadini perennemente in fila non si sa per cosa; questa fila diventa la Fila per eccellenza, al mausoleo di Lenin, e abbiamo uno sketch surreale sulla conservazione della salma, che dei visagistes ritoccano adagiata su un'altalena che poi funge da asse dove una coppietta prepara i tipici ravioli russi pieni di carne macinata. In precedenza la palestra si è mutata in manicomio, o gli internati hanno discusso concitati se sia meglio bere o non bere; ora il capofamiglia si ubriaca, maltratta la moglie e le urina addosso. I matti mettono a soqquadro l'ambiente e degli infermieri-pompieri li riducono alla ragione... Il programma di sala spiega il capriccioso andazzo come una riflessione sulla storia e la condizione dei russi tra ieri, oggi e domani, e qualcosa delle intenzioni, si capisce, arriva. In ogni caso al pubblico delle poche repliche previste (solo fino al 26) consiglio di abbandonarsi senza resistenze al piacere epidermico di una esecuzione splendida per fantasia, comicità, squisitezza plastica e soprattutto tonicità di tutti i partecipanti, mirabilmente coordinati. Pur con qualche insistenza e qualche ripetitività tipicamente slava, è una gioiosa esperienza di teatro, alla quale ci si arrende volentieri. Masolino d'Amico

Persone citate: Alexis Porai-kochits, Benedikt Erofeev, Jerome Robbins, Lenin, Lev Dodin, Vladimir Sorokin

Luoghi citati: San Pietroburgo, Spoleto