Umberto Eco, alla ricerca dell'anti-italiano perduto di Marco Neirotti

Umberto Eco, alla ricerca dell'anti-italiano perduto Umberto Eco, alla ricerca dell'anti-italiano perduto «Ma io scelgo Forlì» filosofo è sarcasticamente disposto ad ammettere che Eco e la Duranti abbiano, da buoni intellettuali, «antenne più lunghe» dei normali cittadini, che dunque abbiano ragione, che sia nato un nuovo regime e che gli italiani non siano capaci di accorgersene. Ma poco bella, poco dignitosa, poco elegante gli pare la scelta dell'esilio volontario: «E' terribile l'atteggiamento anti-italiano in sé. Questi si sentono il centro dell'universo e del mondo. Le loro sono trovate pubblicitarie. Secondo me Eco è invidioso di Rushdie, un perseguitato vero. Gli italiani hanno votato democraticamente. Se lo neghi allora neghi che siano liberi...». Ma Pera alza il tiro: «Se non è arroganza, è codardia. Facciamo l'ipotesi che abbiano ragione, che l'Italia sia oppressa. Non c'è niente di più dignitoso che rimanere e lottare. A che cosa serve fare l'antifascista in un hotel di prima categoria in Svizzera, o a Sarajevo supposto che Eco ci vada a bombe finite? Belli i fuoriusciti di lusso...». E conclude: «Propongo una scommessa a Eco, fissi pure lui la posta. Andrà a vivere in Bosnia adesso?». JULIEN GREEN PARIGI. A 94 anni ha deciso di ricominciare. Dalla terra di Fellini. Julien Green, il più grande scrittore cattolico vivente, il solo Immortale (come vengono definiti gli eletti all'Académie Frangaise) di origine straniera, rinuncia a Parigi per la cittadina romagnola. Le motivazioni? «Perché l'Italia è meno ipocrita, meno moralista, più tollerante». E rincara: «L'unico posto in cui posso sperare di concludere nell'entusiasmo e nella gioia la mia vecchiaia si trova tra Bologna e Forlì. Adoro l'Emilia Romagna, ora mi stanno cercando una casa e nel 1995 mi ci trasferirò». [s. c.J Umberto Eco e, in alto, Marcello Pera essere italiano. Ricordo Strehler e la sua polemica. Quella di Eco è più nobile». Ma addirittura esser nemico dei compatrioti? «Lamentarsi di una imbecillità, di un irretimento da spot, di una politica confusa con la vendita del pannolino è giusto. Avevano le madonne pellegrine, ora hanno la de camuffata. Sono stati educati così e si dimostrano imbecilli. Vogliono le loro certezze. E non dicano che il popolo non sapeva: sapeva e gli andava benissimo. Dunque, lasciateci, il diritto di indignarci». E di essere anti-italiani? «Dire che si vuole andarsene è la legittima bestemmia di reazione, contro una popolazione che sta bene così, come le scimmie, come gli ignavi di Dante, con i supermercati e lo spettacolo, anche se fasullo». No alla fuga, sì alla provocazione è il commento di uno scrittore che già avanzò una minaccia simile, seppure da città a città. Vincenzo Consolo, autore di Nottetempo casa per casa, risponde da Milano, la metropoli che avrebbe voluto abbandonare: «Sono qui, è vero. Ma certe proteste devono manifestarsi». Allora lei condivide l'ira anti-italiana? «Sì. Provo il senso di vergogna. Ma dovremmo vergognarci anche di essere europei, viste le atrocità che accadono». E serve andarsene? «E' duro lasciare un paese, una città, figuriamoci uno Stato. Si resta, a lottare. Eco continuerà a scrivere qui». Ma la provocazione della «fuga» infastidisce. Il filosofo Marcello Pera ricorda che Eco non è il solo sprezzante. E cita un'intervista rilasciata alla Nazione da Francesca Duranti. La quale «non ha intenzione di cantare Faccetta nera e, preferendo Bella ciao, se ne va». Il Marco Neirotti LETTERE AL GIORNALE