E la tv «rossa» va alle Termopili di Massimo Gramellini

E la tv «rossa» va alle Termopili E la tv «rossa» va alle Termopili Assemblea a Saxa Rubra, tra rabbia e sbigottimento OROMA bella ciao. Per cinismo del fato e volontà dei Professori da ieri la sinistra ha perso un altro pezzo: la tv. Buonanotte, Raitre. La rete delle piazze sudate e delle chiacchiere snob diventa federalista, uè. Negata la striscia quotidiana a Santoro, chiude anche «Milano, Italia», sostituita da «Mille Italie» (notare l'assonanza), programma regionale itinerante «che farà emergere realtà locali consumabili a livello nazionale». Che divertimento. Enrico Ghezzi, esperto di cinema d'essai, non esclude i sottotitoli. Intanto, nella palazzina C di Saxa Rubra presidiata da un ragazzo di colore che fa molto progressista, la tv rossa combatte l'ultima battaglia. Assomiglia alle Termopili: quando la sconfitta è scontata, l'importante diventa morire bene. Arrivare all'ultima trincea della sinistra italiana non è difficile: basta scavalcare all'ingresso il buonumore dei dissidenti del Tg3. Danilo Scarrone: «L'assemblea dei comunisti? Laggiù, oltre i sacchetti di sabbia». Nessun sacchetto, casomai troppe Lacoste. A sinistra sono sempre le cose vecchie che tornano di moda. Santoro in nero, Balassone in azzurro. Santo Della Volpe - chi l'avrebbe detto - in rosa: la tribù dei coccodrilli circonda protettiva l'eleganza sobria di Guglielmi e Giubilo, i direttori di rete e di testata. Quanto si sente la mancanza di nonno Curzi, che dominava le as¬ semblee girando il salone su una seggiola a rotelle per sbraitare che quello in corso, qualunque cosa fosse, era «un attacco alla democrazia». Giubilo invece non dice una parola: curvo sul computer, fa sempre la parte di quello che lavora. Quando Guglielmi si toglie la giacca tutti, persino Maurizio Mannoni che tiene gli occhiali da sole anche al buio, capiscono che il momento è arrivato. «Sono qui per dirvi che la Rai ha deciso di Uno degli studi del centro Rai di Saxa Rubra Sarà «federalista» la rete delle piazze sudate e delle chiacchiere snob castrare l'unica cosa decente che aveva, cioè noi, per consegnare l'informazione alla rete di Beautiful e dell'ispettore Derrick». Attimi di sbigottimento, incombe il dibattito. La parola al ricciuto Fabio Venditti, che i colleghi considerano a sinistra di Mao e persino di Mineo. Pur senza nominarlo, Venditti comincia picchiando su un popolare punching-ball di sinistra: Achille Occhetto. «La linea di difesa del consiglio d'amministrazione decisa a suo tempo dal¬ l'approfondimento delle notizie spetta a Raidue». Balassone pensa a Minoli intento ad approfondire e crolla: «Sì, certo, è una missione!» Ghigno beffardo di Gugliemi: «Hanno offerto a Deaglio di passare al Due ma lui ha risposto che piuttosto resta a casa». Santoro allarga le braccia, poi ne infila una in tasca, alla Scognamiglio. E' il segnale che il gioco si fa duro: «Prima di tutto la tattica: calma, non buttiamoci dalla finestra da soli. I professori... Parliamo di gente che voleva sostituire "Bucce di banana" con un programma culturale, per di più affidandolo alla Buttiglione: un'ulteriore contraddizione». Il Coccodrillo-Capo è scatenato: si aggiusta la Lacoste nera nei pantaloni e affonda: «Il guaio è che questi professori non sono neanche governativi. Sono gli ultimi democristiani. Non capiscono che l'Italia è cambiata, non sopporta più neanche le telecronache centriste di Pizzul. C'è gente che vede le partite con me e la sinistra consegnerà il paese a Berlusconi. Mi rifiuto di obbedire ai professori. Non contano più nulla». Della Volpe fiuta la trappola: «Attenzione, ragionando così finiamo fra le braccia del governo. Il nostro riferimento deve essere Locatelli, il direttore generale». Il compagno Venditti si infervora: «Il nostro riferimento sono le rappresentanze sociali!». Avanti popolo, alla riscossa, ma per fare che? Lo spiega ad un interessatissimo Guglielmi (si è slacciato anche la cravatta) il caporedattore Roberto Amen: «Mandiamo in onda dei programmi in cui la società civile si pronuncia su Raitre. Sono sicuro che manco Er Pecora avrà il coraggio di dirci di chiudere». Prima che Santoro si alzi a dettare la linea, c'è l'intermezzo di Simonetta Guidotti che arriva trafelata da viale Mazzini per riferire sulla conferenza-stampa in cui Demattè e Locatelli hanno appena spento Raitre. «Dicono che che vorrebbe ammazzarlo: mai che si schieri, che dica cosa pensa della formazione. Questi sono personaggi vecchi. Il loro è un disegno sciaguratamente politico di difesa del Centro. E allora lasciamo che se la sbrighino con il governo. Non siamo noi all'ultima trincea, ma loro. E se casomai la superassero, gli gettiamo fra i piedi una bella zeppa: la solidarietà alla Sellerio». Il fervorino santoriano rianima almeno gli ottimisti. Gli altri, invece. Enrico Ghezzi, t-shirt stampata «Dr. Jeckill? No, Mr Hide»; «Non credo che la gente scenderà in piazza per difendere «Milano, Italia». I professori sono più furbi di quel che pensa Santoro. Evitano l'attacco mongolo, la razzia totale, e intanto ci tolgono un programma alla volta». Mannoni si toglie gli occhiali neri. Allora è proprio finita. «Ho un'idea: e se cmdassimo tutti a vivere in un altro Paese?» Massimo Gramellini

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