Consigli perfar funzionare la scuola; le case del Ventennio

Consigli perfar funzionare la scuola; le case del Ventennio Consigli perfar funzionare la scuola; le case del Ventennio di controllare il funzionamento della scuola. Ma essa non la conosce e non sa come utilizzarla in concreto in modo efficace. Perché non cominciare con una semplice misura: i consigli d'istituto, anziché programmare le solite e ripetitive lezioni di psicologia per i genitori degli alunni, perché non programmano tutti gli anni una serie di lezioni sulla legislazione scolastica riguardante i poteri dei genitori in fatto di controllo del funzionamento dell'istituzione scolastica frequentata dai loro figli? RISPONDE Q.d.B. quante altre? Nel '93, la pensione di mio marito ha raggiunto i 22.425.790 lire lorde, con 2.801.830 ritenute + 201.830 Ssn. Ho compiuto i 55 anni il 30-10-92, fra pochi giorni andrò a ritirare la mia pensione per invalidità lavorativa di lire ... fino a oggi con una speranza in più. Perdoni la calligrafia. Non so se la potrò leggere perché anch'io, come il governo, ho fatto dei tagli al consumo. Mi firmo solo per lei...». Gentile signora X. A. spero anch'io che lei possa avere qualcosa di più, perché non è possibile rinunciare, nonostante tutto quello che si sa, alla speranza. Egr. sig. Del Buono, permetta anche a me di gridare allo scandalo per come si riconosce l'invalidità vera o falsa. Sono stata riconosciuta invalida del lavoro superiore ai due terzi, con sentenza del Pretore quale giudice del lavoro, in data 1-5-91 dopo tantissime peripezie. Purtroppo ho maturato solo 319 settimane contributive, proprio a causa di questa invalidità alle mani. Troppo poche per accedere a un assegno superiore alle attuali 50.000 lire mensili - ripeto cinquantamila. A gennaio sono stata sottoposta a controllo medico legale... Biagio Marenco, Roma Edilizia e retorica X. A., Borgio Verezzi Mi spiace contraddire il sig. Leone, di cui è stata pubblicata il 14 giugno una lettera, perché l'incremento edilizio che si ebbe dal 1929 al 1939 (non mi pare il caso di estendersi anche al periodo 1939-45 e ciò per ovvie ragioni) non può prospettarsi nella maniera con la quale lo ha fatto. Innanzi tutto c'è da osservare che l'intervento pubblico fu molto ridotto, limitandosi a non più di due o trecento (a volere essere ottimisti) stabili da assegnare, giustamente, a reduci di guerra mutilati o a chi, nelle zone già teatro di guerra, aveva avuto la casa distrutta. Ed i danni all'edilizia cagionati dalla guerra 1915-' 18 furono di lievissima entità rapportati a quelli della 2a guerra mondiale. Le case popolari vennero dopo il 1945. Poi ancora: l'edilizia privata ebbe sì una contenuta accelerazione ma non va dimenticato che si avvantaggiava di una mano d'opera a bassissimo costo (eccettuati, naturalmente, coloro che assumevano gli appalti o i semplici «capo mastro»; categorie che beneficiavano dei tre terzi del costo extra tasse, acquisto materiali, ecc.). Può darsi che all'estero le cose stessero diversamente ma comunque non vedo qua! merito potè avervi il regime in una normale e fisiologica ripresa edilizia dopo una guerra generale. Ma qui è bene non lasciarsi sfuggire l'occasione per un discorso di carattere più ampio. E' inutile, o fa- GENTILE signora X. A., la sua lettera parla di fatti incredibili che, tuttavia, si verificano e ripetono. Lei, dunque, dice: «Solo oggi (7-6-94) ho ricevuto risposta dall'Inps con la conferma che l'importo in pagamento è rimasto invariato. Quindi, l'invalidità sussiste. Qualche mese fa avevo appreso dalla stampa che, per accedere all'integrazione al minimo, per le pensioni che hanno decorrenza successiva al 3 1 -1 2-93, fino al 31 -12-94, si terrà conto anche del reddito cumulato con quello del coniuge e il diritto