polemica Da Buenos Aires lo scrittore accusa gli elettori di Umberto Eco

polemica. Da Buenos Aires lo scrittore accusa gli elettori polemica. Da Buenos Aires lo scrittore accusa gli elettori «Voglio farmi cittadino di Sarajevo» Marcello Pera: «Però ci vada subito» Il N questo momento mi sento anti-italiano», proclama Umberto Eco da Buenos Aires, almeno stando alle I agenzie di stampa. E annuncia: «Voglio farmi cittadino di Sarajevo». Perché? Perché lo disturba la piega che in Italia hanno preso le vicende politiche: «Non ho nulla contro Berlusconi, che fa il suo lavoro, e contro i fascisti, che fanno il loro, però ho tante cose contro gli italiani che li hanno votati». Insomma, non ira verso dittature vere, presunte o inesistenti, ma verso chi ha messo le schede nell'urna. Un disprezzo «déjà-vu», che si richiama a quella frase iniziatrice - «L'Italia come è oggi non ci piacr- - che Giovanni Amendola pronunciò nel 1910. Dibattito dalle radici antiche, rivitalizzato nell'aprile '93 qua.ido il Mulino pubblicò un saggio di Ernesto Galli della Loggia sul partito d'azione a Torino che negli «azionisti» vedeva l'espressione più compiuta del partito «anti-italiano». L'anti-italiano per eccellenza stando almeno al titolo di una sua rubrica - dovrebbe essere Giorgio Bocca. Che risponde secco: «Eco fa dichiarazioni stupide, prive di senso. Se c'è una cittadinanza che uno non vorrebbe è quella bosniaca. Lui è uno di quelli colpiti dalle recenti elezioni: è stato l'intellettuale principe della repubblica dei partiti e della sinistra, anche in modo ambiguo ha flirtato con la sinistra estrema, è stato un maìtre-à-penser che poteva dire quello che voleva. Di fronte a questa nuova forza, fa osservazioni generiche di uno che non capisce che cosa sta succedendo». Ma Eco non se la prende con i governanti, contesta gli italiani: «Prendersela con gli italiani quando succedono cose poco gradite è molto comodo. Gli italiani hanno fatto di peggio: hanno votato de. E Eco che cosa diceva?». Allora lei, Bocca, non è affatto anti-italiano: «In questo momento siamo il laboratorio politico dell'Europa, quelli che si prendono più carico in Europa dei problemi della crisi». Ma la crisi ha altri volti secondo Dario Fo: «Anch'io mi vergogno di Controlliamo anche i presidi A pagina 7 de La Stampa di domenica 19 giugno ho letto un'intervista del ministro D'Onofrio, che mi ha lasciato molto perplesso. Se ho ben compreso, egli, per rilanciare la scuola pubblica, punta tutto suTapparato dirigente-direttori generali, servizio ispettivo, provveditori, presidi, direttori didattici e pensa che l'unica componente scolastica da richiamare a un maggior impegno sia quella dei docenti. Io non sono un docente, non faccio parte del mondo scolastico, ma ho avuto modo di interessarmene da vicino e dubito che la ricetta del ministro sia quella giusta. Vorrei perciò porgli alcune domande: non gli viene il dubbio che il punto debole, diciamo pure il marcio della scuola italiana, si annidi in larga misura proprio nell'apparato dirigente, in specie nel servizio ispettivo e nella categoria dei presidi e dei direttori didattici? L'esperienza aziendale dice che, quando un capo del personale e un capo ufficio funzionano, cioè fanno il loro dovere senza bisogno di farsi alcunché perdonare dai dipendenti, l'azienda e l'ufficio funzionano. Al ministro non viene di conseguenza il dubbio che, ss nella scuola italiana tante cose non funzionano, ciò dipende in larga misura dal fatto che i dirigenti sono i primi assenteisti, i primi ad aver bisogno di crearsi un'area di omertà, perché solo così possono continuare ad agire come agiscono senza correre il pericolo di essere denunciati? La prima arma che il ministro dovrebbe manovrare per far funzionare la scuola non dovrebbe perciò essere semplicemente quella di controllare da vicino l'osservanza dell'orario di servizio da parte dei presidi e direttori didattici, sicuro che tutto il resto verrà come automaticamente? Per questo ci vorrebbero un servizio ispettivo affidabile, ma dove trovarlo? Forse il ministro farebbe bene a chiedere l'aiuto di un'altra componente scolastica: l'utenza. La legge dà effettivamente a questa il potere Un'immagine di Sarajevo. A fianco Giorgio Bocca e, sopra, Vincenzo Consolo Giorgio Bocca: «Questo Paese ha fatto di peggio: ha votato de»

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