all'integrazione cessa se il reddito cumulato con il coniuge supera l'importo corrispondente a cinque volte l'importo del minimo Inps (poco più di 39.000 lire). Ne sono esclusa? E con me Pendeboe cor con la percentuale di soldati più elevata di tutto il mondo industrializzato. Si legge infatti, nella tabella «Spesa militare e squilibri nell'impiego delle risorse», annessa al rapporto, che in Italia, nell'anno 1990, la percentuale di militari per ogni 1000 abitanti sarebbe stata del 30,3. Tale notizia è palesemente falsa. Se il dato fosse vero, in Italia - su una popolazione di 57.299.000 abitanti - nel 1990 avremmo avuto 1.727.000 uomini alle armi contro i 389.000 in servizio all'epoca. Anche aggiungendo alle Forze Armate i circa 240.000 uomini delle Forze dell'Ordine (carabinieri, guardia di Finanza, polizia di Stato ecc.) mancherebbe ancora più di 1 miiione di uomini per raggiungere il dato riportato dall'Onu. Pur rendendomi conto dell'autorevolezza della fonte, il comune buon senso avrebbe dovuto far sorgere immediati interrogativi di fronte a dati che pongono l'Italia addirittura al primo posto come entità di soldati, davanti a nazioni come gli Stati Uniti, la Francia, la Gran Bretagna. Il controllo dei dati è di estrema facilità: esistono pubblicazioni di normale divulgazione, come il Military Balance, senza considerare la messe di atti parlamentari e il recente Rapporto conclusivo del governo Ciampi. A nome dell'Anmic, Associazione nazionale mutilati ed invalidi civili, mi si consenta di esprimere viva preoccupazione circa la preannunciata lotta televisiva per la «carità» volta al finanziamento della ricerca scientifica, che opporrebbe Telethon ad un analogo programma di Canale 5 in fase di elaborazione, di cui ha riferito recentemente anche la Stampa. L'Anmic ritiene infatti che tali iniziative pur nella loro lodevole intenzione di raccogliere Capitano di Vascello Mario Saverio Salvatorelli, Roma Niente carità in televisione fondi per la lotta alla distrofia muscolare ed alla sclerosi multipla, tendono a ghettizzare ulteriormente la stragrande maggioranza dei disabili che non rientrano in queste due condizioni di malattia invalidante. Alvido Lambrilli, Roma Presidente nazionale dell'Associazione nazionale mutilati e invalidi civili Il comportamento dell'lnps Mi riferisco alle dichiarazioni rilasciate dal prof. Giugni e riportate dalla Stampa, circa le recenti sentenze della Corte Costituzionale sulle pensioni di reversibilità e sui doppi trattamenti minimi. In particolare, il prof. Giugni, dopo aver svolto alcune considerazioni critiche sulle sentenze, afferma che, tuttavia, l'Inps poteva assumere un atteggiamento diverso «vista la valanga di ricorsi accumulati in questi ultimi anni». Sull'argomento mi si consenta di precisare che in realtà il comportamento che l'Inps ha tenuto sull'intera vicenda è stato conforme a precise e non derogabili direttive impartite dai ministri del Lavoro e del Tesoro che si sono succeduti lungo tutti gli Anni 80. Anche dopo la prima sentenza (418 del 1991) con la quale la Corte Costituzionale ha affermato il principio della doppia integrazione per periodi successivi all'I ottobre 1983, l'Inps non ha potuto modificare il proprio comportamento in quanto il governo, con decreto legge del 21 gennaio 1992, più volte reiterato e poi confluito nella legge finanziaria 1994, ha fornito un'interpretazione autentica della normativa che contraddiceva la sentenza della Consulta. L'Inps, a questo punto, non ha potuto fare altro che applicare la legge votata dal Parlamento: questi sono i fatti. Roberto Urbani, Direttore centrale per la comunicazione e le relazioni pubbliche, Roma

Persone citate: Biagio Marenco, Ciampi, Del Buono, Giugni, Lambrilli, Mario Saverio Salvatorelli, Roberto Urbani, X. A.